L’economista e docente legge in controluce il documento approvato dalle commissioni Finanze di Camera e Senato e che getta le basi politiche della riforma fiscale. Finalmente un salto di qualità su crescita e semplificazione tributaria. Bene il superamento dell’Irap. I nei? Iva e coperture… Ora tocca al governo
Il cantiere è ufficialmente aperto. La riforma del fisco italiano, costruzione dall’architettura tra le più complesse al mondo, può forse finalmente partire. Le commissioni Finanze di Camera e Senato, la cosiddetta Bicamerale del fisco, ha appena approvato un documento di una ventina di pagine che getta le basi politiche per quella legge delega che il governo dovrà partorire entro la fine di luglio. Il tutto dovrebbe tradursi in due decreti legislativi delegati, redatti sulla base del documento finale delle due commissioni Finanze di Camera e Senato, approvato praticamente all’unanimità con l’astensione di Leu e il no scontato di FdI.
Sono anni che le famiglie e le imprese italiane attendono un riforma profonda, incisiva, in grado di mettere un po’ di ossigeno nelle bombole del sistema produttivo. I cardini della proposta delle commissioni da far sfociare nella legge delega e dunque nella riforma fiscale del governo di Mario Draghi, sono una riduzione di 20 miliardi dell’Irap, l’imposta sulle attività produttive, detestata dalla gran parte delle imprese italiane.
Ancora, un taglio secco di 4 miliardi all’aliquota Iva, oggi al 22%, altri 15 miliardi per il riassetto dell’Irpef, ovvero una revisione degli scaloni, vero cuore della riforma e circa 600 milioni per l’eliminazione dei micro-balzelli, in ottica semplificazione. Il conto non è di quelli leggeri, circa 40 miliardi, il che impone una riflessione sulle coperture, ovvero le risorse per finanziare la riforma. Formiche.net ne ha parlato con l’economista ed ex presidente dell’Istituto Brune Leoni, Nicola Rossi.
UN DOCUMENTO PREZIOSO
“Le commissioni Finanze di Camera e Senato hanno portato a termine una attività istruttoria che, nelle condizioni date, deve essere considerata non solo preziosa ma sicuramente apprezzabile. Non era un risultato scontato e certamente non erano scontati i contenuti del documento conclusivo ormai di dominio pubblico”, spiega l’economista. Per il quale il documento partorito da Camera e Senato è un testo che “il governo correttamente intende considerare come un atto di indirizzo politico ai fini della predisposizione della legge delega sulla riforma fiscale, che dovrebbe vedere la luce entro il prossimo 31 luglio”.
COSA VA…
Non mancano i pregi nel testo licenziato dalle commissioni, secondo Rossi. “Scontati non erano affatto, tanto per cominciare, gli obbiettivi dell’intervento di riforma che le commissioni indicano nella crescita dell’economia e nella semplificazione del sistema tributario. Tanto il primo quanto il secondo obbiettivi di efficienza. Dopo mesi di sterili dibattiti, il documento conclusivo delle commissioni chiarisce senza margini di ambiguità che ciò di cui in questo momento abbiamo disperato bisogno è un sistema fiscale orientato alla crescita. Il che non implica, va chiarito subito, che le medesime commissioni non abbiano attribuito l’importanza dovuta agli aspetti di equità del sistema ma segnala come questi ultimi vadano affrontati senza penalizzare l’efficienza del sistema: è un passo avanti importante e significativo”.
Ma c’è dell’altro, soprattutto al capitolo Irpef, pietra angolare della rifotma. “Scontata non era, poi, l’architettura che dal documento conclusivo emerge. Una imposizione sul reddito tendenzialmente duale in cui l’aliquota sui redditi da capitale (opportunamente riordinati) dovrebbe collocarsi in prossimità dell’aliquota applicabile al primo scaglione Irpef. Una Irpef in cui trovi posto un minimo esente, una attenuazione del carico fiscale sui redditi medi, capace di riflettersi anche sui redditi più elevati, un diverso e più razionale operare di detrazioni, aliquote e scaglioni, una eliminazione delle spese fiscali di minore importo medio o riferite a platee (clientele, sarebbe più opportuno dire) più esigue”.
Anche sul versante delle imprese è possibile intravedere passi in avanti. Per esempio, “l’introduzione di opportuni correttivi alla tassazione delle piccolissime imprese e del lavoro autonomo, la cosiddetta flat tax al 15%, il definitivo superamento dell’Irap, il ritorno della Imposta sul reddito di impresa, la cosiddetta Iri, per le società di persone e le imprese individuali e la semplificazione dell’Ires ottenuta attraverso un progressivo riavvicinamento fra bilancio fiscale e civilistico ed una concentrazione delle spinte operate dall’imposta verso la crescita dimensionale. Nel complesso una architettura certamente più razionale di quella oggi in vigore”.
…E COSA NO
Allora è tutto buono e bello. Nemmeno per sogno, i nei ci sono e si vedono, a cominciare dalle coperture. “Nel documento conclusivo non mancano – come era inevitabile e comprensibile – i silenzi o le reticenze su punti anche rilevanti come, ad esempio, sul riordino dell’Iva e, più in generale, sulle fonti e modalità di copertura della riforma. Il documento conclusivo delle commissioni non ci consegna, in altre parole, tutti gli elementi di una grande riforma. Su questo non dovrebbero esserci dubbi”.
UN PASSO IN AVANTI
Nonostante tutto, il salto di qualità c’è. “Certamente non replica gli interventi spesso episodici e mal disegnati degli ultimi anni. Quella proposta è una revisione non minore del sistema tributario intesa a correggere se non ad eliminare alcune delle attuali e più evidenti storture. Difficile non osservare e non riconoscere che il Parlamento questa volta ha fatto – e più che dignitosamente – il suo mestiere. Il governo, non c’è motivo di dubitarne, darà seguito agli indirizzi parlamentari. C’è da augurarsi che le forze politiche si rendano pienamente conto dell’impegno che hanno assunto approvando il documento conclusivo delle commissioni e si comportino anch’esse, quando arriverà il loro turno, di conseguenza”.