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AAA cercasi candidati a sindaco. Una vera impresa per le prossime comunali

Per questa tornata elettorale trovare aspiranti per il ruolo di primo cittadino è stata una vera e propria “missione impossibile” e la caccia è proseguita per mesi e per alcuni comuni continua ancora e si brancola nel buio a causa delle mancate intese sui nomi, dei veti incrociati tra partiti, che hanno indotto alla rinuncia e messo fuori gioco i possibili candidati più presentabili. Il commento di Riccardo Pedrizzi

Si è finalmente chiusa la difficile, concitata e lunga ricerca dei candidati a sindaco nelle grandi e nelle piccole città. Ma è stata una vera e propria impresa come quella del Santo Graal. Il Santo Graal, secondo la tradizione cattolica, era la coppa con la quale Gesù Cristo celebrò l’ultima cena e nella quale fu raccolto il suo sangue da Giuseppe d’Arimatea dopo la crocifissione. Durante il Medio evo divenne simbolo di saggezza, di tesori spirituali e di grazie, per cui molti cavalieri cristiani si misero alla sua ricerca e si impegnarono a trovare questo simbolo – anche esoterico – per raggiungere santità e perfezione. In pratica dedicarono la propria vita “a fare l’impresa”.

Scherzi a parte oggi è diventata una vera e propria “impresa” trovare un candidato a sindaco da parte dei partiti politici.

È stata per questa tornata elettorale una vera e propria “missione impossibile” e la caccia è proseguita per mesi e per alcuni comuni continua ancora e si brancola nel buio a causa delle mancate intese sui nomi, dei veti incrociati tra partiti, che hanno indotto alla rinuncia e messo fuori gioco i possibili candidati più presentabili.

Ma perché per fare il sindaco in Italia è diventata una missione impossibile? Se lo sono chiesto in questi ultimi mesi politici, commentatori, sociologi e politologi, individuando alcune cause: innanzitutto i limitati poteri dei primi cittadini, che non incidono sulla vita della propria comunità; poi le innumerevoli ed eccessive responsabilità a cui è esposto ogni sindaco; infine si tratta di un’occupazione a tempo pieno, per giunta sottopagato, che scoraggia manager, alti dirigenti e professionisti di valore e con un buon reddito. Peraltro anche nell’ipotesi in cui si trovasse qualcuno disposto per mero spirito di servizio a sacrificarsi per la propria comunità, costui troverebbe ostacoli insormontabili da parte dei capibastone di turno preoccupati solo di garantirsi la propria sopravvivenza politica.

A questi fattori obiettivi ed ineludibili si aggiunga la crisi, il declino della politica, il crollo della sua credibilità e della sua affidabilità dopo la scomparsa dei partiti, delle scuole di formazione, di dirigenti che abbiano seguito un cursus honorum adeguato. Per cui anche se gli attuali capi dei partiti sostengono di aver una nuova classe dirigente, sembra proprio che a livello locale nei loro ranghi uomini e donne politiche di rilievo non ne esistano con un radicamento cittadino forte, con un curriculum rispettabile, con una rete di conoscenze che travalichi ambiti settoriali e professionali.

A seguito di questa vera e propria decadenza, soprattutto della cultura politica, si è imposto il modello delle candidature della cosiddetta società civile. Ma sono proprio queste, dopo la stagione della Seconda repubblica, che all’inizio aveva visto l’ingresso in politica di grandi professionisti, generali delle varie armi, manager di grande aziende, docenti universitari di prestigiose università, ecc. ecc., che mancano a causa dei fattori che elencavo all’inizio. “Chi me lo fa fare” se guadagno poco, se sono impegnatissimo a tempo pieno, che mi costringe a lasciare una professione gratificante sotto ogni punto di vista, se la carica non mi consente di contribuire al benessere della mia gente, ma mi espone spesso a denunce e avvisi di garanzia e, nello stesso tempo, non ho più il prestigio del passato, sono nel mirino della gente più insoddisfatta e spesso più incompetente… e tanto altro. Basta leggere la lettera-appello che il presidente dell’Anci (l’associazione che raccoglie tutti i sindaci d’Italia), Antonio Decaro, primo cittadino di Bari, ha indirizzato a tutti i non candidati per vedere elencati tutte le ragioni del fenomeno del rifiuto a candidarsi: “Perché vi hanno detto che ogni firma che metterete in calce a un provvedimento è un potenziale avviso di garanzia – scrive ai non candidati – e che se un ospedale non funziona, se aumentano gli scippi, se la gente getta i rifiuti per strada, se piove, se fa troppo caldo, se la squadra cittadina retrocede è sempre e solo colpa del sindaco”.

In questa atmosfera, su questo panorama, in questo scenario da avanspettacolo di teatro di periferia si presentano attori improvvisati e privi di adeguati profili professionali, che normalmente nella gerarchia sociale ricoprono i livelli più bassi, politici di ritorno che non sanno fare altro nella vita, semi analfabeti, persone che pensano di dare una svolta alla propria vita, a quella della propria famiglia e del proprio lavoro con qualche affaruccio proprio facendo l’amministratore pubblico.

Ed allora bisognerebbe da parte dei partiti politici, nella ricerca dei possibili candidati a sindaco, incominciare a valutare chi ha velleità di presentarsi alle elezioni innanzitutto sotto il profilo della moralità e dell’eticità.

Poi bisognerebbe pretendere di presentare all’elettorato il proprio curriculum vitae e professionale: quali scuole ha frequentato, quale sia il suo livello culturale, se almeno sappia scrivere e “parlare correttamente l’italiano e in grado di “far di conto” come diceva il mio amico Salvatore Valitutti, che fu il più giovane provveditore d’Italia e poi ministro della Pubblica Istruzione.

Esami di questo tipo però non si possono fare alla vigilia di campagne elettorali, ma nel giro di anni nel corso dei quali ci si dovrebbe impegnare a creare una platea di possibile classe dirigente pronta poi ad assumere posizioni di responsabilità nelle amministrazioni delle grandi, medie e anche nelle piccole città.

Ma senza scuole di partito (che non esistono più e dai quali partiti, e persino dalle cariche istituzionali, c’è la fuga, per ricoprire incarichi meglio retribuiti e più gratificanti sotto l’aspetto professionale, vedi i casi di Maurizio Martina che ha preferito la posizione di vice direttore della Fao o di Marco Minniti ex ministro che rinuncia a fare il parlamentare per ricoprire la carica di presidente della Fondazione Leonardo ex Finmeccanica e ce ne sono tanti altri) senza centri di formazione dove e quando ciò sarà possibile?

E si arriva a un vero e proprio cortocircuito: senza più fiducia nei partiti si cerca nella cosiddetta società civile ma dalla società civile non emergono più personaggi rappresentativi e allora si autocandidano, anche facendo risultare con trucchi e mezzucci “che tanti cittadini me lo hanno richiesto” le mezze figure di cui sopra che spesso poi l’elettorato è costretto ad ingoiare solo per spirito di appartenenza a uno schieramento politico.

Dunque siamo veramente messi male, ma io ho grande fiducia nella maturità dell’elettorato, per cui non perdo le speranze in una rigenerazione della politica, che primo o poi arriverà nell’interesse del bene comune e dell’Italia.


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