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Chi realizzerà il Pnrr? Gli statali, “vil razza dannata!”

Per l’attuazione dei progetti si dovrà contare sulla Pubblica amministrazione, su quegli “statali” spesso oggetto di ingiusto dileggio, ma che in percentuale del numero di abitanti sono molto meno in Italia che in Francia, in Germania e soprattutto nei Paesi nordici, e che debbono destreggiarsi con una normativa notoriamente molto più complessa. Il commento di Giuseppe Pennisi

Non basta scrivere un buon Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), averlo approvato dalla Commissione europea pima e dal Consiglio europeo poi, intascare l’anticipo del 13% della somma complessiva indicata per il Paese, ma occorre soprattutto realizzare le riforme e i progetti previsti nel documento.

Sulle riforme è già in atto una bagarre anche perché forze politiche, che pur si dicono progressiste, vorrebbero toccare il meno possibile l’esistente. Per l’attuazione, si dovrà contare sulla Pubblica amministrazione, su quegli “statali” spesso oggetto di ingiusto dileggio, ma che in percentuale del numero di abitanti sono molto meno in Italia che in Francia, in Germania e soprattutto nei Paesi nordici e che debbono destreggiarsi con una normativa notoriamente molto più complessa.

Su questa testata il tema è stato trattato più volte. Il vostro chroniqueur, ad esempio, ne ha parlato in articoli sui concorsi il 12 maggio e sugli appalti il 26 maggio. Il 26 maggio l’European Institute of Public Administration (Eipa), in partnership con le Università di Milano (Statale), Firenze (Cesare Alfieri), Venezia (Cà Foscari) e la Scuola Nazionale d’Amministrazione (Sna) ha organizzato un interessante convegno telematico sul tema. Ce ne saranno altri e si dovranno leggere con cura relazioni ed interventi.

Vediamone alcuni punti salienti. In breve, negli ultimi dieci anni la Pubblica amministrazione si è ristretta (- 2,3%), si è invecchiata (nel 2001 la fascia d’età più numerosa era quella tra i 45 ed i 49 anni, nel 2019 è quella tra i 55 ed i 59 anni), ha gradualmente perso i corpi tecnici (quelli più importanti ai fini della realizzazione del Pnrr) mentre è cresciuta la proporzione di funzionari e dirigenti con una cultura giuridico amministrativa. In breve, i pensionamenti crescono e i canditati per le professionalità e competenze scarseggiano. Occorrerebbe un programma decennale per assicurare una transizione efficiente ed efficace.

Con lo sblocco del turnover, il Pnrr e dintorni, nei prossimi tre anni verranno immesse circa 140.000 persone nello Stato, nelle Regioni, e nei Comuni. Sono state proposte nuove modalità per i concorsi, ma sono state erette forti barriere per impedirlo sostenendo che selezioni basate in certa qual misura basate sui titoli sarebbero discriminatorie nei confronti di chi non è stato in grado di studiare bene (sic!). Speriamo che il buon senso faccia sì che vengano rimosse.

Tuttavia – è chiaramente emerso – una selezione “meritocratica” e “trasparente” è solo il primo passo di un lungo percorso, anche e soprattutto se è alla ricerca di professionalità che raramente si trovano sul mercato. Come gli ingegneri in grado di redigere capitolati speciali e computi metrici per gare d’appalto per opere pubbliche.

Ammesso che “il sapere” nelle varie discipline scientifiche ed umanistiche, la selezione dovrebbe porre l’accento sul “sapere fare” – o meglio sul “potenziale di saper fare”, come indicato nelle linee guida dell’Unesco e di quelle specifiche alla istruzione della Banca Mondiale. Un “potenziale di saper fare” da completarsi con affiancamento e “on-the-job” training alternando lavoro con specialisti che dopo qualche anno andranno in pensione con corsi seminariali. Occorrerà anche puntare sul “saper essere”: empatia per i medici neo-assunti e rigore per gli ingegneri. Ci sono esempi eloquenti nelle formazioni dei funzionari pubblici in Francia e Germania. Forse si dovrebbe pensare a “spacchettare la Sna”, oggi molto rivolta a formazione giuridica ed amministrativa ed avere un istituto per la formazione ingegneristica e tecnologica. Ambedue dotati non di docenti stabili nelle varie discipline ma da organizzatori di conferenze e studi di casi basati sulla reale vita nelle pubbliche amministrazioni.

Il Pnrr può essere l’occasione perché la sfida venga raccolta. Si sarebbe dovuto farlo dieci anni fa quando questi nodi erano già evidenti. Ma non è mai troppo tardi.


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