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Decolla il Fcas. L’intesa (con incognita) tra Francia, Germania e Spagna

Via libera al velivolo di sesta generazione sviluppato congiuntamente da Francia, Germania e Spagna. Dopo mesi di divergenze su divisione del lavoro e diritti di proprietà intellettuale, le tre ministre della Difesa hanno ufficializzato l’accordo per procedere sul dimostratore. Emmanuel Macron benedice l’intesa, ma resta l’incognita Bundestag…

Francia, Germania e Spagna vanno avanti sul velivolo di sesta generazione. Come anticipato, l’accordo tra i ministeri della Difesa è arrivato lunedì. Ad accoglierlo “positivamente” sono state le tre ministre con una nota congiunta: Florence Parly, Annegret Kramp-Karrenbauer e Margarita Robles. Oltre a sancire l’ingresso di Madrid in pari status rispetto agli altri due partner, ufficializza l’accordo tra le rispettive industrie (Dassault, Airbus e Indra) che hanno a lungo dibattuto tra divisione del lavoro e proprietà intellettuale. Il programma resta al momento alternativo al Tempest, il progetto promosso dal Regno Unito, al quale hanno aderito Italia e Svezia. Per il futuro non si esclude però una possibile (per taluni auspicabile) convergenza.

COME SARÀ IL FCAS

Francia, Germania e Spagna confermano il piano per un “sistema di sistemi”. Il cuore sarà costituito dal velivolo principale, il “New generation fighter” (Ngf). Sarà affiancato da piattaforme a pilotaggio remoto (Rcs) e messo in connessione da un “Combat cloud”, progettato per ottenere “la superiorità a livello informativo”. Nel complesso, il Fcas (o Ngws) sarà “completamente integrato nei diversi sistemi nazionali di combattimento aereo del futuro nazionali, in grado di raggiungere la superiorità operativa in ambienti altamente contestati”. L’intesa cita poi diversi ambiti di sviluppo parallelo: propulsione, radaristica, guerra elettronica, intelligenza artificiale. Tutto dovrà essere “integrato per fornire ai militari il livello di prestazioni atteso”.

IL VALORE DEI CONTRATTI

Non è specificato dalla nota delle tre ministre, ma l’intesa riguarda le Fasi 1B e 2, necessarie ad avere un dimostratore nel giro di cinque anni. Per ora, l’ingresso in servizio dell’Fcas resta fissata al 2040 per sostituire Rafale e Eurofighter. Lo scorso anno è stata avviata la Fase 1A, con i primi 150 milioni di euro assegnati alle aziende per iniziare i lavori sul dimostratore; contratti assegnati a Dassault e Airbus insieme alla altre protagoniste dei vari segmenti: la tedesca MTU Aero Engines e la transalpina Safran per la parte motoristica, MBDA per la missilistica e l’altro big francese Thales per i sistemi. Per le Fasi 1B e 2, si stimavano 2,5 miliardi di euro. Un portavoce del ministero della Difesa francese che lunedì ha parlato di 3,5 miliardi per l’intero sviluppo del dimostratore, divisi equamente tra i tre partecipanti. A Berlino, funzionari del ministero hanno raccontato invece di “oltre 4 miliardi di euro” per la sola Germania. In ogni caso, il costo (come di consueto per programmi di questo tipo) è previsto in aumento rispetto ai piani iniziali. La scorsa settimana, DefenseNews ha raccontato l’incremento dei costi previsti dall’industria, anche in virtù del prezzamento di alcune componenti aggiuntive prima date per scontate.

LE QUESTIONI INDUSTRIALI

Non ci sono i dettagli neanche sull’intesa a livello industriale. La nota congiunta parla di un’organizzazione “strutturata adeguatamente per garantire la coerenza e l’efficacia del progetto, approfittando delle migliori capacità dell’industria di ogni nazione nel quadro di un partenariato equilibrato, ampio e profondo”. Sembrerebbe dunque prevalsa la linea sostenuta dalla Germania e da Airbus, che premeva per un rapporto più equilibrato tra i soggetti industriali coinvolti, superando il ruolo di prime contractor e appaltatori che piaceva a Francia e Dassault. Il dibattito industriale, relativo a una diversa idea di divisione del lavoro era andato in scena al Senato francese, coinvolgendo anche i diritti di proprietà, nonché l’intesa da trovare con i partner spagnoli. Airbus (che ha sede anche nella Penisola iberica) puntava a guidare il raggruppamento nazionale (rispetto a Indra), ma questo non piaceva a Dassault, che avrebbe visto ridursi il proprio ruolo di un ulteriore terzo.

IL PASSAGGIO AL BUNDESTAG

I nodi sembrerebbero essere stati sciolti, in linea con le richieste delle Forze aeronautiche dei tre Paesi che spingevano per accelerare. “Lo schema di cooperazione realizzato offre un’opportunità imbattibile per rafforzare il patrimonio tecnologico dei tre Paesi partecipanti, garantendo la migliore competitività del sistema futuro”, spiega la nota delle tre ministre. Ora l’incognita maggiore resta il voto al Bundestag. Si preme perché accada entro fine giugno, evitando così un ulteriore stop dovuto al processo elettorale di Germania e, poi, all’iter di formazione del nuovo governo tedesco. L’onda verde guidata da Annalena Baerbock si prepara a essere protagonista del dopo-Merkel, con più di qualche incertezza circa la propensione agli affari militari (qui il focus).

IL PRESSING DI MACRON

Per questo Parigi cerca di accelerare. Emmanuel Macron ha accolto così l’intesa tra i ministeri: “Rassicuro coloro che pensavano fosse impossibile per Germania, Spagna e Francia unire i rispettivi sforzi per realizzare l’aereo da combattimento del futuro: il programma Fcas, sta andando avanti; l’Europa della difesa si sta costruendo”. Da sempre la Francia cita il progetto per il velivolo di sesta generazione come massimo esempio della nascente Difesa europea. L’approccio è stato spesso utilizzato anche per cercare di pressare i partner a procedere sul programma, considerando che il percorso fino alla recente intesa non è stato sempre facile.



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