Skip to main content

Linee russe. Kortunov svela cosa vuole Putin da Biden

Intervista ad Andrey Kortunov, direttore del Russian International Affairs Council (Riac), tra i massimi esperti russi di politica estera. Cyber e nucleare i due successi del vertice fra Usa e Russia a Ginevra, per i rapporti diplomatici ci vuole tempo. Putin non sopporta lezioni sui diritti umani. Ma preferisce Biden a Trump, è più affidabile

Più di tutto, la Russia “non sopporta che gli Stati Uniti le dicano come, quando e cosa deve fare in casa sua”. Si può riassumere così il senso del vertice fra Joe Biden e Vladimir Putin a Ginevra, dice a Formiche.net Andrey Kortunov, direttore generale del Russian International Affairs Council (Riac), tra le voci più ascoltate al Cremlino.

Un incontro distensivo, concluso con la riapertura delle relazioni diplomatiche e un confronto serrato su tutti i dossier più caldi, dalla cybersecurity alle manovre militari in Europa. Sfociato a tratti in un duello di retorica fra i due presidenti, con Putin infastidito non poco dalle “lezioni” dell’inquilino della Casa Bianca sui diritti umani, e sull’arresto di dell’oppositore politico Alexey Navalny. “È questa la vera linea rossa per Mosca. La Russia non vuole interferenze negli affari domestici, né lezioni su come vivere o come difendere i diritti umani, trattare Navalny”.

Quanto sia un tasto dolente si è capito nella interminabile conferenza stampa di Putin a Villa La Grange. Nel suo discorso, condito qua e là da riferimenti filosofici e letterari, il presidente russo ha sciorinato un lungo “cahier de doléances”, elencando una personale lista delle “violazioni” americane, dalle aggressioni ai civili in Afghanistan alla “soppressione” delle proteste di fronte al Congresso lo scorso 6 gennaio. “Paragoni ridicoli”, gli ha risposto Biden dal palco sulla riva del lago Lemano. La seconda linea rossa del Cremlino riguarda l’Ucraina e la sua richiesta di aderire alla Nato. “Entrambi i presidenti sanno che Kiev non si avvicinerà alla Nato nel breve periodo per questo non ne hanno parlato in dettaglio”.

Nel complesso, ragiona il giorno dopo Kortunov, fondatore della Fondazione per la Scienza Pubblica di Mosca, “gran parte del vertice si è svolto come da pronostici”. Se non c’è una vera intesa personale, di certo da parte russa c’è il “rispetto” verso un uomo, Biden, che ha dedicato un’intera carriera alla politica estera e si è a lungo occupato di Russia nei suoi otto anni da vicepresidente con Barack Obama.

“Qui c’è la differenza di fondo con il suo predecessore. Donald Trump faceva grande uso di una retorica distensiva, ma alla prova dei fatti non sempre riusciva a fermare l’escalation. Con Biden forse ci sono meno belle parole ma ci sono i fatti. Putin personalmente apprezzava di più Trump, ma riconosce in Biden un leader affidabile”.

Tre secondo Kortunov i principali successi del faccia a faccia. “La proposta di una task force sulla cybersecurity e di una possibile cooperazione sul crimine cyber fra le due parti. La dichiarazione congiunta sul controllo delle armi, il compromesso più importante, perché una corsa incontrollata non è nell’interesse di nessuno. Infine, il ritorno degli ambasciatori a Mosca e a Washington DC”.

Il riavvio dei rapporti però, avvisa l’esperto, “non deve essere sovrastimato”. “Ci vorrà molto tempo prima di riportare a pieno regime la missione diplomatica a Mosca: diverse espulsioni sono irrevocabili, la sede è stata confiscata. Ad ogni modo è un bene che abbiano deciso di riaprire, per due ragioni. La prima è di ordine strategico. Più accelera lo scontro con gli Stati Uniti, più la Russia si avvicina alla Cina, che nel nostro Paese ha un enorme spazio di mercato. Questa è un’ipotesi temuta anche a Mosca. La seconda è di ordine tattico. L’assenza di relazioni aumenta il rischio di incidenti, errori umani. Come dice il proverbio, tieni i tuoi amici vicini, i tuoi nemici ancora di più”.

×

Iscriviti alla newsletter