Skip to main content

Elezioni greche: la governabilità? Una chimera

Da Atene
Meno dieci per cento. È l’indice con cui la borsa di Atene questa mattina ha reagito al responso delle urne che non lascia scampo a interpretazioni (Londra chiusa per festività, Milano meno 1,38,Francoforte meno 1,48%, Parigi meno 1,54%, Madrid a -1,8%).
La parola d’ordine in questo maggio afoso è caos: 40% di astenuti, crollo verticale dei due maggiori partiti, i conservatori di Nea Dimokratia dal 49% al 18,8, isocialisti del Pasok dal 44% al 13,2. Uno schiaffo preciso e che fa molto male, inferto dai greci che non ne vogliono sapere di sacrifici (in partescriteriati), ma nella consapevolezza che non si poteva certo continuare con sprechi e gestione “allegra” delle finanze pubbliche.
 
Ecco il nodo: a pagare, come si legge nel Memorandum della troika, saranno solo i più deboli, mentre i privilegi dei super manager e degli amministratori non vengono scalfiti. Queste elezioni sono costate all’erario ellenico dieci milioni di euro, inoltre il prossimo giugno i partiti si spartiranno contributi pubblici per quaranta milioni: questa la risposta della politica al default?
 
È su questa base, dunque, che si è concentrato il cosiddetto voto alternativo. Seconda forza del paese, con il16,7% che vale 52 deputati, la sinistra di Syriza, guidata dal giovane Alexis Tzipras, l’unico che ha fatto realmente il pieno in occasione dei comizi elettorali di questo mese. Ha “sfondato” al centro, non solo a sinistra: perché non si è limitato a predicare contro Bce, Fmi e Ue, ma ha proposto di rimanere nell’eurozona a patto che si tenti di rinegoziare con la troika un piano che, così com’è stato avallato da Evangelos Venizelos (fino a due mesi fa ministrodelle finanze del governo semi tecnico guidato dal tecnocrate Loucas Papademos) è tutto sulle spalle della classe media.
 
Come dimostrano i suicidi “da crisi” in Grecia. Al terzo posto i socialisti guidati proprio da Venizelos, con un crollo storico, solo al 13,2%. A seguire gli Indipendenti greci dell’effervescente Kammenos al 10,6% e i comunisti guidati da Aleka Papariga all’8,4%. Ma il dato più inquietante è il balzo in avanti dell’estrema destra di Xrisì Avghì (Albadorata) che dallo 0,3% di dodici mesi fa salgono al 7%, entrando per la primavolta in parlamento dopo 40 anni di “isolamento”.
 
E lo faranno con ben 21 deputati. L’effetto “Le Pen”, come preventivato proprio da queste colonnequalche giorno fa, si fa sentire. Quell’indice non è solo figlio di nostalgismio veteroideologismi, ma della rabbia della gente che ha riversato il propriodisappunto sul partito guidato da Nikolaos Mikalioliakos che propone il rafforzamentodelle frontiere contro l’immigrazione (ad Atene pare che gli extracomunitarisiano due milioni), la restituzione allo stato dei proventi di tangenti, l’interdizioneperpetua dai pubblici uffici per quei politici colti in flagrante (e non sonopochi).
 
A questo punto il capo dello stato, Papoulias, convocherà il leader del primo partito, Antonis Samaras, per tentare la formazione di un esecutivo. Ma anche se i conservatori dovessero “unire” le forze con i socialisti in un governo di larghe intese non raggiungerebbero la fatidica soglia dei 151 (la metà più uno dei deputati) per assicurare un minimo di governabilità: al momento Nea Dimokratia avrebbe 108 deputati, Pasok 41. Delle due l’una: o si allarga ulteriormente la forza dell’esecutivo anche adaltre componenti politiche, o tra un mese saranno di nuovo elezioni. Con enormi difficoltà di tenuta dei mercati e con la consapevolezza che il continente sta vivendo un sisma sociopolitico di proporzioni uniche.
 
Twitter @FDepalo

×

Iscriviti alla newsletter