Il passato insegna. Mattarella è più giovane di quanto non fosse allora Napolitano. Potrebbe rendersi disponibile da subito a un nuovo mandato. Se invece conferma la sua indisponibilità, Mario Draghi da Palazzo Chigi vuole trasferirsi al Quirinale? Con quale vantaggio per il Paese? Marta Cartabia vuole lasciare via Arenula per il Colle? Queste incertezze certamente fanno scivolare il governo dei migliori verso la politica peggiore
Giorgio Napolitano sciolse le Camere poco prima della scadenza del suo “semestre bianco”. Anche per evitarsi di avere le “mani legate”. Anche per verificare se l’esperienza del governo Monti avesse potuto introdurre novità stabili nel quadro politico. Il premier voluto da Napolitano si inventò capo partito. Uno dei ministri più autorevoli del suo governo, Corrado Passera, evitò di candidarsi, rinviando la sua avventura politica nel 2014.
Due fallimenti. Scelta Civica e Italia Unica, svanirono come i loro leader. Ciascuno dei due protagonisti tornò a fare il proprio mestiere. Monti, in più si era assicurato il paracadute di “senatore a vita”. All’inizio del semestre bianco di Sergio Mattarella sembra di vedere alcune scene dello stesso film di allora.
Un presidente della Repubblica che ha guidato la crisi politica chiamando a Palazzo Chigi un uomo estraneo all’establishment dei partiti (allora Monti, oggi Draghi); quello stesso presidente si avvicina alla scadenza del suo mandato in una condizione di litigiosità politica placata solo dalla consapevolezza di essere tutti in una maggioranza forzata, fuori della quale c’è spazio solo per una opposizione di bandiera (redditizia in termini di consensi possibili, ma ininfluente); un presidente del consiglio tentato da altre avventure (il Quirinale è da sempre l’obiettivo non dichiarato, ma da tutti i commentatori indicato); un ministro influente (Passera allora, oggi Cartabia) a sua volta caricato di aspettative ulteriori (a entrambi il ministero pur importante sembra andare stretto).
Un groviglio politico prima che istituzionale che rischia di strozzare la narrazione delle magnifiche sorti e progressive della nuova Italia di Draghi, degli Europei di calcio e di Marcell Jacobs. Il Pil cresce, per fortuna. Basta questo per suggerire di non aprire crisi politiche? Durante il semestre bianco, come ha ricordato il quirinalista del Corriere, Marzio Breda, “Mattarella avrà davanti a sé sei mesi nei quali si troverà le mani legate. Mentre i partiti si sentiranno più liberi di giocare duro e magari di contrapporsi fra loro con calcoli spericolati, specie le forze politiche che sostengono il governo Draghi”.
Il film del 2013 abbiamo visto come è finito. Male. La retorica del governo Monti lasciò il posto a un Paese spaccato, incapace di darsi un governo, dopo le elezioni che videro per la prima volta le esercitazioni politiche in streaming. Non fu un bello spettacolo, non solo per Bersani. Anche il Napolitano bis dovette arrendersi alla crisi strisciante che finì per travolgere il Pd, prima e dopo l’avventura di Matteo Renzi.
Quel film rischia di tornare di attualità. Ma il passato dovrebbe insegnarci che cosa può essere il futuro. Mattarella è più giovane di quanto non fosse allora Napolitano. Potrebbe rendersi disponibile da subito a un nuovo mandato, per stabilizzare almeno una delle caselle che possono destabilizzare il quadro politico. Se invece conferma quanto ha dichiarato qualche settimana fa – cioè la sua indisponibilità – sarebbe utile che gli altri legittimi pretendenti giocassero con un po’ più di trasparenza. Mario Draghi da Palazzo Chigi vuole trasferirsi al Quirinale? Con quale vantaggio per il Paese? Marta Cartabia vuole lasciare via Arenula per il Colle?
Queste incertezze certamente fanno scivolare il governo dei migliori verso la politica peggiore. La riforma della Giustizia rischia di essere l’antipasto di una serie di provvedimenti governativi insipidi se non perniciosi. Sul tavolo non c’è solo il Pnrr, ma un elenco di riforme che avrebbero bisogno di avere un quadro istituzionale forte e due giocatori sicuri nei due ruoli centrali della vita politica. Non basta dire che non si vota in anticipo per rinnovare il Parlamento, per difendere la democrazia italiana. Occorrono uomini e donne che interpretino il loro ruolo fino in fondo, senza farsi irretire da giochi pericolosi. Come quelli avviati nel 2013 e 2014 da Monti e da Passera. E da Napolitano.