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Israele, Egitto, Turchia. Cosa si muove nell’East Med. Parla Eran

Sul Mediterraneo orientale si gioca parte del destino di stabilità o problematiche del Mare Nostrum. Le grandi scoperte energetiche hanno mobilitato questioni geopolitiche sopite, e gli attori interessati si sono messi in moto. Su tutto, l’effetto Biden. Conversazione con Eran (Inss), a margine di “Energy Strategies”

“L’attuale quadro energetico nel Mediterraneo orientale è complicato”, spiega a Formiche.net Oded Eran, Senior Researcher al Tel Aviv Institute for National Security Studies ed ex ambasciatore in Giordania e Unione europea, raggiunto a margine dell’evento “Energy Strategies” organizzato dalla Nato Defense College Foundation.

Il quadro energetico che si è creato nel Mediterraneo orientale è un fattore destabilizzante o un catalizzatore per le successive dinamiche di stabilità? “Da un lato – risponde Eran – Egitto e Israele, che possiedono quantità relativamente grandi di gas naturale, cooperano bene e sono il fulcro del Forum del gas del Mediterraneo orientale che comprende anche Giordania e Autorità Palestinese, Grecia, Cipro e Italia con Francia e Stati Uniti che partecipano come osservatori”.

Questo, spiega l’esperto israeliano, è certamente un contributo alla stabilità politica e un forum che può aumentare la cooperazione economica regionale. Ma “d’altra parte – continua – non si possono ignorare le tensioni nel Mediterraneo orientale derivanti dalle controversie sulla delimitazione delle zone economiche esclusive nazionali (Zee)”.

La controversia principale è tra la Turchia, e Grecia e Cipro, secondo quello che Eran definisce “un lungo conflitto politico, territoriale ed economico minaccia la stabilità dell’intero Mediterraneo orientale e causa disagi all’industria regionale del gas”.

Un’altra controversia riguarda il Libano e Israele che faticano – “non possono” – a mettersi d’accordo sul loro confine marittimo. “Mentre Israele – spiega Eran – ne è poco influenzato poiché già estrae gas naturale da altri giacimenti, il Libano è lontano dall’avvio di operazioni commerciali principalmente a causa di controversie politiche interne, ma anche per via della riluttanza delle società straniere ad avviare l’attività in un’area insicura”.

Israele sembra essere il protagonista del quadrante, sia dal punto di vista militare (e della sicurezza) sia da quello politico-geopolitico, sia perché è un importante player energetico. In che misura e con quali limiti? “La cooperazione con l’Egitto è molto importante per Israele in quanto è di gran lunga il più grande paese arabo con il più grande esercito e con un confine con Israele”, spiega l’esperto.

“Il rapporto economico, principalmente l’esportazione di gas naturale verso e attraverso l’Egitto, è un fattore economico chiave. La cooperazione con la Grecia e Cipro è importante per Israele in quanto i due sono membri dell’Ue e data l’ondata di freddo sulle relazioni tra Bruxelles e Gerusalemme, questo legame è vitale”.

Dal 2010, ricorda Eran, la cooperazione in materia di sicurezza tra Israele e Grecia è stata approfondita e ampliata e si manifesta in esercitazioni militari congiunte e vendita di hardware per la difesa: “Detto questo, è molto improbabile che Israele sarà coinvolto in uno scontro militare tra Egitto, Cipro o Grecia e i loro vicini”.

Un aspetto interessante da valutare in questo teatri complessi è quello che su Formiche.net abbiamo più volte definito l’effetto Biden: quanto vale il ruolo del nuovo inquilino della Casa Bianca sull’East Med (inteso come area geopolitica)? “La politica dell’amministrazione Biden nei confronti del Mediterraneo orientale deve ancora essere rivelata. Chiaramente la sua ideologia nota a sostegno dello stato di diritto internazionale, dei diritti umani e politici e del multilateralismo ha già indotto il presidente turco Erdogan ad ammorbidire il suo approccio fino a quel momento aggressivo nella regione”, risponde Eran.

“Resta da vedere se gli Stati Uniti vorranno assumere un ruolo attivo nella risoluzione dell’aspro conflitto Turchia-Grecia-Cipro in tutti i suoi aspetti che minacciano la stabilità dell’Ue e della Nato”.



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