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Il nuovo jet militare di Francia, Germania e Spagna decolla. Ma…

È attesa per metà maggio l’ufficialità sull’accordo tra Francia, Germania e Spagna per procedere nello sviluppo del velivolo di sesta generazione. Risolte le questioni industriali tra Airbus e Dassault, l’incognita resta il passaggio al Bundestag, auspicato da Parigi entro luglio per evitare ulteriori rallentamenti in vista del voto tedesco di settembre. Intanto, l’Italia osserva, interessata…

C’è l’accordo tra Francia, Germania e Spagna per procedere nello sviluppo del velivolo di sesta generazione. Lo riporta Reuters, citando una fonte della Difesa tedesca, e spiegando che i dettagli verranno svelati per metà maggio. Il progetto Fcas si era impantanato negli ultimi mesi sulle diatribe industriali tra Airbus e Dassault, le industrie che guidano il programma rispettivamente per Germania e Francia, e che attendono il passaggio alla Fase 1B, per un finanziamento complessivo che dovrebbe essere di 2,5 miliardi di euro per avere un dimostratore pronto a volare nel 2026. L’inclusione della Spagna nella notizia di Reuters sembra indicare che siano state risolte anche le problematiche relative al coinvolgimento dell’industria iberica, che dovrebbe essere guidata nel Fcas da Indra.

LE INCOGNITE

L’incognita maggiore resta comunque il necessario passaggio al Bundestag, che deve approvare l’accordo. Si preme perché accada entro luglio, evitando così un ulteriore stop dovuto al processo elettorale di Germania e, poi, all’iter di formazione del nuovo governo tedesco. L’onda verde guidata da Annalena Baerbock si prepara a essere protagonista del dopo-Merkel, con più di qualche incertezza circa la propensione agli affari militari (qui il focus). La notizia di una accordo “generale” sui prossimi passi del Fcas comunque non sorprende. A inizio aprile, una nota ufficiale della Commissione Difesa del Senato francese, firmata dal suo presidente Christian Cambon, celebrava l’accordo tra Dassault e Airbus, giunto dopo che i rispettivi vertici industriali erano stati auditi nelle settimane precedenti.

I NODI

A dividere le due società era una diversa idea di divisione del lavoro, con la francese a premere per mantenere un’impronta con prime contractor, e la tedesca a spingere per un rapporto più equilibrato tra i soggetti industriali coinvolti, superando il ruolo di appaltatore. La diatriba coinvolgeva anche i diritti di proprietà industriale, nonché l’intesa da trovare con i partner spagnoli. Airbus (che ha sede anche nella Penisola iberica) puntava a guidare il raggruppamento nazionale (rispetto a Indra), ma questo non piaceva a Dassault, che avrebbe visto ridursi il proprio ruolo di un ulteriore terzo.

LE TAPPE DEL FCAS

Qualora le varie questioni si rivelassero davvero superato, e l’accordo trovasse l’assenso del Bundestag, il progetto potrebbe passare alla Fase 1B, successiva a quella avviata lo scorso anno (Fase 1A) con i primi 150 milioni di euro assegnati alle aziende per iniziare i lavori sul dimostratore e riuscire ad avere un velivolo operativo dal 2040, così da sostituire Rafale e Eurofighter. Contratti assegnati a Dassault e Airbus insieme alla altre protagoniste dei vari segmenti. Ci sono la tedesca MTU Aero Engines e la transalpina Safran per la parte motoristica, MBDA per la missilistica e l’altro big francese Thales per i sistemi. Tutto poggia sull’intesa in campo militare tra Francia e Germania rinnovata all’inizio del 2019 con l’accordo di Aquisgrana siglato da Emmanuel Macron e Angela Merkel, un rinvigorimento del trattato dell’Eliseo del 1963 che ha introdotto nuovi meccanismi di coordinamento (compresi scambi di ministri e incontri periodici) e ha posto forte enfasi sulla politica estera e di difesa.

L’ASSE FRANCO-TEDESCO

L’intesa di Aquisgrana ha trovato tuttavia sul fronte della Difesa più di qualche difficoltà. Lo scorso febbraio, alla vigilia dell’incontro tra Merkel e Macron (con i rispettivi ministri di Esteri e Difesa) in vista del successivo vertice europeo, è stato il quotidiano tedesco Handelsblatt a raccontare la “crisi” del progetto Fcas. Il tema era stato al centro del colloquio, la settimana precedente, tra le ministre Florence Parly e Annegret Kramp-Karrenbauer, arrivato a pochi giorni dall’invito dei capi di Stato maggiore delle Aeronautiche dei tre Paesi impegnati nel progetto a procedere con determinazione per avere il dimostratore in volo nel 2026. Da quel bilaterale Difesa non era arrivata però la spinta prevista, viste le difficoltà lato industriale. Parly e Akk si sono incontrate nuovamente in più occasioni, l’ultima un paio di settimane fa a Parigi.

LE DIVERGENZE

Resta l’impressione di un approccio di fondo divergente, tra la determinazione di Parigi e la maggior cautela di Berlino (soprattutto al Bundestag). A metà marzo, La Tribune raccontava che “oltre al Fcas, la maggior parte dei grandi progetti di armamenti in cooperazione con la Germania è in grave pericolo”. Il quotidiano lanciava dunque il quesito: “Berlino è davvero un partner affidabile?”. La risposta era lasciata al lettore, accompagnato però da lungo elenco di programmi che, secondo i francesi, la Germania non avrebbe rispettato, dagli elicotteri ai pattugliatori, dall’A400M allo spazio. Tutto si aggiunge al dibattito sull’autonomia strategia europea che ha visto protagoniste anche Parigi e Berlino, con la prima a sostenere un’interpretazione più radicale del concetto, e la seconda ad avere una visione più morbida e aderente all’alleanza transatlantica.

L’ATTENZIONE DELL’ITALIA

Spettatore interessato di tutte queste dinamiche è, tra gli altri, il nostro Paese. Non è un segreto che l’Italia stia lavorando per inserirsi all’interno dell’asse franco-tedesco sul fronte della Difesa. I diversi incontri di Lorenzo Guerini con le colleghe Parly e Akk puntano in questa direzione, cercando di sfruttare i canali bilaterali per riequilibrare i rapporti di forza in sede europea. Un tentativo che trova contestualizzazione anche (ma non solo) nella nascente Difesa europea, ormai partita ufficialmente con il via libera al fondo Edf. Sul fronte della sesta generazione aeronautica, l’Italia ha già aderito all’altra cordata europea, promossa dal Regno Unito, per il Tempest. L’auspicio (espresso da Guerini anche nel confronto con Akk per gli Strategic Dialogues) è per una futura convergenza tra i due progetti.

I TEMI SUL TAVOLO

C’è poi l’altro grande programma dell’asse franco-tedesco, il progetto Mgcs per il carro armato del futuro. Su questo è già arrivata la proposta di Rheinmetall Italia (qui spiegata dal ceo Alessandro Ercolani) per una collaborazione strutturata tra Italia e Germania che parta dalla sostituzione dei Dardo dell’Esercito per arrivare a definire l’inserimento del nostro Paese nel progetto Mgcs. Sono note anche le trattative di Fincantieri con Thyssenkrupp per i sommergibili. Recentissimo l’annuncio dell’accordo per l’acquisizione da parte di Leonardo del 25,1% di Hensoldt, leader in Germania nel campo della sensoristica, con ambizioni in crescita tra robotica e cyber-security. Lo stesso Guerini lo ha definito “un passo importante che può dar vita a un campione europeo nell’elettronica per la Difesa”.

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