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Perché, da italiana e donna, credo nella ripartenza. Scrive Elvira Frojo

Quali riferimenti in un disorientamento che sembra avere più antiche radici? Eppure, alcuni credono in un futuro “speciale” che vede protagoniste le donne. E come non essere fiduciosi? Una nuova consapevolezza culturale, in ogni ambito, sembra attraversare questo tempo

La pandemia rallenta, la campagna vaccinale accelera, le attività riprendono con gradualità e tutti sperano nella ripresa di una vita “normale”. La serenità di una quotidianità è scandita da sicurezza e responsabilità individuale. Quali prospettive per il futuro?

Crisi economica e sanitaria e incertezza del domani pesano drammaticamente anche sulla flessione demografica. Espressione di un disagio nato prima del virus. L’Italia svela un crollo delle nascite, nel 2020, del 60,23% rispetto al baby boom del 1964. Solo 404.000 bambini nati. Dal 2008, il 30% in meno. Il numero più basso dall’Unità d’Italia, fatta eccezione per il 1919, anno della febbre spagnola. Un’emergenza nazionale.

Quali riferimenti in un disorientamento che sembra avere più antiche radici? Eppure, alcuni credono in un futuro “speciale” che vede protagoniste le donne. E come non essere fiduciosi? Una nuova consapevolezza culturale, in ogni ambito, sembra attraversare questo tempo. A fianco degli investimenti economici, i progetti politici, le riforme strutturali sono l’accoglienza e la sensibilità i valori vincenti del domani.

È il tempo della pazienza, della competenza e della speranza, in un periodo da superare con l’energia e la forza del cuore. Un tempo interiore che chiede, tuttavia, risposte concrete e urgenti per affrontare difficoltà oggettive e individuali. È il tempo di riflessioni e di scelte. Si guarda alla famiglia, ai giovani e alle donne come ai sogni, alla risorsa e alla speranza del domani. Le donne protagoniste, ancora una volta, per cambiare paradigmi economici e sociali.

“C’è una frase del Vangelo che può aiutare chiunque, anche chi non crede, a orientare le proprie scelte. Gesù dice: ‘Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore’. Dov’è il nostro tesoro, il tesoro della nostra società? Nei figli o nelle finanze? Che cosa ci attrae, la famiglia o il fatturato? Ci deve essere il coraggio di scegliere che cosa viene prima, perché lì si legherà il cuore”, ha affermato papa Francesco agli “Stati generali della natalità” organizzati dal forum delle associazioni familiari. La natalità è “un tema urgente, basilare per invertire la tendenza e rimettere in moto l’Italia”. Perché “senza natalità non c’è futuro”. È la “sostenibilità” la “parola-chiave per costruire un mondo migliore”. Non solo economica, tecnologica e ambientale, ma anche “generazionale”, ha evidenziato ancora il Pontefice.

“Questa è epoca di grandi riflessioni collettive”, ha affermato il presidente del Consiglio Mario Draghi intervenendo al convegno. “E ci troviamo peggiori di ciò che pensavamo, ma più sinceri nel vedere le nostre fragilità, e più pronti ad ascoltare voci che prima erano marginali. Vediamo il danno che abbiamo fatto al pianeta, e vediamo il danno che abbiamo fatto a noi stessi”. “Si è guardato alle donne che decidevano di avere figli come un fallimento, e all’individualismo come una vittoria. La consapevolezza dell’importanza di avere figli è un prodotto del miglioramento della condizione della donna, e non antitetico alla sua emancipazione. Lo Stato deve dunque accompagnare questa nuova consapevolezza. Continuare ad investire sul miglioramento delle condizioni femminili. E mettere la società – donne e uomini – in grado di avere figli”, ha detto ancora il premier. Un leader che, all’insaputa di tutti, ha rinunciato al compenso per l’incarico istituzionale ora ricoperto.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella giornata internazionale dedicata alla famiglia, “nucleo vitale della società”, “luogo di condivisione e trasmissione dei valori”, ha auspicato “politiche di sostegno”, mentre la ministra per le politiche per la Famiglia Elena Bonetti promette “strumenti adeguati di sostegno alla genitorialità”. E anche le imprese sono consapevoli della “necessità di agire non solo come soggetti economici di mercato, ma anche come soggetti sociali, aggregatori di comunità”, come ha evidenziato Marco Sesana, Country Manager & CEO di Generali Italia e Global Business Lines.

Insomma, il cambiamento culturale in atto riuscirà a sciogliere il nodo irrisolto, soprattutto per le donne, di conciliare vita professionale e familiare? Istituzioni, associazioni, settore pubblico e privato, uniti in una determinazione nuova che guarda ad una società migliore con lo sguardo femminile. In una dimensione che attraversa le questioni sociali ed economiche in una prospettiva più umana e etica.

Il Recovery plan pone le donne tra le sue priorità. È una sfida che ha bisogno di misure e risorse ma, soprattutto, di un’evoluzione culturale. A partire dalla formazione scolastica e da una corretta comunicazione, fatta anche di rispetto e sensibilità.

