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Draghi, il voto e la lezione di Macaluso. Il mosaico di Fusi

Le amministrative, i pozzi avvelenati fra indagini, inchieste e verità scomode, gli scontri interni ai partiti. C’è un filo rosso che passa fra questi eventi e il ricordo, alla presenza di Mattarella, di un grande della politica: Emanuele Macaluso. Il mosaico di Carlo Fusi

In virtù di una coincidenza presumibilmente del tutto casuale ma lo stesso significativa, la campagna elettorale amministrativa si è chiusa nel giorno in cui il Senato d’intesa con la Fondazione Gramsci, nel chiostro sopra la Minerva, ha ricordato Emanuele Macaluso, comunista eretico e migliorista, spirito libero e polemico.

Due fatti diversi, indifferenti l’uno all’altro: e questo in nuce propone già una questione. Due fatti che tuttavia finiscono per specchiarsi e offrire una lettura di ciò che è oggi la politica e il confronto-scontro tra schieramenti. La campagna elettorale per le amministrative, giocate col doppio turno, che devono dare nuovi governi ad alcune delle principali città italiane a partire da Roma, ha messo in luce le divaricazioni esistenti tra e soprattutto dentro gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra.

Gli ultimi giorni sono stati avvelenati dal caso Morisi e dal riemergere della variabile antifascista in virtù di una inchiesta di Fanpage su atteggiamenti e frequentazioni della destra soprattutto milanese. Un copione usato e usurato, che non lascia ben sperare per le sfide che attendono il Paese. Nelle urne leader e aspiranti tali cercano conferme e soddisfazioni, mettendo cerotti laddove le ferite della divisione hanno lasciato segni difficili da nascondere. Nel centrodestra i sorrisi e i selfie sono stati usati per occultare diversità di atteggiamenti e prospettive puntando sull’affetto politico.

Chissà se gli elettori saranno d’accordo. Nel centrosinistra la speranza è che in qualche modo funzioni l’intesa sbilenca con i Cinquestelle mentre l’incubo è ritrovarsi al ballottaggio o con la riproposizione dell’eterno duello a sinistra, vedi Napoli tra Manfredi e Bassolino, oppure con la sorpresa di una concorrenza al centro, vedi Calenda vs Gualtieri.

A detta di tutti, il governo dovrebbe rimanere al riparo da fibrillazioni e competizione tra e dentro i partiti. Ed è così perché il suicidio dell’affossamento di Super Mario non è previsto. Tuttavia non è complicato prevedere che i sussulti nelle urne in qualche modo si riverseranno sul quadro nazionale con effetti al momento difficili da prevedere ma comunque non col segno della tranquillità per il presidente del Consiglio.

Nel mentre tutto questo si manifesta, nel Palazzo si è celebrata, come detto, la figura di Macaluso. Che c’entra con i conflitti politici in atto? In realtà un filo che lega esiste. Ed è il filo della politica e di come viene vissuta ed esercitata. La lezione di Macaluso, indipendentemente dal suo posizionamento politico, tornerebbe utilissima a chi oggi svolge quel ruolo: se solo ci fosse la volontà di farlo. Già il fatto che il ricordo sia avvenuto alla presenza di Sergio Mattarella è indicativo.

Ma sono i lasciti di vita e di comportamento del migliorista amico di Giorgio Napolitano ad essere la giusta chiave di lettura per agganciarsi al presente. Lo ha ricordato bene la presidente del Senato. Maria Elisabetta Casellati, quando ha detto che per Macaluso “la politica è stata missione di vita, instancabile azione, spinta garantista contro la deriva giustizialista”. Esaltando la sua lealtà e libertà di pensiero che in particolare si manifestava “nel rispetto della posizione dell’avversario”. Ecco, in una condizione come quella attuale in cui ogni sgambetto sembra lecito e anzi ricercato, e dove il competitor è un nemico da abbattere con ogni mezzo, anche attraverso la denigrazione personale, ribadire che esiste un altro metodo e un altro atteggiamento ad alcuni apparirà lunare e invece è l’unico modo per accrescere la qualità del confronto politico. Anche come esempio per i cittadini, in una funzione pedagogica che la politica ha rinnegato da tempo.

Ancor più significativo il ricordo che di Macaluso ha fatto, con la solita lucidità e rigore, Giuliano Amato. Laddove l’ex premier e ora giudice costituzionale ha sottolineato “la forza irrinunciabile del dialogo” che per Macaluso era una sorta di stella polare. Come pure la fermezza nel rifuggire “la logica delle verità precostituite” esaltando così lo spirito genuino della democrazia per cui “non ci sono verità assolute ma solo parziali”.Di cui ciascuno è portatore e sulla base delle quali occorre confrontarsi per ricercare una sintesi possibile.

Non certo a caso, inoltre, Amato ha parlato del “miracolo della Costituente” nella quale le forze politiche si confrontarono con spirito costruttivo mentre gli equilibri di governo erano scossi da polemiche e divaricazioni. “Non fu miracolo – ha puntualizzato Amato – bensì precisa scelta: quella di allontanare i dissensi pregiudiziali”. Pure adesso è tempo di riforme: quelle che derivano dal Pnrr. Però quello spirito costituente è sparito e le personalità che lo incarnavano impallidiscono o scompaiono. Forse il miracolo sarebbe necessario oggi. Peccato manchino i santi per compierlo.

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