Ospite del convegno “VacciNation” della Camera di commercio americana in Italia, il ministro dello Sviluppo economico e numero due della Lega detta la linea. Sui vaccini l’Italia sta con Ue e Usa, meglio le democrazie degli Stati autoritari (dunque: Sputnik non serve). Ora un polo nazionale pubblico-privato, quattro aziende pronte al vaccino made in Italy
Autonomi sì, ma non da soli. Giancarlo Giorgetti detta la linea Draghi sui vaccini. Ospite al convegno “VacciNation” della Camera di commercio italo-americana (AmCham), il ministro dello Sviluppo Economico e numero due della Lega mette in chiaro la posta in gioco.
La corsa italiana al vaccino contro il Covid-19 si gioca fra Europa e Stati Uniti. “Il mondo in cui viviamo, di libertà e democrazia, è in grado di vincere la sfida della pandemia – dice Giorgetti – quello che è accaduto ha messo a dura prova il sistema delle libertà, di una libera informazione, di un modello pluralista di partnership. Questo sistema è comunque preferibile al sistema totalitario, dove il lockdown è più semplice, si possono somministrare i vaccini per vie dirette senza passare per il sindacato della scienza o dell’opinione pubblica”.
Uno statement tutto politico. A chi, come i suoi colleghi leghisti ma anche diversi governatori del Pd, chiede a gran voce il vaccino russo Sputnik V, finora sprovvisto della necessaria autorizzazione dell’Ema, l’agenzia europea per il farmaco, Giorgetti risponde che Ue e Usa possono farcela, per sé e per gli altri.
È un mantra che va ripetendo da settimane, da quando sulla sua scrivania a Via Molise è atterrato il dossier del vaccino “made in Italy”. Mise, Farmindustria, Aifa insieme per riconvertire l’industria farmaceutica italiana e mappare i “bioreattori” necessari a produrre il “bulk”, il principio attivo del vaccino.
Sono “almeno quattro” le aziende italiane pronte a produrre “direttamente o conto terzi” il farmaco, ha annunciato il ministro all’uscita dal tavolo vaccini al ministero questo mercoledì. Obiettivo: raggiungere entro l’anno “l’autosufficienza vaccinale”.
Questione di salute, certo, ma anche di sicurezza. Non è un caso se agli incontri del Mise con Giorgetti partecipa sovente, insieme al consigliere Giovanni Tria, il sottosegretario con delega all’intelligence e alla Sicurezza Franco Gabrielli.
Il palco dell’AmCham, con il dibattito moderato dal managing director Simone Crolla e introdotto dal presidente Luca Arnaboldi, non è casuale. Giorgetti illustra il “suo” piano vaccini di fronte agli ad delle big-pharma, da AstraZeneca a Pfizer fino a Moderna. Ma soprattutto davanti a un nutrito parterre diplomatico euro-atlantico.
Oltre ad AmCham, che raccoglie tutta la rete delle aziende americane in Italia (e viceversa), c’è l’ambasciata Usa a Roma con Thomas Smitham, incaricato d’affari ad interim, a snocciolare i numeri dell’alleanza vaccinale fra Italia e Usa. Tre, come i vaccini americani approvati, Pfizer, Moderna e, di recente, Jannsen (Johnson&Johnson). Venti, come la percentuale di posti di lavoro nel settore farmaceutico italiano dovuti agli investimenti Usa. Centocinquanta, come “i miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti in programmi di salute globale dal 2000”.
C’è Antonio Parenti, direttore della Rappresentanza italiana della Commissione Ue, che plaude al ritorno degli Stati Uniti in Europa certificato dalla presenza di Biden al Consiglio europeo e però mette anche in guardia da un eccesso di protezionismo vaccinale. Il blocco all’export di vaccini, senza le dovute cautele, può segnare un precedente, “dobbiamo applicare questa politica con senso e misura, se chiudiamo le catene di valore avremo ripercussioni che andranno oltre il settore farmaceutico”.
Giorgetti, da parte sua, conferma le tre coordinate della strategia italiana per l’“autonomia” nel campo farmaceutico. Bruxelles, con l’asse insieme al Commissario Ue al Mercato Interno, Thierry Breton, “stiamo cercando di coordinare le catene di produzione in diversi Paesi europei”, dice il ministro. Parigi, con un’intesa fra Italia e Francia cementata dalla recente visita al Mise dell’“amico” Bruno Le Maire, ministro dell’Economia di Emmanuel Macron, per studiare, fra l’altro, il rilancio dei vaccini Reithera e Sanofi. Washington DC, con la Casa Bianca che ha appena annunciato di aver toccato il picco di 100 milioni di vaccinazioni e, da maggio, è pronta a lanciare una mastodontica campagna di export vaccinale.
Come un anno fa, gli Stati Uniti vogliono mettere la loro firma sulla ripresa europea, una volta risolta l’emergenza in casa. Crolla ripercorre la cronistoria dell’America alle prese con il Covid. Dal memorandum del 10 aprile del 2020 che ha riversato in Italia 120 milioni di dollari sotto forma di aiuti e investimenti diretti gestiti da Usaid. Fino all’ “Operazione Warp-Speed”, l’iniziativa pubblico-privata lanciata dall’amministrazione Trump per investire nella ricerca e sviluppo dei vaccini.
A quel modello guarda ora anche Giorgetti. Che già un mese fa ha annunciato la nascita di un “polo nazionale pubblico-privato” per la ricerca sulla farmacologia biologica. Non solo vaccini, ma anche anticorpi monoclonali. Sarà finanziato con un importo fra i 400 e i 500 milioni di euro, ha avvisato il ministro, “il governo farà la sua parte”.