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Le sette ragioni per cui Salvini non mollerà Draghi. Le previsioni di Campi

Conversazione con il politologo e docente dell’università di Perugia: “La Lega ha scelto di intestarsi la rappresentanza delle categorie produttive in sofferenza a causa della pandemia e si batte per accelerare le riaperture anche a costo di entrare in polemica con l’esecutivo che sostiene. Il Pd ha invece scelto di intestarsi la battaglia sullo ius soli e sul decreto Zan”. E il M5S potrebbe diventare la nuova Dc…

E’ un muro contro muro. Probabilmente, più di ogni altro tema posto in precedenza, la questione legata alle riaperture e, in particolare, al coprifuoco, sta facendo emergere le differenze (e le divergenze) sostanziali che intercorrono tra le varie componenti della maggioranza. In queste ore infatti, stiamo assistendo a una scena paradossale: il Pd e la Lega, pur essendo di fatto parte di un unico Governo, si stanno facendo la guerra. Oltre agli strali tra Salvini e Letta, nel botta e risposta a distanza, interviene anche l’ex segretario dem Nicola Zingaretti. Questo bailamme, che effetti provoca sulla stabilità del governo? Ma soprattutto: avrà ripercussioni sulle delicate decisioni che sarà chiamato a prendere l’Esecutivo per traghettare il Paese fuori dalla crisi economica e sanitaria? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Campi, politologo, analista e docente all’università di Perugia.

Professor Campi, Salvini lancia hashtag contro il coprifuoco e raccoglie le firme per abolire una misura che, il Governo di cui fa parte, ha deciso di confermare. E’ un cortocircuito o un calcolo politico?

La seconda che ha detto. Un calcolo peraltro potenzialmente premiante. Se il governo, dati epidemiologici alla mano, deciderà nel prossimo futuro di allentare le attuali restrizioni il merito sarà, a livello di percezione pubblica, di chi più si è battuto per questo obiettivo. Naturalmente, c’è il risvolto potenzialmente negativo: se a furia d’insistere sul ritorno alla normalità dovessero ripartire i contagi, Salvini si vedrebbe immediatamente additato come un irresponsabile. In un governo di coalizione come quello che sostiene Draghi, dalla composizione ampia e obiettivamente eccentrica, tutti i partiti hanno un doppio problema: rendersi visibili agli occhi dei propri elettori e non ridursi a fare i portatori d’acqua del Presidente del Consiglio.

La Lega ha scelto di intestarsi la rappresentanza delle categorie produttive in sofferenza a causa della pandemia e si batte per accelerare le riaperture anche a costo di entrare in polemica con l’esecutivo che sostiene. Il Pd ha invece scelto di intestarsi la battaglia sullo ius soli e sulla legge Zan anche se non facevano parte del programma originario di un governo di unità nazionale nato essenzialmente per governare la pandemia e trattare al meglio con l’Europa sul Recovery Plan. Al di là delle preferenze soggettive per l’uno o l’altro tema, dove sta la differenza nel comportamento dei due partiti? Ognuno cerca di smarcarsi, facendo il proprio gioco, da alleati considerati troppo ingombranti. Lo si sapeva prima della nascita del governo che sarebbe andata così.

Le schermaglie tra il leader del Carroccio, il segretario del Pd Enrico Letta e l’ex segretario dem Zingaretti, sono sempre più accese. Che cosa sta succedendo? Durerà questo esecutivo alla luce di questi presupposti?

Questo esecutivo non può cadere, direi per definizione. Al massimo può succedere che la Lega scelga di uscire dalla maggioranza. Ma non lo farà. Per almeno sei ragioni. Primo, stando al governo ha acquistato una visibilità e una capacità di manovra che durante la pandemia aveva largamente perso. Secondo, se dopo aver fatto il matto nell’estate del 2018 Salvini lo facesse anche nella primavera-estate del 2021, si appiccicherebbe sulle spalle, per sempre, l’etichetta di inaffidabile e perderebbe qualunque chances di andare al governo o di trovare interlocutori in Europa.

Terzo, non capirebbero nemmeno i propri elettori, che già hanno dovuto digerire la scelta controcorrente e non del tutto prevedibile di sostenere Draghi dissociandosi dalla Meloni. Quarto, avrebbe la leader di Fratelli d’Italia pronta a ripetergli ad ogni passo: “te lo avevo detto che era una decisione sbagliata”. Quinto, farebbe un regalo al Partito democratico, che diventerebbe così l’azionista di riferimento del governo Draghi, e in politica non si fanno regali agli avversari. Infine, uscendo dal governo, Salvini perderebbe la possibilità di incidere sulla partita economica legata all’utilizzo dei fondi europei, che è quella che poi interessa di più i suoi elettori del Nord e che è stata la ragione vera della sua scelta governista.

