Turchia in paranoia, tra voci di focolai dolosi appiccati da piromani internazionali e decisioni sui generis di Erdogan. Addirittura il quotidiano Sözcü ha affermato che gli incendi sono stati causati da pini piantati dagli americani…
Quasi 200 roghi in una settimana stanno interessando la Turchia, la cui governance in parte ha reagito con la pancia, tra voci di focolai dolosi appiccati da piromani internazionali e decisioni sui generis di Erdogan. Per la prima volta non ha fatto intervenire i militari in soccorso ai pompieri per timore di un’avanzata sui territori. Addirittura il quotidiano Sözcü ha affermato che gli incendi sono stati causati da pini piantati dagli americani come parte del Piano Marshall per intrappolare la Turchia. L’accusa strampalata è poi diventata virale sui social, mentre gli esperti parlano dell’estrema ondata di caldo che colpisce la parte meridionale del Paese mescolata ai cambiamenti climatici.
DISINFORMATIA
La disinformazione sta giocando un ruolo primario. I media filo-governativi non hanno usato il metro della prudenza e hanno dato spazio a queste tesi. Sul Sabah è stato scritto che la Turchia sospetta che gli incendi possano essere collegati all’azione dolosa del gruppo terroristico PKK.
Le accuse si basavano su vari post sui social media, tra cui un tweet di un gruppo chiamato “fire children” (ateşin çocukları) e un video in cui un uomo mascherato leggeva una dichiarazione in cui affermava che si vendicheranno delle operazioni militari contro il PKK “incendiando città, case, imprese e automobili fasciste”. Invano il sito d’inchiesta teyit.org ha smentito le accuse, rivelando che il video è di due anni fa.
La rete TRT, mentre l’incendio ad Antalya era ancora in fiamme, ha pubblicato un articolo in cui affermava che l’incendio era stato domato con successo. Di conseguenza, il giorno successivo, una folla inferocita ha attaccato la troupe del canale e picchiato uno dei giornalisti. Inoltre gruppi armati hanno istituito posti di blocco in varie parti della provincia di Antalya, con altre voci di accusa contro il PKK, secondo quanto riportato dallo Stockholm Freedom Center, citando i media turchi.
Gli accademici che hanno tentato di spiegare il nesso scientifico tra fuoco, riscaldamento globale e temperature record, sono stati accusati sui social di voler scagionare i piromani, come i militanti del PKK.
DUBBI
Il governo è finito nell’occhio del ciclone per aver reagito con ritardo, come sostenuto da membri del Partito Repubblicano Popolare (CHP), mentre l’incendio boschivo divampato nella zona di Milas, nel sud della Turchia, si è propagato all’interno della centrale termica. Fino ad oggi il bilancio parla di otto morti e migliaia di sfollati.
Dubbi sullo stato delle cose sono stati espressi da Barış Yarkadaş, giornalista ed ex membro del Partito popolare repubblicano (CHP), secondo cui i militari turchi sono sempre corsi in aiuto della nazione, durante terremoti, inondazioni o altri disastri naturali. Stavolta, ha scritto, AKP e MHP non consentono ai soldati di lasciare le caserme, perché temono il prestigio aggiuntivo che le forze armate turche guadagneranno se scenderanno sul campo. “Truppe dall’Azerbaigian sono venute a spegnere gli incendi, mentre i soldati turchi osservavano impotenti le foreste in fiamme”.
L’ex sindaco di Ankara Melik Gokcek ha pubblicato un video su Twitter con l’immagine di un drone che dà fuoco a un’area forestale, in seguito cancellato dopo che la polizia ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava che il video era tratto da un film fantasy.
PARANOIA
Addirittura alcuni militari stano facendo circolare la voce che il PKK stia collaborando con la Grecia per appiccare gli incendi in Turchia, proprio mentre la stessa Grecia è alle prese con altri gravissimi roghi a Evia, Varivombi e perfino alle porte del sito archeologico di Olimpia. “Anche la Grecia, – ha scritto il TRT – dove sono stati addestrati alcuni terroristi del PKK, ha avuto la sua parte negli incendi deliberati del PKK, poiché il gruppo ha dato fuoco alle foreste che attirano turisti turchi, secondo un rapporto trapelato dall’intelligence turca”.
Tra le varie tesi, spicca quella di Hilal Kaplan, giornalista turca nominata il mese scorso nel consiglio di amministrazione dell’emittente statale TRT, secondo cui gli incendi potrebbero essere usati come pretesto per un tentativo di colpo di stato militare. Sul quotidiano Sabah Pelikancı ha scritto: “Quando ho scritto della possibilità di un colpo di stato quattro mesi prima del 15 luglio 2016, usono stata accusata di paranoia. Ma c’è uno strano movimento, sta a me dirlo…” E ha concluso scrivendo: “Siamo pronti”.
Di contro Erdoğan è stato attaccato sui social media dopo che aveva lanciato bustine di tè a folle di persone mentre visitava una delle regioni colpite. E mentre il fuoco avvolgeva il paese il governo inviava altri aerei nel nord dell’Iraq per colpire 40 obiettivi del PKK.
SCENARI
Rappresenta un’oggettività il fatto che il rimescolamento dei rapporti e delle mutevoli alleanze a cavallo tra Mediterraneo e Medio Oriente stia provocando alcune reazioni diplomatiche tra super players. Potenze regionali come l’Arabia Saudita, l’Iran, la Turchia e l’Egitto stanno ricalibrando le loro strategie esterne, ripristinando relazioni da un lato in ottica di temi ampiamente divisivi e dall’altro di ambizioni esterne di Usa, Russia e Cina. Per cui l’iper sensibilità di Ankara ad ogni sussulto, unita al calo di popolarità accusato da Erdogan, si è mescolata in questo caso alle forti tensioni che esistono nel paese tra governo, militari e opposizioni, con le teorie del complotto in costante crescita. Il tutto foraggiato dalla mancanza di media affidabili e indipendenti. Come nell’estate del 2016.
@FDepalo