Skip to main content

Putin alla catalana. Nuovi indizi sull’ingerenza russa nel movimento separatista

Mentre è ancora fresca la notizia dell’espulsione della storica corrispondente dell’emittente britannica Bbc a Mosca, Sarah Rainsford, il giornalista di inchiesta del New York Times, Michael Schwirtz, pubblica un reportage sull’influenza russa in Catalogna come elemento di destabilizzazione politica. Tutti i dettagli

Un filo rosso lega, da tempo, Catalogna e Mosca. Ma oggi sono spuntati nuovi indizi sui rapporti tra l’ex presidente catalano, Carles Puigdemont, ricercato dalla giustizia spagnola, con funzionari del governo e membri dell’intelligence della Russia.

Mentre è ancora fresca la notizia dell’espulsione della storica corrispondente dell’emittente britannica Bbc a Mosca, Sarah Rainsford (qui l’articolo di Formiche.net), il giornalista di inchiesta del New York Times, Michael Schwirtz, pubblica un reportage sull’influenza russa in Catalogna come elemento di destabilizzazione politica.

La storia comincia nella primavera del 2019, quando un emissario del movimento separatista catalano viaggia a Mosca “alla ricerca di un salvagente politico”. Gli indipendentisti erano già stati sconfitti dopo il tentativo di referendum del 2017 e l’Unione europea e gli Stati Uniti erano schierati a favore di Madrid e l’unione della Spagna.

In quello scenario una porta si apriva e portava in Russia. “A Mosca, l’emissario Josep Lluis Alay, consigliere dell’ex presidente in auto-esilio Carles Puigdemont, incontrava funzionari russi, ex agenti dell’intelligence e il nipote di uno spia della Kgb, un uomo con molti contatti – si legge -. La missione era garantire l’aiuto russo per riuscire nella separazione della Catalogna dal resto della Spagna, secondo un report dell’intelligence europea visionato dal Nyt”.

Alay e Puigdemont hanno confermato i viaggi a Mosca come “uno sforzo normale di rapporto con funzionari stranieri e giornalisti. Tuttavia, per la Russia, il contatto con i separatisti catalani era in linea con la strategia di Putin di promuovere alterazioni in Occidente e sostenere movimenti politici divisivi.

E si fa un passo indietro in altri casi europei. “In Italia – aggiunge il quotidiano americano -, registrazioni segrete di audio svelarono un complotto russo per finanziare di nascosto la Lega, un partito di estrema destra. Nel Regno Unito, un’inchiesta del Times divulgò conversazioni tra figure marginali dell’estrema destra per aprire conti bancari a Mosca. E in Spagna, i russi hanno anche offerto assistenza a partiti di estrema destra, secondo report dell’intelligence”.

Sul caso catalano non ci sono certezze su quale tipo, o se sia stato effettivamente fornito, l’aiuto da parte del Cremlino ai separatisti. I documenti dell’intelligence europea, datati giugno del 2020, sostengono che Alay, insieme ad un imprenditore russo chiamato Alexander Dmitrenko, cercò assistenza tecnica e finanziaria in Russia per creare un settore bancario, energetico e di telecomunicazioni separato dalla Spagna. Sarebbe stato contattato, insieme all’avvocato di Puigdemont, Gonzalo Boye, un noto criminale russo.

Successivamente ai viaggi di Alay a Mosca nel 2019 è nato il movimento di protesta Tsunami Democràtic, che è riuscito a bloccare le operazioni dell’aeroporto di Barcellona e un’importante autostrada che collega la Spagna con il nord dell’Europa. Un report della Guardia Civile spagnola, verificato dal Nyt, sostiene che Alay – con i suoi contatti con la Russia – è coinvolto nella formazione di questo rivoltoso gruppo.



×

Iscriviti alla newsletter