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La prima delle riforme? La purificazione della politica: nasce Abaton

Il santuario di Epidauro, in età ellenica, divenne il centro per eccellenza dedicato al culto di Asclepio, divinità salutare del pantheon greco, che guariva i fedeli che si recavano in pellegrinaggio ad Epidauro durante le feste in suo onore, denominate Asclepiei.

Le guarigioni dei fedeli avvenivano in un edificio detto Abaton (‘impenetrabile’): prima di accedervi, infatti, il pellegrino doveva aver compiuto le lustrazioni di purificazione necessarie. Alla politica italiana, prima di tornare a produrre idee, serve purificarsi: ho creato questo blog di cultura politica, Abaton, perché intendo usarlo come un appello-proposta rivolto a chi ha il coraggio di immaginare un cambiamento che, giocoforza, andrà costruito in queste ore per realizzarlo appena la bufera dell’antipolitica sarà passata. Che faccia tornare la voglia di politica alta dopo le storture italiche dell’ultimo ventennio, come la visione privatistica della res pubblica e deleteria nei confronti dei capisaldi istituzionali da un lato e l’accanimento ideologico e antiliberale dall’altro.
Alla politica italiana, di qualunque colore la sia voglia caratterizzare, servono slanci, spunti e regole declinate in una chiave “pro” qualcosa: per una formazione corretta e per una buona convivenza culturale e politica. Non un tentativo gattopardesco di rimescolare le carte o di dare definizioni su cui, un attimo dopo, aprire infiniti dibattiti circa posizionamenti o targhette, case dei padri o mari aperti. Ma la naturale prosecuzione in chiave italica della politica che si ritrova in contorni democratici ed efficienti. Dove si confrontino serenamente, ma con decisione e macro differenze, un’area liberalsocialista, come quella in cui sta prendendo piede Matteo Renzi, e una repubblicana post conservatrice che fatica ancora a definirsi.
Senza per questo voler “spaccare” il paese in due così come il bipolarismo muscolare in passato ha fatto, bensì far compiere all’Italia un balzo in avanti sulla strada della modernizzazione. Quante volte abbiamo scritto e detto che il post seconda Repubblica è alle porte? Molteplici, ma la differenza sostanziale rispetto a ieri è che adesso quella luce si scorge in fondo al tunnel e occorre mettere in cantiere la vera rivoluzione. Che non è quella grillina di pancia e di urla contro tutto e tutti, seppure con istanze condivisibili su responsabilità diversificate di politica e politici. Ma deve viaggiare sui binari del sogno obamiano, sulla freschezza di Boris Johnson sindaco di Londra che decide di trasformare la capitale inglese in una grande pista ciclabile a cielo aperto. Ma dopo aver approfondito il tema con urbanisti e politici green, non per una voglia di promettere assurdità o stranezze a priori. Ecco cosa manca alla politica italiana: una colossale opera di purificazione, per spurgare le tossine di decenni di inefficienze, ruberie e inettitudini. Per cominciare a tessere la fila del Paese.
E rimboccarsi le maniche prima che tutto vada irrimediabilmente perduto.

Come? Guardare alla cultura italiana come a una risorsa industriale formando manager della cultura da impiantare nei ministeri per fare pil; immaginare una business community del Mesogheios, l’Italia non lo ha, forse, ancora ben compreso. Ma essere un molo naturale messo lì nel bel mezzo del Mediterraneo non è una seccatura, bensì un’occasione; rompere i monopoli e i duopoli, studiare il dossier liberalizzazioni con dedizione e coraggio; pungolare le università a rapportarsi con le imprese per individuare le figure professionali utili al mercato e non avere migliaia di laureati in lettere o giurisprudenza disoccupati; sviluppare le nuove tecnologie in cui l’Italia è eccellenza, come le nanotecnolgie o i carburanti bio per inquinare di meno e vivere meglio; impedire al Parlamento di bloccare l‘iniziativa popolare, come nell’ultimo lustro dove è stata approvata solo una legge su 27 e di tutte le proposte presentate 15 non sono state neanche discusse, 9 si sono fermate durante l’iter; prevedere l’obbligo per legge di costruire nuovi edifici pubblici (sedi di regioni, comuni, province, tribunali) già energeticamente indipendenti, con materiali green e che siano punto di contatto “vivo” per i cittadini; uscire mentalmente dal binomio muscolare germanocentrismo-austherity: occorre una rimodulazione non ideologica dei trattati dell’euro, la moneta troppo forte così come è ora, accanto a un debito pubblico monstre e a un vecchiume amministrativo, ci porta sui binari greci.

Insomma, fare come Socrate con i suoi allievi educando alla filosofia come senso della vita, in cui la politica deve esplicare il suo fine ultimo: ovvero provvedere alla qualità (materiale e morale) della vita degli amministrati. E praticare l’accademia platonica, la tenace e alta idea della formazione dei paedià, l’imprescindibile mossa per fare scacco matto alle chiusure mentali e agli ircocervi della non conoscenza.

twitter@FDepalo

www.abatonmagazine.com



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