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Pressing tedesco e scuola Fed. La svolta soft della Bce

Francoforte è pronta a un primo rallentamento dell’acquisto di titoli pubblici ma senza ricorrere al tapering, come la sua omologa americana. Germania, Austria e Olanda vorrebbero di più, mentre gli esperti di Generali avvisano: molte banche centrali pronte a seguire l’esempio della Fed

Non una sterzata violenta, ma una leggera curva. La Banca centrale europea si prepara ad aprire formalmente la stagione del ripiegamento degli stimoli monetari. Attenzione, la Fed e il tapering (la riduzione degli acquisti di debito pubblico con annesso ritocco dei tassi) sono lontani anni luce, il governatore Jerome Powell viaggia a velocità molto più sostenuta rispetto a Francoforte. Però a poche ore dalla riunione del Consiglio direttivo della Bce, è lecito aspettarsi una qualche forma di virata.

VIRATA IN VISTA

Verosimilmente un rallentamento degli acquisti pandemici, meglio conosciuti come programma Pepp. D’altronde, ai piani alti dell’Eurotower sono abbastanza convinti del fatto che la ripresa sia solida, la variante Delta abbia sì colpito, ma non troppo duramente, e le vaccinazioni proseguono a buon ritmo anche se presto urteranno il muro dei no-vax più rigidi. In altre parole, non sembra avere ancora molto senso continuare ad acquistare titoli a un ritmo accelerato.  Detto questo appare molto difficile arrivare a un vero e proprio tapering, in stile Fed, vale a dire un azzeramento dei programmi di acquisto dei titoli. Sarebbe, e di questo il presidente della Bce, Christine Lagarde è più che convinta, troppo prematuro e ovviamente guai a toccare i tassi, ovvero il costo del denaro, almeno per ora. Nessuno strappo insomma, anche se qualcuno forse lo vorrebbe.

IL PRESSING DEL NORD

Per la precisione Germania, Olanda e Austria, già esplicitamente sul fronte degli impazienti che chiederanno un’uscita anticipata dalle misure emergenziali della Bce, a cominciare dal famoso Pepp, il programma di acquisti di titoli straordinario varato durante la pandemia e che vale 1850 miliardi di euro. E la cui scadenza è fissata a marzo, ma a fronte di un inflazione che in Germania è ai massimi da quasi trent’anni e nell’eurozona è schizzata al 3% in agosto, Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, ha già chiesto una graduale riduzione degli acquisti, affiancato dal collega olandese Klaas Knot e da quello austriaco, Robert Holzmann.

SIRENE AUSTRIACHE

Lo stesso numero uno della Banca centrale austriaca, ha rincarato la dose, paventando una stretta monetaria più repentina e in anticipo rispetto alla scadenza naturale del Pepp. “C’è la possibilità che saremo in grado di normalizzare la politica monetaria prima di quanto la maggior parte degli esperti del mercato finanziario si aspetti. Vedo potenziali pressioni al rialzo dei prezzi provenienti da persistenti strozzature dell’offerta globale, crescenti carenze di manodopera in diversi settori, domanda repressa e maggiori risparmi che innescano una spesa più robusta, effetti sui costi derivanti dall’effettiva attuazione delle politiche sul cambiamento climatico e, ultimo ma non meno importante, un’inflazione nominale più alta che si radica nelle aspettative sull’aumento dei prezzi”.

NEL NOME DELLA FED

Mentre a Francoforte si ragiona sul da farsi, nel resto del mondo il cambio di direzione monetaria innescato a livello globale dalla Fed sembra essere ormai inesorabile. Di questo sono certi gli economisti di Generali, che in un report spiegano come “anche se la Fed non ha ancora avviato il suo tapering, molte banche centrali dei mercati emergenti stanno adottando politiche monetarie più severe con aumenti imprevisti dei tassi. L’ultima sorpresa è arrivata dal Cile la scorsa settimana: le banche centrali dell’America Latina sono state le prime, seguite da quelle dell’Europa centrale, mentre quelle asiatiche si sono rivelate più attendiste”.

“Il rapido rimbalzo dell’inflazione”, si legge nel report, “è la prima ragione alla base di tali mosse: l’inflazione è più volatile nei mercati emergenti e più sensibile all’aumento dei prezzi degli alimenti. In secondo luogo, le valute dei mercati emergenti hanno raggiunto livelli piuttosto bassi. Inoltre, questi aumenti dei tassi dovrebbero essere visti più come un processo di normalizzazione che come un nuovo ciclo di reale irrigidimento”.  Insomma, “ulteriori rialzi arriveranno, soprattutto in America Latina, mentre l’Asia dovrebbe rimanere più ai margini. È una delle prime volte in cui vediamo le banche centrali emergenti anticipare la Fed in modo così significativo”.


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