 Secondo lei basterà aumentare di un’ora (dalle 22 alle 23) il coprifuoco per allentare le tensioni nella maggioranza?

Da quello che leggo Salvini e i leghisti vanno ripetendo che le riaperture sono necessarie e urgenti, ma solo se i dati della pandemia lo renderanno possibile. Mi sembra una posizione meno irresponsabile di come la si presenti. Per quanto riguarda il limite orario notturno, si tratta di una battaglia simbolica che però – Letta non lo ha evidentemente capito – ha anche un rilievo pratico per milioni di italiani. La chiusura alle 22, oltre a rappresentare in sé una limitazione al dunque insopportabile specie se presentata come un coprifuoco da tempo di guerra o da regime di polizia, non si capisce in che modo possa incidere sul contenimento dei contagi. Nessuno scienziato ancora l’ha spiegato. Se vado a casa di amici o di parenti e torno con la mia macchina a casa a mezzanotte invece che alle dieci cosa cambia se non che mi sono rovinato la serata come ormai capita da mesi? E se vado in un ristorante che applica tutti i protocolli previsti perché entro le dieci debbo considerami al sicuro e dopo quella ora in pericolo?

Nell’ambito della discussione sul Recovery, queste contrapposizioni avranno un peso?

Probabilmente ci si sta posizionando proprio in vista della vera battaglia: quella sui progetti che faranno parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Salvini ha scelto per il suo partito, probabilmente non a caso, due ministeri economici: Sviluppo economico e Turismo. Quello era e resta il suo vero obiettivo. Il turismo sarà il gran motore, economico e anche simbolico, della ripresa e del ritorno alla normalità ed è su questo settore che non a caso Salvini ha puntato molte delle sue fiches. Le polemiche di queste ore sulle riaperture sono lo stretching prima della corsa.

Tra poco si giocherà la partita del Colle. E’ già possibile azzardare qualche previsione?

Se Salvini resta al governo giocherà necessariamente un ruolo anche nella discussione-trattativa sul successore di Mattarella, specie se il candidato a quella poltrona dovesse essere Draghi. Basta questo per spiegare perché il Pd lo vorrebbe fuori dal governo e di nuovo all’opposizione. E basta questo per rendere implausibile e politicamente non conveniente – settimo motivo – la sua uscita dalla maggioranza.

Un ulteriore elemento di instabilità per il Governo guidato da Mario Draghi è la situazione che è andata a generarsi a margine della spaccatura tra Rousseau e il Movimento 5 Stelle. Che ne pensa?

Chi si preoccupa per Salvini che tira troppo la corda dovrebbe in effetti preoccuparsi anche per quel che sta succedendo all’interno del partito che ancora oggi è il più forte in Parlamento. C’è solo da augurarsi, a questo punto, che quello che è accaduto si riveli salutare per il M5S e in fondo per la stessa democrazia italiana. Si è conclusa, sperabilmente, l’anomalia di una piccola azienda che il padre aveva lasciato al figlio che pretendeva di dettare la linea politica ad un partito. Tutti quelli che hanno sempre considerato (giustamente) un’anomalia il partito-azienda di Berlusconi dovrebbero brindare alla notizia che parlamentari eletti dai cittadini italiani e pagati coi loro soldi si siano finalmente ribellati all’idea di essere eterodiretti da un imprenditore che, a differenza di Berlusconi, e senza essere un imprenditore del livello di Berlusconi, nessuno ha mai votato.

Quale ruolo dovrà avere l’ex premier Conte in questo senso? Riuscirà a dare un equilibrio ‘governista’ al Movimento? 

Essendo un equilibrista per natura e convenienza niente di più facile che Conte riesca a trovare un equilibrio anche all’interno del M5S. Il cui problema più grande in questo momento si chiama Grillo. Liberandosi di lui e con l’aiuto di Conte divenuto nel frattempo leader per disperazione più che per acclamazione, il M5S potrebbe diventare quel partito di centro a vocazione statal-assistenzialista ma con una spruzzata d’ambientalismo, insomma quella nuova Democrazia Cristiana gran distributrice al popolo di ricchezza pubblica che Luigi Di Maio ad esempio ha sempre vagheggiato.

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