Il ritorno al potere in Afghanistan dei talebani ha comportato la fuga di migliaia di persone verso Paesi a loro sconosciuti per cultura e tradizioni. Per facilitare la loro accoglienza il centro di ricerca START InSight mette a disposizione gratuitamente il libro Mehmaan Nawazi – Ospitalità di Claudio Bertolotti, con la prefazione di Farhad Bitani, basato sull’expertise e la pluriennale esperienza dell’autore in Afghanistan
Sono oltre quattromila gli afghani, tra collaboratori e membri delle loro famiglie, portati in Italia dalle nostre Forze armate per sottrarli alla prevedibile rappresaglia del nuovo regime talebano. Quattromila persone con un proprio bagaglio culturale che è necessario comprendere per poterle accogliere e anche per tentare di capire cosa è andato storto nel rapporto, culturale prima ancora che politico, tra l’Occidente e l’Afghanistan. Questo è l’obiettivo di Mehmaan Nawazi – Ospitalità di Claudio Bertolotti, direttore di START InSight, capo dei ricercatori del Centro militare di studi strategici (Cemiss) e ricercatore dell’Istituto di studi di politica internazionale (Ispi), con la prefazione di Farhad Bitani, scrittore ed educatore afghano dedito alla promozione della pace e del dialogo interreligioso e interculturale. Il testo è stato messo a disposizione gratuitamente dall’editore START InSight a favore di operatori, civili e militari, enti governativi, locali o centrali, Protezione civile, Croce rossa e tutte le altre organizzazioni e associazioni di volontariato impegnate nel sostegno ai profughi afghani in Italia e in Svizzera.
CONSAPEVOLEZZA CULTURALE
Già dal titolo si capisce che l’intento del testo è quello di aprirsi alla comprensione dell’altro: “mehmaan nawazi”, infatti, è il concetto quasi sacro dell’ospitalità afghana, un’idea che ricorda moltissimo la “xenìa” della Grecia classica, fondamento culturale del moderno occidente, non a caso ricordato dall’autore stesso con la massima di Ovidio: “È turpe non accogliere in casa l’ospite, più turpe lo scacciarlo”. Presupposto a quest’opera di “ospitalità culturale” è la cultural awarness, la consapevolezza culturale. “È la base comunicativa della conoscenza e della comprensione di valori culturali, credenze e percezioni differenti da quelle di appartenenza. È una consapevolezza necessaria e fondamentale nel processo di interazione e dialogo tra le parti”.
LA GUERRA PIÙ LUNGA
Presupposto ineludibile per qualunque opera di comprensione di un popolo è la conoscenza della sua storia. Mehmaan Nawazi parte proprio dal riassunto della complicata storia dell’Afghanistan, dalla sua posizione lungo l’antica Via della Seta, all’avvento dell’Islam, fino all’intervento sovietico a sostegno del governo comunista tra il 1979 e il 1989. L’attenzione, ovviamente, è rivolta soprattutto agli eventi che hanno seguito l’avvento del primo regime talebano, col sostegno ad al-Qaeda, l’attacco dell’11 settembre 2001, l’intervento Usa e l’inizio dell’occupazione dell’Afghanistan. Vent’anni di guerra hanno lasciato ferite profonde non solo nel Paese, ma in tutti gli attori coinvolti: circa 71mila vittime civili, 66mila caduti tra le forze di sicurezza afghane e tremila tra i militari delle forze internazionali, morti di una guerra sporca fatta di attentati, ordigni esplosivi improvvisati e bombardamenti aerei.
IL RUOLO DELLA RELIGIONE
Ovviamente, non poteva mancare un capitolo dedicato alla religione islamica, praticata quasi dalla totalità della popolazione, tassello fondamentale e pervasivo sulla quotidianità individuale e collettiva degli afghani. La confessione maggioritaria è il sunnismo, con appena il 15% della popolazione sciita e solo l’1% appartenente ad altri credi. Ma, come descritto dal volume, le radici culturali dell’Afghanistan sono ben più profonde e antiche, nate ben prima che la rivelazione di Mohammad raggiungesse il Paese nel VII secolo. È in questo capitolo che compaiono i primi suggerimenti su come approcciarsi al tema, tenendone sempre presente la delicatezza ed evitando, per quanto possibile, di intavolare discussioni su di esso e in particolare valutazioni di merito sul Corano, considerato sacro e infallibile: “Gli afghani sono di natura tolleranti nei confronti delle altre religioni, ma poco propensi ad accettare critiche verso l’Islam”.
SOCIETÀ, CULTURE E ORGANIZZAZIONE
Mehmaan Nawazi passa poi a descrivere le complessità dell’Afghanistan, compito non facile ma necessario per comprendere fino in fondo le delicate connessioni della rete valoriale degli afghani, dall’appartenenza a una specifica compagnie etno-linguistica e etno-culturale, alla tribù, la famiglia, le leadership locali fino all’organizzazione statale che dal villaggio arriva alla provincia e allo Stato. Capire come tutte queste reti sociali si compongono e dialogano (pacificamente o meno) tra loro è indispensabile sia per capire le fedeltà e le priorità politiche di un afghano, che per conoscere le norme e le dinamiche sociali e familiari con gli spazi e i tempi della vita quotidiana.
USI E COSTUMI: COSA FARE E COSA EVITARE
Il testo di Claudio Bertolotti si conclude con la descrizione degli usi e costumi degli afghani, soffermandosi in particolare sull’etichetta che è importante adottare quando si instaura una relazione interpersonale che ambisce a superare le barriere culturali che, inevitabilmente, ci sono. Forme di cortesia, gesti da evitare e formalità da osservare, le abitudini e gli obblighi dell’ospitalità; Mehmaan Nawazi fornisce un esaustivo prontuario per favorire il corretto approccio da parte degli operatori, della difesa, sicurezza o civili, dei cooperanti delle Ong e dei mediatori e interpreti, in modo da facilitare l’apertura di un dialogo con “l’altro”, strada maestra per stabilire, fin da subito, un buon rapporto di comprensione reciproca, fiducia e collaborazione.