Esattamente cinque mesi fa, dopo il “sofa gate”, il premier definiva il leader turco “un dittatore”. Oggi contatto tra i due: la lunga nota di Palazzo Chigi parla di “fruttuoso e amichevole scambio di vedute”
Son passati cinque mesi esatti – era l’8 aprile – da quando il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva commentato il “sofa gate” definendo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan “un dittatore” che avrebbe dovuto chiedere scusa per l’“umiliazione” inferta allora alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e alimentando le tensioni tra Roma e Ankara.
Pace fatta oggi tra il presidente Draghi e il “dittatore” Erdogan? Pare di sì. O questo è quanto suggerisce la nota diffusa da Palazzo Chigi dopo “l’articola conversazione telefonica” odierna.
“Il fruttuoso e amichevole scambio di vedute si è concentrato sugli ultimi sviluppi della crisi afghana e sulle sue implicazioni a livello regionale, approfondendo le prospettive dell’azione della comunità internazionale nei diversi fori, incluso il G20”, si legge nel comunicato. “Il colloquio ha fornito l’opportunità per discutere delle priorità della presidenza italiana del G20 volte a ridurre le disuguaglianze, tutelare la salute globale e promuovere una ripresa rapida e sostenibile, rinnovando l’invito al presidente Erdogan a prendere parte al Vertice di Roma”. E ancora: “Particolare attenzione è stata dedicata anche agli sviluppi del processo politico intra-libico e alla situazione libica sul terreno. Sono stati infine affrontati gli eccellenti rapporti bilaterali e le opportunità di ulteriore rafforzamento del partenariato italo-turco in tutti i settori”.
Sono i toni ma anche la lunghezza del comunicato a colpire, specie se confrontati con le note diffuse in seguito agli altri colloqui avuti recentemente dall’inquilino di Palazzo Chigi.
A dimostrazione che, per quanto scomodo, la Turchia rimane un vicino dell’Unione europea e un alleato nella Nato.