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Così gli Usa si rialzeranno da Kabul. Parla Kroenig (Atlantic Council)

Intervista a Matthew Kroenig, vicedirettore dello Scowcroft Center all’Atlantic Council di Washington DC e analista di sicurezza. Il ritiro da Kabul un errore, costerà tanto agli Stati Uniti di Biden. La Cina farà affari con i talebani, l’Iran sorride meno. Ue? L’autonomia strategica è una strada pericolosa

Inutile girarci intorno: il ritiro dall’Afghanistan porta nuovi guai agli Stati Uniti di Joe Biden. E non è detto che il risparmio di forze e soldi spesi in Medio Oriente sia sufficiente a riequilibrare la bilancia, dice a Formiche.net Matthew Kroenig, vicedirettore dello Scowcroft Center dell’Atlantic Council, analista con un lungo trascorso nella sicurezza nazionale americana, “ma ci rialzeremo anche questa volta”.

Per gli Stati Uniti è stato davvero un disastro strategico?

Partiamo da due premesse. È stato un errore ritirarsi adesso? Sì. Si potevano tenere sul campo 2000 truppe americane e 600 della Nato. Non avrebbero sconfitto i talebani, ma avrebbero aiutato il governo a controllare Kabul e il resto del Paese. La preparazione del ritiro è stata sbagliata: non sono stati consultati gli alleati Nato, è mancato un piano di evacuazione. Gli attacchi Isis, gli afgani aggrappati agli aerei e le madri che passano i bambini dal filo spinato. Si poteva evitare tutto questo.

Quanto pesa il contraccolpo?

C’è un danno inevitabile alla credibilità degli Stati Uniti. I nostri nemici stanno brindando alla sconfitta americana, gli alleati si chiedono se gli Stati Uniti tengano fede ai loro impegni. C’è una crescente richiesta di autonomia strategica in Ue e una coltre di dubbi sul futuro dell’Afghanistan. Intendiamoci, questo Paese era tutto fuorché una democrazia funzionante, ma almeno i diritti umani erano rispettati. Adesso diventerà un santuario del terrorismo. E il vuoto della Nato sarà riempito dai cinesi.

Danno irreparabile?

Ci sono ragioni per restare ottimisti, ci riprenderemo. Lo abbiamo fatto in passato a Suez, in Vietnam, in Iraq. È un duro colpo, ma temporaneo.

L’Afghanistan ai Talebani non è un problema per la Cina?

Sì, questo era parte del piano di Biden: concentrare le forze stanziate in Medio Oriente in Asia e in Europa orientale. Il beneficio però sarà minore del previsto. 

Perché?

In Afghanistan erano rimaste solo 2500 truppe americane, la Cina è un Paese da un miliardo e mezzo di abitanti. Né il risparmio economico sarà così vantaggioso. Certo, smetteremo di dare miliardi di dollari in pasto a ufficiali corrotti. Ma gli Stati Uniti devono ancora sostenere le loro truppe, in Afghanistan o in Texas cambia poco, e continuare le operazioni di anti-terrorismo nella regione. Non avrai uomini in Afghanistan, ma sei costretto a sorvolarlo con droni e probabilmente a inviare una portaerei in Medio Oriente.

Tempo di ridisegnare le alleanze nella regione?

Gli Stati Uniti hanno un buon numero di partner per la sicurezza in Medio Oriente. Abbiamo basi in Bahrain, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Arabia Saudita, Giordania e Israele. Ma dal caos afgano saranno soprattutto i nostri avversari a trarre vantaggio, Pakistan, Cina, Russia.

Anche l’Iran?

Per loro il bilancio è incerto. Gli iraniani temono un’ondata di rifugiati e un picco di attività terroristica. Lo stesso vale per i cinesi, che infatti sono in continuo contatto con gli americani per contrastare la nascita di nuove cellule nell’area ed evitare un ritorno all’export di terrorismo.

L’Ue intanto parla di autonomia. È utopia?

Non è chiaro cosa intenda l’Ue per autonomia strategica. Se vogliono imboccare una terza via e proporsi come alternativi a Cina e Stati Uniti commettono un errore. Se invece vogliono aumentare le capacità dell’Ue nel settore difesa e in politica estera, è uno sforzo ben accolto anche da Washington, che da tempo chiede un maggiore contributo europeo alla Nato. Allungare le distanze è rischioso: abbiamo troppi interessi in comune, dall’economia alle preoccupazioni per l’aggressività di Russia e Cina.

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