Skip to main content

Così l’Europa può aiutare la Tunisia. Il report Ecfr

La Tunisia è sull’orlo del baratro. Il processo di democratizzazione è arenato, il progresso economico post-rivoluzione non è mai nemmeno iniziato. Ecco come l’Ue può aiutare Tunisi secondo il policy report dell’Ecfr firmato da Magerisi

L’agenzia di rating Ftitch ha rivisto al ribasso le sue valutazioni sulla Tunisia, portando la valutazione da B a B- con outlook negativo (seguendo una decisione già presa da Moody’s). È un altro segnale negativo su Tunisi, che in questo decennio è passata da esempio positivo delle Primavere arabe a Paese in grande difficoltà. Il processo di democratizzazione si è arenato, le istituzioni sono deboli, l’economia lenta — gravata anche dal peso della diffusione della variante Delta del SarsCov-2 che renderà complicata la stagione turistica.

C’è in ballo un prestito importante (da 4 miliardi di dollari) da parte del Fondo monetario internazionale, ma la struttura guidata da Kristalina Georgieva vincola il pacchetto di aiuti alla realizzazione di importanti riforme. Per farle, i politici tunisini dovrebbero accettare diversi compromessi, e soprattutto trovare il modo per accompagnare la fase di austerità che inizialmente si collegherà a esse. Con una consapevolezza: le riforme democratiche in Tunisia sono ad un punto morto, e la fase di progresso economico post-rivoluzione non è mai nemmeno iniziata, come spiega in un policy paper dell’Ecfr preparato da Tarek Megerisi, Senior Policy Fellow del Programma MENA.

Lo studio di Megerisi è rivolto all’Ue, le cui policy sulla Tunisia sono anch’esse “allo stallo”, quando invece l’Europa potrebbe “assistere i leader tunisini attraverso nuovi investimenti, rilanciando così il processo di transizione democratica”. Ruolo che potrebbe essere giocato anche attraverso la spinta di alcuni Stati membri. Per esempio l’Italia. Come dimostrato nella recente visita del presidente Kais Saied a Roma, la Tunisia confida molto nel rapporto con la Penisola da cui è divisa dalla striscia di mare dello Stretto di Sicilia. Allo stesso tempo, la stabilità tunisina è un’indiscutibile necessità per l’interesse nazionale italiano per almeno tre ragioni: l’approfondimento della sfera d’influenza nell’estero vicino quale è la sponda nordafricana del Mediterraneo (e dunque rapporti economici, commerciali, culturali, politici); il controllo delle rotte migratorie; le questioni securitarie connesse alle dinamiche terroristiche e a quelle regionali, col dossier tunisino che non è completamente scindibile da quello libico o dal destino egiziano, marocchino e algerino.

Il successo che un aumento delle relazioni tra Tunisi e Bruxelles può portarsi dietro, “potrebbe fornire un modello per le riforme politiche ed economiche anche altrove in Nord Africa”, spiega Megerisi. Questo “sarebbe nell’interesse dell’Ue sulla via del perseguimento di un’autonomia strategica nei confronti della crescente influenza delle altre potenze nella regione”: una visione che allarga l’ottica di certe attività dell’Ue al fascicolo d’ordine superiore, il confronto tra potenze (Usa, Ue, Cina, Russia) che si muove anche lungo il territorio africano. Per l’Europa dunque, prevenire un collasso economico del paese e iniettare nuova linfa nel processo di democratizzazione tunisina è allo stesso tempo un’opportunità quanto una necessità.

Nonostante il carattere disfunzionale della politica tunisina, la minaccia di un tracollo economico ha dato al primo ministro Hisham al-Mashishi l’opportunità di costruire una coalizione in grado di assicurare il tanto necessario accordo con il Fmi. Ma il governo tunisino avrà bisogno di assistenza per trasformare quel sostegno “in un motore di crescita economica capace di fare da contraltare all’austerità imposta dal Fondo”, spiega l’Ecfr. È qui che l’Europa può assistere Tunisi tramite “sovvenzioni, assistenza tecnica e accordi commerciali mirati a stimolare una crescita reale, aiutando lo Stato tunisino a fornire sostegno a coloro che saranno colpiti più duramente dai tagli economici previsti”.

Secondo la policy suggerita da Megerisi, con il contributo degli europei Mashishi potrebbe coinvolgere nello sforzo di riforma i propri principali rivali politici, come il presidente Saied, facendo pressione sul Parlamento affinché porti a termine il processo di democratizzazione della Tunisia. Sulla base delle recenti comunicazioni congiunte dell’Ue e su una nuova agenda per il Vicinato meridionale, Bruxelles e i principali Stati membri “possono contribuire a far uscire la Tunisia dal baratro, a costruire un partenariato più privilegiato con Tunisi in molteplici settori, e a creare un precedente costruttivo per il Maghreb e per il Vicinato meridionale allargato”.



×

Iscriviti alla newsletter