Dopo il patto su Airbus-Boeing, una nuova intesa sui dazi tra Washington e Bruxelles. Questa riguarda acciaio e alluminio. Nel mirino la Cina. E l’Italia non può che essere interessata viste le mire di Pechino (ma non solo)
Secondo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen la tregua su Boeing-Airbus di inizio marzo rappresentava il “simbolo di un nuovo inizio” verso una Pax Atlantica. Oggi quella su acciaio e alluminio sembra confermare gli sforzi da entrambe le sponde dell’Atlantico, che presto potrebbero allargarsi alle Big Tech, seguendo la spinta americana per una coalizione di democrazie che sappia far fronte all’ascesa della Cina e alla sempre presente sfida posta dalla Russia.
L’Unione europea ha deciso di non aumentare i dazi già imposti sui prodotti americani in risposta a quelli a stelle e strisce su acciaio e alluminio europei decisi nel 2018 da Donald Trump. Non si tratta della sospensione reciproca delle tariffe, a più riprese chiesta dall’Unione europea, ma la scelta segue un accordo tra Bruxelles e Washington per trovare una soluzione condivisa al problema della sovraccapacità di acciaio su scala globale. Tre anni fa l’allora presidente statunitense aveva deciso di applicare dazi su acciaio e alluminio provenienti da Europa e Asia. L’Unione europea aveva reagito con tariffe del 25% in più su un elenco di prodotti americani, come motociclette, capi di vestiario e bourbon, e il 1 giugno avrebbe dovuto raddoppiarle.
Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, il rappresentante per il commercio degli Stati Uniti Katherine Tai e il segretario al commercio degli Stati Uniti Gina Raimondo hanno annunciato l’inizio delle discussioni per trovare soluzioni sul problema della capacità globale di acciaio e alluminio. I dazi attualmente in vigore rimangono al loro posto: l’amministrazione Biden, infatti, non ho mai fatto mistero pubblicamente che la decisione dei predecessori ha avuto effetti positivi sul mercato interno.
Ma l’obiettivo della svolta odierna, che arriva a poche settimane dal viaggio oltre Atlantico del presidente statunitense Joe Biden, è chiaro: contenere l’ascesa cinese. E per farlo è tendere la mano ai cosiddetti Paesi like-minded, a partire da quelli europei.
Così, nella dichiarazione congiunta, le parti “hanno convenuto che, poiché gli Stati Uniti e gli Stati membri dell’Unione europea sono alleati e partner, condividono interessi di sicurezza nazionale simili a quelli delle economie democratiche e di mercato, possono collaborare per promuovere standard elevati, affrontare le preoccupazioni condivise e responsabilizzare Paesi come la Cina, che sostengono politiche distorsive del commercio”.
Un dialogo al quale l’Italia, seconda potenza manifatturiera e secondo produttore di acciaio in Europa dopo la Germania, non può sottrarsi viste anche l’aggressività turca e cinese sull’industria siderurgica nazionale.