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Modello o caso di studio? Gli errori italiani nella pandemia

L’Italia nel 2021 ancora non ha una strategia di gestione dell’emergenza e si trova tra i Paesi maggiormente esposti alla imprevedibilità del Vaccino Economico Occidentale. L’analisi di Igor Pellicciari, Università di Urbino e Luiss Guido Carli

Primo “scenario accessibile” del virus fuori dalla Cina, l’Italia è stata terreno di confronto tra diversi approcci, spesso contrapposti, di contenimento della pandemia.

Nonostante questo primato, Roma nel 2021 ancora non ha una strategia di gestione dell’emergenza e si trova tra i paesi maggiormente esposti alla imprevedibilità del Vaccino Economico Occidentale, nella sua edizione multilaterale.

La ragione di questo deficit sta nel come sono state affrontate le principali questioni pandemiche e negli errori commessi, riassunti di seguito con tesi anticipate su Limes (03/2021).

Politica vs amministrazione. Il Covid-19 ha indebolito leader forti (ad es. Angela Merkel e Donald Trump) e invece rafforzato quelli deboli, come Giuseppe Conte. Con una vita parlamentare bloccata, la sua popolarità è cresciuta grazie al suo nome nuovo, a-partitico, e ad un accesso monopolistico ai media, con audience altissime tra gli italiani toccati nel privato dalle scelte di governo e quindi come mai prima interessati alla politica. Questo non è servito per rafforzare l’azione dell’esecutivo, rimasta incerta e ostaggio delle amministrazioni ministeriali di riferimento. Il Deep State italiano si è confermato concentrato nel sottobosco amministrativo. E Governo e Potere due categorie separate.

Multilaterale vs Stato-nazione. Il multilaterale ha confermato classici limiti politici, mostrandone di nuovi funzionali. Incapace di governare i processi, si è limitato ad amministrarli operando negli spazi assegnati dagli azionisti di riferimento, gli Stati-Nazione. Per l’UE, si veda l’estenuante trattativa sul Recovery Fund Plan (che resta un’incognita) e la catastrofica negoziazione segreta e redistribuzione dei vaccini, a danno dell’Italia. Per l’Oms, è emblematica la pressione dei suoi vertici per silenziare un rapporto tecnico interno critico sulla gestione di Roma della prima ondata pandemica.

Ciò nonostante, l’Italia ha continuato a dare l’impressione di puntare esclusivamente su multilaterale e UE, dove pure ha faticato a giocare un ruolo di primo piano ed è dipesa troppo da Berlino.

Centro vs periferia. Ogni capitale ha sperimentato la difficoltà di trasmettere alle proprie periferie linee di comando per il contenimento del virus. Il fenomeno è stato spiccato in Italia, da decenni teatro del coesistere di un sistema amministrativo quasi-centralista con uno politico quasi-decentrato. Para-federale.

Tra decine di strutture commissariali e task force centrali e regionali (quando non comunali) è mancato un coordinamento efficace nazionale sulle questioni più basiche, tanto da ripiegare sulla logistica dell’Esercito. Ennesima scelta non strategica, frutto di mancanza d’alternative.

Salute vs economia. E’ stata la madre di tutti i dilemmi, governata a vista e senza soluzioni strategiche, con la sensazione di un procedere improvvisato e arbitrario, a seconda delle pressioni del momento. Si è cercato all’inizio di limitare gli impatti del blocco delle attività e ritardare oltre il lecito le chiusure selettive (peraltro agendo solo su quelle commerciali e rimandando quelle industriali), con scommesse d’azzardo spesso perse.

Tradizionali fenomeni del basso nation building e del corporativismo di miriadi di categorie professionali a difesa di interessi in ordine sparso hanno aggravato l’immobilismo decisionale. Portando a paradossi come quello degli avvocati vaccinati prima degli anziani.

Mascherine vs Vaccini. “Aiuto” è stato tra i termini pandemici più usati, con lo scenario inedito di un “beneficiario ricco” (l’Italia) assistito da numerosi donatori ma capace di lanciare autonome azioni di difesa dal virus, attingendo alle proprie risorse finanziarie, normali per un paese G7. Qui sono avvenuti gravissimi errori politici ed amministrativi determinanti per il pesante bilancio pandemico. Si va dal confuso approvvigionamento di dispositivi di protezione (mascherine, guanti, visiere) via improvvisati mediatori privati; all’acquisto di prodotti pericolosi per la salute, il cui ingresso ed utilizzo è stato consentito dalle (inspiegabili) deroghe ai controlli del Decreto Cura Italia. Grave inoltre è stato spendere 4 miliardi di euro per questi dispositivi a fronte di soli 30 milioni per la ricerca di un vaccino. Concessi per di più senza imporre una lealtà contrattuale (!!?) alle aziende che ne hanno beneficiato, lasciate libere – come poi si è visto – da ogni vincolo verso il finanziatore.

Modello vs caso studio – A queste contraddizioni – solo in minima parte ascrivibili allo stato d’emergenza – ha fatto da corredo una costante narrativa istituzionale su un generico “modello italiano nella gestione della pandemia”, con eventi auto-celebrativi fuori luogo (come gli Stati Generali di Villa Pamphili, a giugno 2020).

Il sollievo oggi per la comunicazione scarna di Mario Draghi è il migliore rivelatore dell’eccesso di annunci retorici toccato dal precedente Governo nonché del livello di saturazione raggiunto nell’opinione pubblica.

Più che modello da seguire ex-ante, l’Itala è stata caso di studio analizzato ex-post per non ripeterne gli errori.

Draghi vs Conte – E’ rischioso esprimere un giudizio su un Governo nei suoi primi 100 giorni di vita. Resta incerto l’esito di Draghi nell’affrontare i problemi pandemici, aggravati dagli errori finora commessi, in un paese da molti decretato come “irriformabile”.

Dalla sua ha un carisma ed una credibilità europea incontrastata, senza uguali dai tempi di Alcide De Gasperi (superiore anche a quelle di Mario Monti o Romano Prodi, che furono osteggiati da Londra e Parigi).

Un insidia può nascere dal fatto che il governo di una Banca Centrale Europea conferisce sì indiscussa esperienza internazionale, ma forse più in politica economica che estera.

Come dimostra l’episodio dell’evitabile ed ingenuo -ma grave- incidente provocato da Draghi con Ankara.

In diplomazia, i Dittatori vanno trattati alternando parole misurate (sempre) ad azioni dure (quando necessario).

Non il contrario.


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