Skip to main content

Tra Putin e l’Ucraina c’è il Nord Stream. Il gas fermerà l’escalation militare?

Un report di Standard&Poor’s definisce improbabile una imminente invasione militare russa in Ucraina. Tra Putin e Kiev c’è il gas: gli scambi al confine continueranno per tutto aprile e anche a maggio. E le sanzioni Usa sul gasdotto Nord Stream II potrebbero far cambiare idea al Cremlino

C’è una domanda che in queste ore tiene sulle spine i vertici del Pentagono, del quartier generale della Nato a Bruxelles e buona parte delle cancellerie europee: la Russia sta per invadere l’Ucraina?

Il clamoroso schieramento di truppe al confine orientale, tra i 100 e i 120mila soldati secondo l’Ue, è “più vasto di quello del 2014”, ha annunciato questo martedì il governo americano. Eppure c’è un indizio che potrebbe allontanare, almeno per il momento, lo spettro di una nuova invasione armata sulla scia di quella andata in scena in Crimea sette anni fa: il gas.

Un report di Standard&Poor’s svela, numeri alla mano, come, nel mezzo dell’escalation militare, c’è una diplomazia che non ha alcuna intenzione di fermarsi, quella energetica.

“La rete di distribuzione del gas dell’Ucraina, Gas Tso, ha venduto una capacità mensile al confine ucraino, con il gruppo di Stato russo Gazprom Export alla finestra come il più probabile acquirente, nonostante le crescenti tensioni militari nella regione”.

I dati diffusi il 19 aprile dal banditore d’aste Rbp dimostrano come l’acquisto del gas ucraino da parte di Mosca non abbia subito battute d’arresto. Lunedì è stato venduto un pacchetto di licenze d’ingresso ucraine per 15 milioni di metri cubi al giorno di gas al confine con la Russia, a Sudzha. Cioè a poco più di 300 chilometri, una manciata di ore di auto, dalla zona intorno a Luhansk dove il Cremlino ha ammassato le sue truppe per “esercitazioni militari”. Il prossimo mese l’acquisto di licenze ucraine da parte della Russia continuerà ininterrotto “attraverso l’intermediario regionale Naftogaz Ukrayiny”, spiega S&P.

Che giunge a una conclusione: “Il prosieguo degli acquisti a maggio potrebbe segnalare che un’invasione russa non sarebbe imminente”. Il condizionale è d’obbligo, ma le aste mensili al confine Est sono una spia non indifferente del costo che un’invasione manu militari russa potrebbe avere per le casse di Mosca e del suo campione Gazprom.

Con Kiev è stato siglato un accordo quinquennale, nel 2019, che tra il 2021 e il 2024 garantisce alla Russia le licenze di trasporto di 40 miliardi di metri cubi di gas all’anno in Ucraina. Negli ultimi anni le tensioni fra i due Paesi hanno solo in parte rallentato la tabella di marcia. Secondo le stime dell’operatore ucraino Gtso citate in un report dell’Icis (Independent Commodity Intelligence Services), nel 2020 il transito è stato di 55,8 miliardi di metri cubi, invece che di 65 miliardi come previsto dall’accordo.

Sullo sfondo si staglia la madre di tutte le partite energetiche europee: il Nord Stream II, gasdotto con una capienza di 55 miliardi di metri cubi l’anno che, una volta completato, dovrebbe collegare la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico. Da anni nel mirino del governo americano, a pochi chilometri dal suo completamento, previsto per la fine dell’estate, è ora sotto il torchio di nuove sanzioni del Tesoro Usa, che accusa la Russia di voler “circumnavigare” l’Ucraina con il Nord Stream e il Turk Stream per tagliarle i rifornimenti.

Le misure restrittive sono un ostacolo non da poco per i piani del Cremlino. Da dicembre è iniziato il domino delle aziende occidentali coinvolte nella supply chain. Quattro dei sei principali investitori del progetto, Omv, Wintershall, Uniper e la stessa Gazprom, hanno già ammesso che, di qui a fine anno, potrebbero essere costretti a fare un passo indietro.

Se, complice uno stop da Berlino, il Nord Stream dovesse arenarsi nei prossimi mesi, Mosca si ritroverebbe a dover rivalutare il gas ucraino. Gazprom, ad esempio, potrebbe dover ricorrere alla storica rotta di transito attraverso il gasdotto Yamal in Polonia e i gasdotti ucraini.

“Se il Nord Stream II viene fermato, Gazprom sarà costretta a fare una sorta di accordo con l’Ucraina e la Polonia. Queste soluzioni supporteranno le economie ucraina e polacca e ridurranno i proventi della Russia dall’export di gas in Ue, riducendo altresì la competitività dei gasdotti russi diretti in Europa nord-orientale a fronte del gas norvegese e del Gnl”, spiega la società di consulenza inglese Morten Frisch.

In poche parole, le sanzioni americane in arrivo sul Nord Stream II potrebbero fare da deterrente per un’azione militare russa al confine ucraino. Mosca ha ancora bisogno di Kiev per arrivare in Europa.


×

Iscriviti alla newsletter