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Un Angelus straordinario. Riccardo Cristiano legge Francesco

La preghiera del Pontefice dal policlinico Gemelli, in tempo di pandemia, oggi di certo non ha parlato solo ai credenti. Ha ricordato alcuni nodi nevralgici dell’oggi e del domani che oggi costruiamo con le nostre scelte

Non è stato un Angelus qualsiasi quello di oggi. In un tempo di pandemia, la recita dell’Angelus dal policlinico Gemelli da parte di un Papa ricoverato e malato ha riguardato direttamente tutti noi, cittadini italiani e cittadini di questo tempo pandemico.

La prima sfida di questo tempo infatti riguarda tutta la collettività e il diritto alla salute nel nostro Paese e nel mondo. Infatti il Papa ha potuto dire con più solennità proprio perché affacciato da un ospedale: “In questi giorni di ricovero in ospedale, ho sperimentato ancora una volta quanto sia importante un buon servizio sanitario, accessibile a tutti, come c’è in Italia e in altri Paesi. Un servizio sanitario gratuito che assicuri un buon servizio accessibile a tutti. Non bisogna perdere questo bene prezioso. Bisogna mantenerlo! E per questo occorre impegnarsi tutti, perché serve a tutti e chiede il contributo di tutti. Anche nella Chiesa succede a volte che qualche istituzione sanitaria, per una non buona gestione, non va bene economicamente, e il primo pensiero che ci viene è venderla. Ma la tua vocazione è in Chiesa: non è avere dei quattrini, è fare il servizio, e il servizio sempre è gratuito. Non dimenticatevi: salvare le istituzioni gratuite”.

Il valore della sanità pubblica, il valore di un servizio sanitario di qualità e per tutti, è qui dunque il cuore del messaggio del papa ricoverato. È implicita la richiesta, ancora non soddisfatta, di una distribuzione del vaccino anti-Covid anche fuori dai Paesi che possono pagarlo. Una richiesta che il Papa indirettamente ha rinnovato nella parte più spirituale del suo discorso, quando ha ricordato che nel Vangelo odierno si narra la vicinanza dei discepoli ai malati, che ungevano e così li guarivano: “Tutti noi, tutti abbiamo bisogno prima o poi di questa ‘unzione’ della vicinanza e della tenerezza, e tutti possiamo donarla a qualcun altro, con una visita, una telefonata, una mano tesa a chi ha bisogno di aiuto. Ricordiamo che, nel protocollo del Giudizio Finale, una delle cose che ci domanderanno sarà la vicinanza agli ammalati”.

Guardando alle condizioni di molti cittadini dei Paesi poveri questa mano tesa diciamo “vaccinale” non si vede. Ma il Papa malato non si è fermato qui, ha guardato vicino al suo letto d’ospedale quelli vicini dove vengono curati alcuni bambini: “Perché soffrono i bambini? Perché soffrono i bambini è una domanda che tocca il cuore”. Questo oggi dovrebbe toccarci inducendoci a pensare anche ad alcuni conflitti, come quello siriano e yemenita ma anche a tanti altri, che hanno distrutto il diritto all’infanzia di intere generazioni di bambini in questi come in alcuni altri Paesi.

La preghiera del Papa, malato nel tempo della pandemia, oggi di certo non ha parlato solo ai credenti, ma anche a loro ha ricordato alcuni nodi nevralgici dell’oggi e del domani che oggi costruiamo con le nostre scelte.

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