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Una tassa patrimoniale all’orizzonte?

Ancora una volta per riordinare il sistema fiscale, che pur è necessario, si torna alla carica per introdurre tasse sul patrimonio, come se in Italia non esistano già altre tasse di questo tipo. L’opinione di Riccardo Pedrizzi

Nel corso dell’indagine conoscitiva sulla riforma fiscale svoltasi dalle Commissioni Finanze di Camera e Senato,
Bankitalia aveva insistito su una forte semplificazione di tutto il nostro sistema fiscale, proponendo un maggior prelievo sul possesso di immobili, con una revisione dei valori catastali, e sui consumi aumentando l’Iva, “il confronto internazionale – aveva spiegato Giacomo Ricotti, Capo del Servizio Assistenza e consulenza fiscale di Bankitalia – mostra come il livello di prelievo effettivo sui consumi in Italia sia tra i più bassi in Europa. “Ed anche per gli immobili occorrerebbe un ampliamento della base imponibile dei prelievi esistenti, attraverso una revisione dei valori catastali”.

Poi il presidente della Corte dei conti, Guido Carlino, sempre in audizione nel corso della medesima indagine, pur ritenendo “necessario procedere a una riduzione dell’onere fiscale”, per avere maggiore equità e per garantire comunque gettito allo Stato, la soluzione migliore potrebbe essere “una patrimoniale” che colpisca sia il patrimonio personale che familiare, quindi gli immobili (anche la prima casa), gli investimenti e la previdenza complementare. “Una valutazione preliminare – aveva continuato Carlino – dovrebbe riguardare la caratteristica del prelievo, che da reale potrebbe essere trasformato in personale, considerando dunque tutte le forme di patrimonio ed, eventualmente, la base familiare anziché individuale”.

Tutte queste proposte vanno incredibilmente in direzione del tutto opposta a quello che servirebbe per la ripresa economica: 1) occorrerebbe rilanciare i consumi, per far ripartire la produzione di beni e servizi ed invece li tassiamo per scoraggiarli; 2) occorrerebbe aiutare il settore che più crea occupazione generalizzata e muove tutti gli altri settori indotti (dalla produzione del cemento, alle piastrelle, ai prodotti di arredo, all’elettricità, alle rubinetterie, al mobile ed agli infissi) e noi tassiamo proprio il motore di tutto questo, cioè l’industria delle costruzioni. Eppure noi stiamo già scontando una patrimoniale sugli immobili – l’Imu – , che pesa per 22 miliardi.

In pratica quella che è all’orizzonte sarebbe una “articolata revisione” per il ministro dell’Economia, Daniele Franco, secondo quanto scritto nella premessa al Documento di Economia e Finanza approvato dal Consiglio dei ministri, a partire dal prelievo dell’imposizione personale. Anche se il responsabile economico della Lega, Alberto Bagnai, e il capogruppo in commissione Finanze della Camera, Alberto Gusmeroli, hanno detto subito che non ci pensano proprio a tagliare il reddito delle famiglie, aumentando l’Iva ed introducendo patrimoniali. Così come il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, il quale ha dichiarato: “Abbiamo detto a Draghi che non accetteremo nessuna patrimoniale ma magari si pensi a un uso dei fondi privati: il governo chiami a raccolta i cittadini e le imprese che vogliono investire”. Da tenere presente che si tratta di rappresentanti autorevoli di due partiti che sostengono il governo Draghi.

Ancora una volta, per l’ennesima volta, con l’alibi di riordinare il sistema fiscale, che pur è necessario, si torna alla carica per introdurre tasse sul patrimonio, come se in Italia non esistano già altre tasse di questo tipo. Una è l’Imu, che si paga sugli immobili, con esclusione della prima casa; la seconda è la Tari, una tassa per lo smaltimento dei rifiuti, che nella realtà è un’altra imposta patrimoniale, calcolata in base ai metri quadrati di case e uffici.

La verità è che questo attacco contro la proprietà immobiliare privata ormai viene portato, oltre che da certe forze politiche nel nostro Paese, anche a livello globale dai grandi centri finanziari, che addirittura suggeriscono questa strategia nei loro influenti mezzi di informazione come si può rilevare dal primo numero del 2021 dell’Economist, il settimanale dei Rotschild, secondo il quale: “L’orribile errore immobiliare dell’Occidente ha causato invidia e malcontento” perché “la proprietà della casa è il più grande errore di politica economica dell’Occidente. È un’ossessione che mina la crescita, l’equità e la fede pubblica nel capitalismo”. “È urgentemente necessaria una nuova architettura”… “perché regolamenti poco chiari proteggono un’élite di proprietari di case esistenti e impediscono agli sviluppatori di costruire i grattaceli e gli appartamenti che l’economia moderna richiede. Gli affitti elevati e i prezzi delle case che ne derivano rendono difficile per i lavoratori spostarsi dove si trovano i posti di lavoro più produttivi e hanno rallentato la crescita”.

