Il direttore scientifico di Ipsos, dati alla mano, spiega che l’introduzione dell’obbligatorietà della certificazione vaccinale sul posto di lavoro trova parecchio riscontro fra gli italiani. “Piace al 60% degli italiani, ma non discriminiamo i dubbiosi”. E la fiducia al governo si traduce politicamente con “il rallentamento della crescita di Fratelli d’Italia”
L’effetto green pass su Mario Draghi è quello di uno sprint in termini di fiducia. Gli italiani stanno riponendo su di lui e sull’intero esecutivo sempre più fiducia. Un trend in crescita, malgrado il clamore degli ostili. Che comunque “non devono essere criminalizzati perché rappresentano comunque il 30% del Paese”. A dirlo è Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos e docente di Teoria e analisi dell’audience a La Sapienza.
Risso, il green pass rappresenta un’iniezione di fiducia per gli italiani. A giovarne è solo Draghi?
Draghi in testa e, assieme a lui, l’esecutivo nel suo complesso. Se si prende in esame la prima settimana di settembre, emerge che il governo ha riscosso tra gli italiani un gradimento del 61,9%. Mentre Draghi, il 66%. La seconda settimana, il premier è stazionario sul 66%, mentre l’esecutivo perde uno 0,8% di fiducia. Nell’ultima settimana – quella del 13 – l’esecutivo si attesta sui 63,6% di gradimento. Il premier svetta a 66,7%.
Le dinamiche nel mondo del lavoro, sul fronte green pass, quali sono?
Anche in questo caso, abbiamo fatto una rilevazione che fornisce un quadro interessante dell’atteggiamento dei lavoratori. Il 50% delle persone ritengono che quella di sottoporsi alla vaccinazione sia una scelta libera, dunque che i lavoratori non vaccinati debbano mantenere il posto di lavoro. Il restante 41% sostiene che i lavoratori non vaccinati vadano licenziati.
Fra questi, c’è una casistica “sociale” in particolare che preme sul licenziamento più di altre?
Gli operai, ad esempio, sostengono per il 31% che i non vaccinati dovrebbero essere licenziati. Mentre il 60% difende coloro che non si vogliono sottoporre all’inoculazione. Percentuali esattamente opposte se, ad esempio, si considerano i pensionati. Altra percentuale ancora se si prendono in esame gli imprenditori. Questi ultimi sostengono per il 23% che vadano licenziati, mentre per il 70% che si debbano mantenere i posti di lavoro.
Si può dire dunque che, generalmente, i contrari alla vaccinazione o quantomeno i dubbiosi sono coloro che hanno un livello di istruzione più basso?
In termini di segmenti sociali, le persone contrarie al green pass sono i millennials al 34% e coloro che hanno un livello scolare più basso. Da un punto di vista territoriale, le zone in cui c’è maggiore contrarietà sono l’Italia meridionale e le isole.
Secondo lei perché persistono sacche di resistenza a vaccinazioni e green pass?
A mio giudizio perché non c’è stato sufficiente dibattito pubblico, specie sul tema del green pass. Un dibattito avrebbe aiutato a ridurre le frizioni. D’altra parte è inevitabile che una parte di Paese sia dubbiosa o contraria. Non per questo, tuttavia, i recalcitranti devono essere trattati come appestati. Anche perché va tenuto a mente che, molti di coloro che si sono già vaccinati, nutrono ancora dubbi.
Al netto della questione green pass, a quale fattore è imputabile la popolarità di Draghi e del governo?
Questo governo sta cercando di affrontare non solo la crisi sanitaria, ma sta gestendo la fase della ripresa. Permane fiducia per quello che sta facendo Draghi sul Recovery Fund. Tuttavia, siamo nella fase in cui, l’opinione pubblica è comunque incerta perché non ci troviamo più nella fase emergenziale ma allo stesso tempo non ne siamo ancora totalmente usciti. Ciò premesso, è un momento nel quale le persone sono portate ad accordare fiducia a chi dà loro una prospettiva: il governo Draghi.
Politicamente, questa fiducia come si traduce?
Il dato più eclatante è il rallentamento della crescita di Fratelli d’Italia. Che è una delle poche realtà all’opposizione dell’esecutivo. O meglio, che non sostiene Draghi. L’opposizione è un’altra cosa.