Skip to main content

Come saranno gli anziani del 2040

Le previsioni demografiche – che l’Istat conduce in maniera coordinata con gli altri Istituti di statistica dell’Unione europea – indicano che la popolazione italiana nei prossimi trent’anni dovrebbe aumentare da 60,3 a 62,2 milioni.
 
Più nonni e bisnonni
Questa modesta crescita demografica sarebbe dovuta esclusivamente agli effetti della maggior longevità e dell’immigrazione, mentre il modesto recupero della fecondità (da 1,4 a 1,6 figli per donna) resterebbe ben al di sotto del tasso di sostituzione delle coppie, determinando già dal 2038 un lento declino demografico, che riporterebbe la popolazione sui livelli attuali intorno al 2060. Nel 2040 la popolazione sarà, dunque, più anziana e multietnica di oggi: i residenti con più di sessantacinque anni salirebbero dal 20,3 al 31,3%, di cui circa la metà ultraottantenni, mentre l’incidenza della popolazione straniera, escludendo le acquisizioni di cittadinanza, passerebbe dal 7 al 15,3%.
Il futuro demografico del Paese, oltre che dall’evoluzione reale dei comportamenti ipotizzati su fecondità, sopravvivenza e migrazioni, dipende anche dall’effetto della struttura della popolazione di partenza. Le prospettive demografiche sull’invecchiamento, in particolare, hanno un livello di incertezza ridotto, di modo che possiamo immaginare con relativa accuratezza alcuni tratti della famiglia italiana del futuro: verosimilmente, la maggioranza delle famiglie avrà uno o due figli, in compresenza di nonni e, sempre più spesso, di bisnonni, ma vi saranno anche molte più famiglie uni-personali di anziani e, soprattutto, di anziane, data la maggior longevità femminile.
 
Buone basi di partenza
L’aspettativa di vita e le condizioni di salute della popolazione italiana sono migliorate nel tempo e si collocano in ottima posizione nel confronto internazionale. Parte del merito va al sistema di salute pubblica e all’uso di farmaci, fortemente concentrato in ragione dell’età, che va associata anche all’insorgenza di patologie croniche e disabilità: se i farmaci sono essenziali per l’allungamento e il miglioramento della vita, un invecchiamento in salute consente di ridurne drasticamente il consumo, favorendo la sostenibilità futura del sistema sanitario, oltre a migliorare la qualità della vita dei cittadini. La previsione di una crescita ulteriore della speranza di vita alla nascita – fino a 83,5 anni per gli uomini e fino a 88,6 anni per le donne entro il 2040 – incorpora aspettative favorevoli sulla ricerca medico-scientifica, ma dipenderà anche dalla capacità del sistema di politiche sociali di adeguarsi ad un diverso equilibrio strutturale della popolazione e degli anziani di mantenersi in salute. Alcuni degli aspetti relativi alla salute futura, d’altro canto, risultano attualmente largamente imprevedibili: basti pensare alla diffusione dell’Alzheimer, molto superiore a quanto fosse immaginabile soltanto venti anni orsono, ma anche alle possibilità di cure più efficaci e a costi inferiori offerte dalla tecnologia e da una diversa organizzazione dei sistemi di salute e assistenza.
 
Reti protettive più fragili
In Italia l’attività di cura delle persone anziane è oggi centrata sul ruolo della famiglia: l’indebolimento strutturale delle reti familiari, rilevato già nel 2003, sembra però destinato ad aggravarsi nel tempo per effetto dei cambiamenti negli stili di vita della popolazione. Questo rende necessario rimodulare fin da ora gli interventi pubblici, che tradizionalmente privilegiano i trasferimenti monetari, verso l’offerta di servizi alle persone e di strutture finalizzate all’assistenza residenziale o semi-residenziale. Dalle rilevazioni statistiche emerge come il sostegno alle famiglie con anziani sia, già oggi, insufficiente: il 6,8% delle famiglie dichiara di ricevere aiuto, ma il 9% di essere costretto a rivolgersi al settore privato, mentre il 17,3% deve ricorrere al supporto di amici e/o parenti, percentuale che raggiunge il 35% per le famiglie con persone molto anziane. I fattori di disagio delle famiglie con anziani si traducono molto spesso in difficoltà di tipo economico a causa della diminuzione del reddito contestuale all’aumento delle spese per la tutela della salute: secondo gli ultimi dati Istat sui redditi e i consumi privati, le famiglie con componenti anziani hanno un reddito pari poco più dei tre quarti di quello mediano: inoltre, oltre il 7% di queste dichiara di sostenere mensilmente una spesa sanitaria “catastrofica”.
 
Nuovi anziani, nuovo welfare
La necessità di un intervento pubblico più attento sarà ancora maggiore per gli anziani del futuro, che molto probabilmente non godranno di una copertura pensionistica analoga a quella odierna. Secondo le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato, ad esempio, il peso della spesa per interventi sanitari e socio-assistenziali legati all’invecchiamento e alla disabilità sul totale del prodotto interno lordo salirebbe da circa l’1,7% del Pil nel 2007 fino al 3,2% nel 2060.
Nei limiti con cui possiamo immaginare gli anziani del futuro guardando ai quarantenni di oggi, l’indagine multiscopo Istat sulle famiglie offre qualche spunto di ottimismo, mostrandoli più colti e attenti alla propria salute rispetto alle generazioni precedenti: una larga maggioranza di loro ha una alfabetizzazione informatica, usa Internet ed esercita una pratica sportiva di qualche natura. Circa la metà legge libri, contro meno del 30% degli ultra sessantacinquenni. Gli anziani del 2040, quindi, avranno forse qualche problema aggiuntivo rispetto a quelli del 2010 ma, verosimilmente, anche alcuni strumenti in più di per aver cura di sé, mantenersi in salute e attivi, mentalmente e nel contesto sociale.


×

Iscriviti alla newsletter