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La concorrenza Salvini-Meloni e l’imbarazzo su Speranza. La versione di Tarchi

La campagna sempre più incalzante di Giorgia Meloni, che ha l’obiettivo di centralizzare su di sé la leadership del centrodestra, rischia di minare gli equilibri della coalizione. E alle amministrative? “Non sono certo, malgrado Giorgetti, che Lega e Forza Italia mostreranno una particolare concordia”. E sul dopo-Mattarella, il professor Marco Tarchi è netto

Il rischio è la crisi d’identità. Chi, in effetti, in questo momento sta portando avanti le istanze del centrodestra? Matteo Salvini che, pur con tutti i rimbrotti sta al governo, oppure Fratelli d’Italia che, muscolarmente, sta sempre più ritagliandosi lo spazio di leader della destra italiana. Il terreno di scontro, oltre al coprifuoco, è la mozione presentata in Senato dal partito di Giorgia Meloni per sfiduciare il ministro della Salute Roberto Speranza. Alla fine si è approdati al compromesso di costituire una commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia. Ma i malumori, in casa centrodestra, permangono. Il tema è scivoloso. Per orizzontarci in questa galassia, abbiamo fatto due chiacchiere con Marco Tarchi, politologo e professore ordinario presso la Facoltà di Scienze Politiche Cesare Alfieri dell’Università di Firenze.

Più che il Governo, sulla questione coprifuoco rischia di spaccarsi il centrodestra. Con la bocciatura della mozione di Fratelli d’Italia che ne chiedeva l’abolizione e l’allineamento della Lega all’indirizzo dell’Esecutivo, che scenario si determina per la coalizione di centrodestra?

Un’accentuazione della già evidente, e inevitabile, concorrenza tra Lega e Fratelli d’Italia, tesa ad intercettare il consenso di quelle fasce sociali che più hanno avuto e tuttora hanno da perdere dalla politica dei divieti inaugurata dal governo Conte e proseguita, seppure in forma attenuata, dall’esecutivo guidato da Draghi.

Secondo lei la decisione a cui si è approdati in aula, ossia di ‘rivedere’ i parametri del coprifuoco a maggio, sulla base dei contagi, è un risultato che la Lega potrà giocare a suo favore come risultato ‘aperturista’ a discapito della linea del rigore di Speranza&Co?

Sì. La resistenza dell’ala sinistra del governo a questa misura è stata palese, e la pur limitata concessione è una sua sconfitta.

Sia nel Pd che nei Cinquestelle l’atteggiamento ondivago di Salvini crea non pochi malumori. Proprio Debora Serracchiani e il grillino Crippa lo hanno accusato di votare sulla base di “tornaconti personali”. E’ realmente così?

È l’ennesima sagra dell’ipocrisia. In democrazia, per avere posizioni di potere bisogna conquistarsi il consenso degli elettori, e le posizioni che qualunque attore politico assume sono condizionate da questa prospettiva. Tutti sostengono di avere a cuore “il bene del paese”, ma ognuno in realtà guarda alle ripercussioni che le sue scelte avranno sull’opinione pubblica. Accusare gli avversari di miopi considerazioni di bottega è solo uno scontato – e obbligato – rituale comunicativo, celebrato vicendevolmente a seconda delle situazioni.

Che impressione ha avuto della presentazione del Pnrr da parte di Mario Draghi alla Camera?

Interessanti e spesso lodevoli propositi, peraltro conditi, soprattutto nei passaggi conclusivi, da una retorica che forse in bocca ad un tecnico suonano un po’ sorprendenti. Ma, visti i precedenti – e le innumerevoli riforme promesse ma non realizzate –, aspetto che alle parole seguano i fatti per giudicare.

Sul Recovery si riuscirà ad avere, finalmente, una coesione fra le diverse componenti della compagine dell’esecutivo?

Circa gli obiettivi, probabilmente sì. Ma su priorità e tempistiche è difficile non prevedere ulteriori attriti. Anche in questo caso, ogni partito guarderà alla propria clientela preferenziale.

In ottica di elezioni amministrative, crede che le posizioni divergenti di Fratelli d’Italia da un lato, Lega e Forza Italia dall’altro possano incidere sulle alleanze di coalizione?

Non sono affatto certo, malgrado Giorgetti, che Lega e Forza Italia mostreranno, sul territorio, una particolare concordia. Ognuno dei tre giocherà la propria partita e, tenendo conto delle loro forti diversità di posizioni su vari temi, e soprattutto degli appetiti di governo locale di ciascuno, non sarà facile arrivare a una sintesi. Ma, salvo qualche specifico caso, alla fine la convenienze di candidature comuni prevarrà.

Come ne uscirà il centrodestra da questa esperienza di governo da una parte e di opposizione dall’altra?

Più o meno diviso come già era prima. Ci sarà però una maggiore concorrenza tra Fratelli d’Italia e Lega sulla conquista dell’elettorato sensibile ai temi populisti – specialmente di quelli che il cambio di rotta del M5S rende disponibili anche a quest’area.

La mozione di sfiducia a Speranza presentata da FdI accentuerà i contrasti nella coalizione?

I malumori, sicuramente, perché è un espediente ben trovato che mette in imbarazzo soprattutto la Lega. Ma, essendo il centrodestra fondato solo sulla convenienza elettorale, non ci saranno rotture clamorose.

 Intravede qualche papabile all’orizzonte che possa essere un valido successore di Sergio Mattarella al Colle?

Al momento, solo Draghi. E solo da lui dipenderà se potranno sorgere altri candidati.

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