Abbattere gli stereotipi di genere è un punto strategico del Women 20, per la Chair Linda Laura Sabbadini. A partire dai testi di studio in uso nelle scuole medie inferiori e superiori. Questo l’obiettivo del progetto “100 women missing in schoolbooks” che inserirà 100 donne nei libri di storia sulla base del loro contributo professionale e sociale. Donne che hanno fatto la storia ma sono state dimenticate dalla memoria.

Esulta il mondo dello sport per la pallavolista Lara Lugli: la società Volley Pordenone ha ritirato la citazione per danni nei confronti dell’atleta per essere rimasta incinta, “colpevole” di aver taciuto, al momento dell’ingaggio, “la propria intenzione di avere figli”.

Ma, purtroppo, c’è dell’altro. Abusi sessuali ai danni di donne e minori nell’ambito sportivo sono una realtà spesso sottaciuta. Un atleta su sette avrebbe subito molestie dai propri allenatori, spesso rimasti impuniti. Violenza fisica, psichica o verbale sono espressione di un pregiudizio che contrappone la donna nello sport ad un’immagine tradizionale di femminilità, in un mondo che sancisce la disparità di genere. Enfasi su aspetto fisico, vita privata, sessualità, interessano, dunque, più dei risultati.

E sorprende il coraggio della ventunenne tedesca Sarah Voss, in gara agli europei di ginnastica artistica con una tuta intera. Per combattere la sessualizzazione nello sport. “Le atlete devono sentirsi bene con ciò che indossano”, ha affermato dicendo di ispirarsi a Simone Biles, campionessa olimpica americana che ha denunciato gli abusi di Larry Nassar, ex medico della nazionale statunitense condannato all’ergastolo.

Donne giovani che chiedono di sentirsi a proprio agio. Una rottura di stereotipi che vanno oltre il costume. “Un elegante abito nero lungo tutto il corpo”, come lo ha definito la stampa tedesca. Una vera e propria rivoluzione.

La società nel suo complesso riflette, dunque, sul senso della vita, sulle relazioni e sulla persona. Per passare dall’io al noi. Cerca nuovi spazi di solidarietà, di inclusione e di creatività per raggiungere quei traguardi di costruzione comune anche al centro dei dibattiti europei in cui l’Italia sembra avere un ruolo sempre più centrale. Per trovare le giuste e concrete risposte a questioni che richiedono mirate decisioni, ridefinendo priorità e politiche in un’ottica di autentico welfare.

Per un “impegno congiunto a costruire un’Europa sociale che sia adatta all’epoca in cui viviamo e che funzioni per tutti”, come evidenziato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in occasione dell’Impegno sociale di Porto.

In ogni contesto, in ogni settore, le donne italiane del cambiamento sono pronte e manifestano determinazione.

Per Maria Chiara Carrozza, prima donna presidente alla guida del Cnr, “una presidenza Cnr al femminile può dare un senso di novità e può essere un simbolo dell’empowerment femminile, di quello che le ragazze possono ottenere impegnandosi nella loro carriera”. E sul rapporto donne/discipline scientifico-tecnologiche: “Dobbiamo impegnarci al massimo per offrire la consapevolezza che ogni percorso di studio è accessibile alle ragazze così come ai ragazzi”. Un ruolo importante “lo svolgono la scuola, la cultura e le istituzioni. Come Cnr spero che questo elemento ci caratterizzerà sempre più: abbiamo bisogno di un numero equilibrato tra i due sessi tra quanti si dedicano allo studio delle hard sciences, occorre una trasformazione culturale della scienza e della tecnologia, sempre a partire dal presupposto di un’adeguata preparazione”.

E mentre crolla, secondo alcune rilevazioni, la fiducia nei magistrati (dal 68% del 2010 all’attuale 39%), la ministra della Giustizia Marta Cartabia punta con autorevolezza verso l’obiettivo di un’epocale riforma del processo civile e penale e del Consiglio superiore della magistratura. Con la determinazione e il piglio della qualificata giurista ma con il garbo della donna. Una riforma sulla quale “sia i cosiddetti giustizialisti che i cosiddetti garantisti dovrebbero essere d’accordo”, come lei stessa ha sottolineato, da approvare entro l’autunno, per ottemperare ad uno dei più ambiziosi impegni assunti dall’Italia con l’Unione europea per i finanziamenti del Recovery Fund.

Prima donna a capo dell’intelligence italiana Elisabetta Belloni, già segretaria generale della Farnesina. Ambasciatrice di vasta esperienza, lancia un messaggio di grande professionalità e stile in un mondo a tradizione maschile, in posizione di vertice. Una manager della ricerca, Cristina Messa, è ministro dell’Università, già rettore dell’Università di Milano Bicocca. Pone il sapere “al centro dello sviluppo” ed è sostenitrice delle competenze “trasversali e personali”, le cosiddette soft skills.

C’è speranza per il futuro! Istituzioni, mondo laico e religioso, settore pubblico e privato, sono il fil rouge di un nuovo orizzonte. Guardano al futuro con le priorità e il coraggio del cuore delle donne.

La donna conosce l’attesa e confida nella vita perché genera la vita. È testimone di azione “gentile” e di speranza. “La gentilezza è la catena forte che tiene uniti gli uomini”, ricorda Johann Wolfgang Goethe. È davvero l’inizio di un cambio culturale per il rispetto della vita, nella sua comune condizione di imperfezione e di fragilità?



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