Le nostre abitudini di fruizione mediatica sono merce molto appetitosa per le società di telecomunicazione che per accaparrarsele ricorrono spesso a sistemi che violano la nostra privacy.
Ogni giorno siamo bombardati da quella viene chiamata “targeted advertising”, ovvero pubblicità comportamentale, in nome della quale le società ci spiano, analizzano il nostro comportamento e ci offrono in cambio pubblicità mirate.
È quello che tentava di fare in Italia una società di telecomunicazioni basata sul monitoraggio della navigazione Internet degli utenti prima dell’intervento del Garante per la protezione dei dati personali che non ha ritenuto lecita la nuova modalità di profilazione dei propri clienti proposta dalla società.
La richiesta (rifiutata) della società
La società fornitrice del servizio di connessione chiedeva di poter analizzare il comportamento on line dei navigatori, senza aver acquisito il loro consenso, al fine di proporre pubblicità ad hoc.
Secondo la compagnia era possibile procedere a tale trattamento in quanto i dati personali dei singoli utenti, prima di essere utilizzati venivano resi anonimi e solo in seguito analizzati.
Ma dai riscontri del Garante, che ha vietato l’attivazione del progetto, è emerso che il processo che avrebbe dovuto celare l’identità del cliente era in realtà reversibile, tanto che i servizi di profilazione svolti dalla società telefonica avrebbero potuto consentire di proporre all’utente offerte calibrate sulla sua attività on line.
Così come presentato, il progetto potrebbe effettuarsi solo con la preventiva acquisizione dello specifico consenso degli utenti e, comunque, sempre previa verifica preliminare da parte del Garante sul rispetto dei principi di necessità, proporzionalità e correttezza del trattamento dati.
La richiesta accolta, a patto che…
Fallito questo tentativo alla telco restava quello di poter monitorare – per finalità commerciali, pubblicitarie e di customer care – l’attività degli abbonati ai servizi di Tv interattiva.
La stessa aveva sottoposto al Garante quest’altra verifica preliminare dove proponeva in particolare di analizzare, una volta richiesto il loro consenso, i dati trasmessi sul cosiddetto “canale di ritorno”, ovvero la connessione che consente all’utente di interagire con la piattaforma Tv per accedere a programmi, scrivere messaggi o commenti, configurare specifiche funzionalità e servizi.
In questo secondo caso il Garante ha approvato il progetto. Sempre a patto che la società adotti precise misure a tutela della privacy delle persone interessate.
Un esempio? “L’analisi dei dati non potrà scendere a livelli di dettaglio eccessivi, ma dovrà limitarsi a creare gruppi di profilazione basati su macrocategorie di consumo (ad es. film d’azione, commedie…) e con un periodo di analisi non inferiore alla settimana. I dati sensibili – come i gusti sessuali o gli orientamenti politici del cliente – potranno essere usati solo se strettamente connessi a uno specifico bene o prodotto richiesto dall’utente e comunque solo dopo aver ottenuto il consenso scritto dell’interessato e la specifica autorizzazione dell’Autorità”, si legge in una nota del Garante.