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Quota 100, punto e basta? Il rebus pensioni spiegato da Cazzola

Quota 100 arriva alla scadenza (alla fine di quest’anno) e va ad occupare il suo posto nell’elenco degli errori – ce ne sono stati tanti – che hanno costellato l’ultimo mezzo secolo

“Taci! Il nemico ti ascolta”. Dopo mesi di silenzio avevamo trovato a pag. 29 del testo (provvisorio) del Pnrr una frasetta anodina sulle pensioni che si limitava a ribadire ciò che è previsto dalla legge e che è sempre ritenuta ovvia da chiunque si sia trovato ad affrontare il problema: Quota 100 arriva alla scadenza (alla fine di quest’anno) e va ad occupare il suo posto nell’elenco degli errori – ce ne sono stati tanti – che hanno costellato l’ultimo mezzo secolo.

Peraltro c’eravamo imbattuti in un pdl (AC 2855) presentato l’11 gennaio scorso alla Camera da Claudio Durigon (l’uomo del destino delle pensioni giallo-verdi) seguito da un sfilza di altri firmatari tra cui il capogruppo Riccardo Molinari. All’articolo 2, era previsto di mantenere Quota 100, solo per i soggetti che svolgono lavori usuranti individuati con i criteri già in uso ai fini dell’accesso all’Ape sociale o alla pensione per i lavoratori precoci.

A orecchio non ci era parso che questo testo – nonostante i suoi errori sul piano tecnico – suonasse una musica diversa da quanto stava scritto sul Pnrr, prima della cura applicata nella riunione del Consiglio dei ministri nella notte del 24 aprile: “ln tema di pensioni, la fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti”.

Direbbe un arzillo Antonio Di Pietro: “se non è zuppa è pane bagnato”. Invece no. Quella frase è stata soppressa. I motivi della cancellazione li ha spiegati lo stesso Durigon in una intervista rilasciata a Valentina Conte di Repubblica: “La riforma delle pensioni non si fa nel Pnrr”. E ha assicurato subito dopo che: “Lo abbiamo detto, in ogni modo, che era una sperimentazione”.

E allora perché non ripetere che la partita è chiusa e nessuno intende riaprirla? In un testo di 335 pagine una dozzina di parole non occupano molto posto. Succede allora che la Lega intende negoziare, non dare nulla per scontato. Del resto nei giorni scorsi quando era uscito il dato della spesa pensionistica sul Pil nel 2020 (un bel 17e rotti per cento) la Lega aveva messo le mani avanti, nel timore che questo fosse un pretesto per archiviare con infamia quota 100.

Così era iniziata la controffensiva: “Per noi quota 100 resta una misura sacrosanta’’, aveva tuonato Tiziana Nisini sottosegretaria al Lavoro in quota Lega . E aggiunta minacciosa: “ho chiesto al ministro (Andrea Orlando, ndr) un confronto su questo, perché noi indietro non si può tornare”. Ciò in linea con quanto la Bestia aveva messo in bocca a Matteo Salvini il quale avrebbe detto a Mario Draghi durante le consultazioni: “chi vuol governare con la Lega sappia che quota 100 non si tocca”.

Nel frattempo anche le organizzazioni sindacali si erano allarmate. Il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli aveva chiamato in causa in una intervista a Nunzia Penelope su Il Diario del Lavoro addirittura il ministro Andrea Orlando: “Bisognerebbe capire se c’è la volontà politica di questo ministro, di questo governo, per fare una cosa seria, o se si intende limitarsi a qualche ritocco. Sapendo però che il tema pensioni è molto sentito da tutti i cittadini, e sarebbe un grosso errore di valutazione trascurarlo. Soprattutto per la sinistra sarebbe un errore imperdonabile, che la allontanerebbe ancora di più dal mondo del lavoro”.

Verrebbe da chiedere a Ghiselli e ai suoi colleghi se è di sinistra affrontare un tema che vale più del 17% del Pil e ben i due terzi dell’intera spese sociale con una visione – come è quella contenuta nella loro piattaforma – che non va oltre i prossimi anni, quando andranno il quiescenza le ulteriori coorti di baby boomers. Loro se la cavano assicurando ai giovani di oggi un trattamento minimo per quando andranno in quiescenza. Il fatto è che – secondo i principi del finanziamento a ripartizione – a loro toccherà pagare le pensioni dei padri e dei nonni (magari anche dei bisnonni sopravvissuti al Covid) di importo generalmente superiore.


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