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Rendite e grandi patrimoni, il piano democratico per il fisco made in Usa

Prende corpo la proposta del partito di Joe Biden per una stretta fiscale sulle grandi ricchezze, con la quale finanziare parte dei piani pandemici. Aliquota al 26,5% sulle imprese e al 25% sulle rendite finanziarie. E pensare che il presidente voleva di più…

Joe Biden sarà contento, ma non troppo. Un poco alla volta si alza il velo sull’ambizioso piano fiscale democratico, colonna portante di quegli interventi pandemici che nei calcoli della Casa Bianca valgono quasi 5 mila miliardi di dollari. Impossibile, infatti, pensare di rendere l’intero sforzo sostenibile senza un aumento delle imposte sui grandi patrimoni americani. E potrebbe anche non bastare visto che il Congresso, su input del segretario al Tesoro, Janet Yellen, è peraltro chiamato ad approvare l’aumento del tetto al debito federale entro un mese, per creare quello spazio di manovra sui conti ormai vitale.

Il governo americano sarebbe pronto ad introdurre un aumento di tasse sulle grandi imprese, passando dall’attuale aliquota del 21% al 26,5%. Non è tutto. Tra gli obiettivi dei democratici ci sarebbe quello di varare una stretta sui capital gain (la differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto di uno strumento finanziario, come ad esempio azioni) al 25% dall’attuale 20%. I target fiscali contenuti nel piano del partito dell’Asinello e sui quali si annuncia la battaglia dei repubblicani, non sono perfettamente in linea con gli obiettivi dello stesso Biden, indicati in campagna elettorale. Come noto, il presidente ha sempre auspicato un aumento delle aliquote al 28% e un prelievo sulle rendite da capital gain al 39,6%.

Per questo la proposta democratica ha tutta l’aria del compromesso, per evitare uno scontro armato con i repubblicani. Più nel dettaglio, l’aliquota massima del 25% si tramuterebbe in un 3,8% di sovrattassa sul reddito netto da investimenti, la quale verrebbe applicata a quei guadagni realizzati dopo il 13 settembre, colpendo i single e le famiglie con redditi imponibili che vanno dai 400 mila dollari ai 450 mila.

Certamente una proposta al ribasso rispetto a quella di cui si è parlato ad aprile, quando sono circolate indiscrezioni in merito all’intenzione di Biden di far balzare la tassa sui capital gains da comminare ai più ricchi fino al 43,4%. Se tornasse in auge l’idea originaria, chi nello Stato di New York guadagna più di 1 milione l’anno pagherebbe una tassa sulle plusvalenze pari al 52,2% mentre nello stato della California il conto salirebbe al 56,7%.

Fin qui la stretta fiscale democratica. Poi ci sono le agevolazioni e gli sgravi. Gli stessi dem, nel loro piano vorrebbero proporre 1.200 miliardi di dollari di nuove agevolazioni fiscali come ad esempio quelle per università, anziani, acquisto di biciclette elettriche. Ma per ottenere tale ingente quantità di denaro bisognerà appunto introdurre delle nuove tasse. I ricchi d’America comunque non se ne rimangono con le mani in mano.

Come raccontato da Formiche.net, chi ha un grande patrimonio ha già trovato il modo di sfuggire all’erario, ricorrendo a uno strumento tutto sommato tradizionale: le polizze vita. Sì, perché, un po’ come accade in molti dei Paesi dell’Europa, il capitale apportato e poi distribuito agli eredi al momento del trapasso dell’assicurato è praticamente esentasse. Dunque, come ha scritto Bloomberg, finché le attività e i capitali permangono nell’alveo di una polizza vita, sfuggono alla morsa fiscale. Negli Stati Uniti tali polizze sono molto costose ed è per questo che si tratta di un salvacondotto per pochi eletti, ma tuttavia abbastanza efficace per lo scopo.


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