Fiamma Nirenstein ricorda i genitori, cui la città di Firenze ha dedicato un giardino, per ricordare il loro esempio straordinario di impegno politico, civile e culturale: “Ci hanno insegnato che una vita senza libri non ha senso”
Lunedì 20 settembre alle 11 a Firenze, in Borgo Allegri, nel centro della città, verrà intitolato un giardino ai coniugi Wanda Lattes e Alberto Nirenstein, nomi di primo piano del panorama giornalistico e culturale italiano, alla presenza del sindaco Dario Nardella, delle tre figlie Fiamma, Susanna e Simona, e dei nipoti. Interverranno anche lo storico Ernesto Galli Della Loggia, l’ex direttore del Corriere Fiorentino Paolo Ermini e Daniel Vogelmann della Comunità Ebraica di Firenze. Si tratta di due figure peculiari che si sono distinte per la difesa d’Israele e dei diritti umani.
RICONOSCIMENTO
“A livello emotivo per noi tre sorelle e per tutti i nipoti – dice a Formiche.net Fiamma Nirenstein, giornalista e membro del Jerusalem Center for Public Affairs (Jcpa) – è un magnifico riconoscimento di cui siamo grati a questa città e al sindaco Nardella. Dimostra la fedeltà dei nostri genitori sia a Firenze e alla sua meravigliosa storia, che al loro spirito ebraico vissuto sempre in maniera molto originale. Senza dimenticare la loro ispirazione più profonda legata al gruppo a cui apparteneva mia madre durante la resistenza, Giustizia e Libertà”.
SHOAH
Alberto Nirenstein è stato uno dei primi storici della shoah: essendo parte di uno dei movimenti giovanili sionisti andò quasi a piedi nella nascente Israele dalla città polacca di Baranov, costruendo letteralmente con le sue mani strade, agricoltura e scuole di Israele. “E’ sempre stato un ragazzo di estrema cultura, benché fosse poco più di un giovane lo chiamavano già il maestro. La sua infanzia in Polonia è stata vissuta in un paesaggio di Shtetl in cui due sue sorelle riuscirono a raggiungere Israele mentre un fratello, con padre, matrigna ed altre quattro bambine, vennero assassinati nei campi di sterminio di Sobibór”.
Poi nel 1939 rientrò da quella che allora si chiamava Palestina proprio mentre in Polonia entravano le armate tedesche, ma riuscì a mettersi in salvo aspettando invano suo fratello alla frontiera. “Abbiamo conosciuto poi le due sorelle nel kibbuz di Mishmar HaSharon. In seguito incontrò la brigata ebraica: il suo sogno di uomo di sinistra e sionista era quello di liberare l’Italia e l’Europa dal giogo nazifascista”, prosegue Nierenstein.
L’ARRIVO A FIRENZE
A Firenze la sua storia si incrocia con quella di Wanda Lattes, a quell’epoca una ragazza di 20 anni, riconosciuta partigiana combattente. “Proprio ieri sono stata a visitare la lapide che ricorda la casa dove fu nascosto Carlo Levi e dove ebbe riparo anche mia madre: soprattutto lì si cospirava contro gli invasori. Mia madre era una partigiana in bicicletta, come Oriana Fallaci: stessa generazione, direi le due prime giornaliste d’Italia e di Firenze. Incontrò mio padre appena giunto con la brigata ebraica e aiutò i mie nonni a fuggire dai rastrellamenti. Nel cestino della bici portava armi e messaggi: sempre coraggiosissima, nonostante fosse stata cacciata via dalle scuole perché ebrea, come accadde anche a mio nonno, messo alla posta dalla Banca Commerciale. Ciononostante riuscì a trovare forza e vitalità nella scelta partigiana e successivamente in quella professionale di giornalista, una scia di verità che abbiamo seguito io e mia sorella Susy, mentre Simona è psicanalista”.
IL GIORNALISMO
“Credo che mia mamma sia stata la giornalista di più lunga durata in Italia, visto che ha mantenuto una rubrica sul Corriere della Sera fino a 96 anni, ovvero quando è mancata due anni fa”. Inizia la la carriera al Nuovo Corriere di Romano Bilenchi, un maestro di cui andava molto fiera. Poi a Paese Sera, al Mattino e a La Nazione dove ha diretto per anni la redazione culturale, infine al Corriere della Sera diretto a Firenze da Ermini”.
Alberto Nirenstein affiancava alla professione di storico della shoah lo status di corrispondente dall’Italia del giornale israeliano Al Amish Mar. “Ci hanno fatto crescere nell’amore per la libertà e per la cultura: abbiamo trascorso la nostra infanzia tra musei e statue, tra Giotto e Michelangelo accanto all’amore per l’ebraismo. Non eravamo religiosi, pur frequentando a modo nostro la sinagoga di Firenze, perché così ci aveva insegnato la nonna Lattes-Volterra, antica famiglia di antiquari, e perché mio babbo aveva una memoria storia sull’ebraismo tradizionale polacco”.
LA FUGA DAL NAZISMO
Il messaggio di bellezza si mescola con quello legato all’onestà: “Noi siamo cresciuti in una dimensione proiettata purtroppo solo dai nonni materni, visto che quelli paterni erano stati sterminati nella shoah. Ricordo che quando i miei nonni dovettero abbandonare Villa di Bellosguardo dove si erano nascosti, mio nonno attraversò piazza del Carmine con un materasso su un carretto: in quel momento si affacciò alla finestra il suo sarto e gli gridò: ‘Cavalier Lattes, salite tutti subito da me’. Li nascose finché poi mia madre attraverso la Resistenza riuscì tramite un sacerdote a trovare un altro nascondiglio in campagna”.
Questa coppia, aggiunge, rappresenta al contempo Italia, Israele e il mondo: “Credo che una vita senza libri non abbia senso: quando dico libri intendo davvero tutti, dalla Bibbia al giornalino di Gianburrasca. E’ questo il messaggio che ci hanno trasferito i nostri genitori – conclude – ci hanno tirati su con l’idea che la cultura fosse più importante di tutto, anche del denaro”.
@FDepalo