Il percorso organizzato dall’operazione Irini in vista di “ShadeMed” raggiunge il suo quinto appuntamento. Fabio Agostini, Moritz Rudolf, Roie Yellinek e Olivier Bailly, moderati da Flavia Giacobbe, hanno affrontato le criticità legate all’uso della “diplomazia dei vaccini”, tra solidarietà e interessi geopolitici
“Il Mediterraneo è la sede di diverse sfide umanitarie, di sicurezza e di sviluppo che insistono su popolazioni vulnerabili: il Covid ha amplificato gli effetti di queste sfide regionali”. Così il comandante di EuNavFor-Med Irini, ammiraglio Fabio Agostini, ha aperto mercoledì i lavori del quinto dibattito del percorso verso la conferenza “Shade Med 2021” dedicato all’impiego della cosiddetta “diplomazia sanitaria e dei vaccini” nella regione mediterranea, organizzato insieme all’Università La Sapienza di Roma e moderato dal direttore di Formiche e Airpress, Flavia Giacobbe. “Gli effetti del Covid si evidenziano anche sulle operazioni militari, sull’approvvigionamento energetico, sul commercio marittimo e sull’economia”, ha continuato Agostini.
L A “VIA DEL VACCINO” DI PECHINO
“Già nei primi documenti per la Belt and road initiative (Bri) cinese del 2015 c’erano dei riferimenti alla cooperazione sanitaria come uno dei temi principali; quando è arrivato il Covid, la Cina ha semplicemente utilizzato i meccanismi della Bri per portare avanti la sua agenda di diplomazia sanitaria”. Descrive così Moritz Rudolf, ricercatore presso il German institute for international and security affairs, l’uso precoce, da parte della Cina, della diplomazia sanitaria, sfruttando quella rete di rapporti economici e, soprattutto, geopolitici costruita attraverso le “Nuove vie della seta”. In particolare, Pechino ha impiegato rapidamente i legami con i partner della Bri per capovolgere la narrazione globale sul Covid, trasformandosi da essere il Paese d’origine del virus ha principale benefattore nel suo contrasto, con la consegna di materiali sanitari e vaccini, ampiamente pubblicizzati dai media locali e cinesi.
IL VANTAGGIO DI RUSSIA E CINA
Dello stesso avviso anche Roie Yellinek, ricercatore al Begin-Sadat Center for strategic studies e studioso al Middle East Institute: “La Cina ha cominciato quasi subito ad utilizzare la diplomazia sanitaria, diventando da origine della pandemia, origine della soluzione”. Secondo il ricercatore, Pechino ha impiegato tutto il suo soft power per ribaltare la narrativa del “virus cinese” messa in campo dall’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. “La Cina si è impegnata per fare una figura migliore degli Usa”. Per Yellinek gli Stati Uniti e i Paesi europei sono stati tardivi nel comunicare i propri successi contro il virus, essendosi concentrai in prima battuta sul fronte interno; Cina e Russia, d’altro canto, si sono immediatamente rivolti ai propri partner per potenziare la loro posizione nello scenario globale.
LA RISPOSTA EUROPEA
“L’Europa si appresta a raggiungere l’obiettivo del 70% di vaccinati entro la metà o la fine di luglio, con una situazione simile in tutti i Paesi membri dell’Ue”. A ricordarlo è stato il capo della Task force sulla strategia dei vaccini del Servizio esterno dell’Unione europea, Olivier Bailly, sottolineando come i successi dell’Unione nell’affrontare la crisi pandemica stiano ottenendo i frutti sperati. Inoltre, grazie alla campagna vaccinale che avanza a pieno regime, l’Europa e l’Occidente hanno potuto mettere a disposizione degli Stati in difficoltà una quantità enorme di vaccini e di risorse. “C’è, inoltre, una profonda differenza tra la Russia e la Cina, con Mosca che ha consegnato meno del 5% di quanto promesso, rispetto al 40% consegnato da Pechino” ha aggiunto Bailly, che ha concluso ricordando anche che: “Sebbene i vaccini russo e cinese siano più economici rispetto a quelli occidentali, i vincoli fiscali che legano i Pesi fruitori, in particolare alla Cina, sono elevati”.