Quanto espresso da Economist è il programma del Forum di Davos che contempla la soppressione della “proprietà degli alloggi e la loro confisca”…. i cittadini dovrebbero perdere per sempre la proprietà privata di qualsiasi bene. Anche l’Istituto Mises, think tank dell’ideologia liberista, segnalava già nel 2016 la volontà di abolire la proprietà privata da parte del Forum di Davos e si allarmava per questo in un suo rapporto. In “Welcome to 2030”, una pubblicazione per il World Economic Forum, Ida Auken, già ministro danese dell’ambiente dal 2011 al 2014, immagina un mondo in cui “non possiedo nulla, non ho privacy e la vita non è mai stata migliore”… “In questo suo nuovo mondo idilliaco, le persone hanno libero accesso a mezzi di trasporto, alloggio, cibo “e tutte le cose di cui abbiamo bisogno nella nostra vita quotidiana”. Dato che queste cose diventeranno gratuite, “non ha avuto senso per noi possedere molto”. Non ci sarebbe la proprietà privata nelle case e nessuno pagherebbe l’affitto, “perché qualcun altro sta usando il nostro spazio libero ogni volta che non ne abbiamo bisogno”. Del resto, lo stesso Forum di Davos ha titolato uno dei suoi studi: “Il capitalismo ha bisogno del marxismo per sopravvivere alla quarta rivoluzione industriale?” perché “la proprietà privata è di ostacolo al capitalismo”, come afferma l’Economist dei soliti Rotschild.
Purtroppo il rischio che stiamo correndo è veramente grande, perché nel momento in cui si comincia a sottrarre beni in modo arbitrario, di fatto si toglie la libertà, dunque togliendo la proprietà togli la libertà. La proprietà è il pilastro della libertà individuale e senza proprietà privata non c’è democrazia che funzioni, essendo una risorsa che protegge contro il potere arbitrario.

Ma questo attacco alla proprietà privata è ancora più pericoloso perché in fondo si vuole distruggere la famiglia naturale, che ne rappresenta il principale baluardo, come ha confermato lo stesso il finanziere d’assalto e speculatore internazionale George Soros: “È la famiglia dove ‘il lavoro riproduttivo è così ferramente legato al genere’ (sic), alla “proprietà privata fondiaria”, alla “genitorialità patriarcale e (spesso) all’istituzione del matrimonio”, “che vi rende attaccati alla “proprietà privata” degli immobili, della vostra casa e terreni, che crea in voi lo stupido proposito di lasciarle in eredità ai figli e nipoti”. La famiglia, dunque, per questa élite di “illuminati” rappresenta uno dei maggiori ostacoli alla Società del Noleggio che, abolita la famiglia, realizzerà lo sposalizio fra Comunismo e Superconsumismo capitalista. Del resto un’ulteriore conferma della filosofia contro la proprietà privata è data dalla scelta che a New York il governatore Cuomo ha scelto Eric Schmidt: ex amministratore delegato di Google, a “dirigere una commissione di “eccellenti” per impostare la realtà post-Covid dello Stato di New York”, e specificamente per “integrare la tecnologia in modo permanente in ogni aspetto della vita civile”.

Schmidt è presidente di due entità: il National Security Commission on Artificial Intelligence (NSCAI) e del Defense Innovation Board. Nel maggio 2019, parlò “del vantaggio competitivo della Cina” in una serie di settori, tra cui le diagnosi mediche”, i veicoli autonomi, le infrastrutture digitali. Si tratta di “città intelligenti”, condivisione dei trasporti e scambi senza contanti” ed ha esaltato i primati della Cina, “che vanno dal semplice consumatore che acquista online; “alla mancanza di sistemi bancari”. Schmidt ha esaltato “la diffusione del riconoscimento facciale”, che si è affermato grazie al “sostegno e coinvolgimento espliciti del governo cinese” e vorrebbe introdurre il sistema di crediti sociali instaurato in Cina dal regime, che insegna infatti la buona educazione e il politicamente corretto, punendo in modo automatico le trasgressioni con un calo del punteggio sociale e un aumento del credito se ci si comporta “bene” (per esempio denunciando un vicino che non porta la mascherina). Insomma “per sconfiggere la Cina dobbiamo diventare la Cina” scrive Maurizio Blondet che segue sempre con estrema attenzione questa nuova “via della seta”.

Come si vede, si va stringendo a tenaglia la strategia di attacco alla famiglia, alla proprietà privata ed, in fondo, alla nostra stessa libertà da parte di poteri supernazionali e di casa nostra.


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