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Evergrande spaccata in due non ferma il contagio nel mattone cinese

L’operazione con Hopson, pronta a rilevare il 51% degli immobili del gruppo è solo un’aspirina che non può fermare l’avvitamento della crisi. Un altro gigante, Fantasia, è in odore di insolvenza mentre il rapporto di copertura sui debiti dell’intero settore è al minimo storico. I guai non sono finiti

Non basta l’arrivo del tanto sospirato cavaliere bianco a salvare il mercato immobiliare cinese, che vale il 15% del Pil del Dragone. Forse qualcuno salverà Evergrande, collassata sotto il peso di 305 miliardi di dollari di debiti. Il 51% dell’unità di property management del gigante insolvente, secondo quanto riportato dal tabloid di Stato Global Times, starebbe per passare al concorrente Hopson Development in un affare da circa cinque miliardi di dollari. Gli indizi ci sono, tra tutti lo stop alle contrattazioni sul titolo Evergrande alla Borsa di Hong Kong, onde evitare fluttuazioni sulle azioni del gruppo, già ridotte a carta straccia dopo un progressivo crollo del 90%.

CAVALIERE BIANCO CERCASI

La strategia di Pechino è chiara, come anticipato questa estate da Formiche.net: fare a pezzi il gruppo e venderne gli asset al miglior offerente, facendo cassa, e puntando a uno spezzatino che renda più gestibile il peso dei 305 miliardi, il 2% del Pil cinese. Il governo starebbe poi cercando di dare tre obiettivi a Evergrande: la ripresa dei cantieri visto che 1,4 milioni di cinesi hanno già pagato la casa ma non l’hanno ancora ricevuta, e ci sono 90 milioni di appartamenti sfitti, il rimborso per quanto più possibile dei molti bond sottoscritti sul mercato interno e, infine, il pagamento delle cedole in scadenza.

Impresa ardua, ma forse è l’unica strada possibile. La settimana scorsa, tanto per ricordare la drammaticità della situazione, sono scadute delle cedole su due bond e da qui a fine anno il gruppo deve pagare interessi per circa 670 milioni di dollari. Ma sul fronte del debito estero i problemi veri arrivano tra qualche mese: nel 2022 scadono obbligazioni per 7,4 miliardi dollari, con un primo assaggio da 2 miliardi nel marzo prossimo. L’operazione con Hopson Development rappresenterebbe senza dubbio una boccata d’ossigeno per Evergrande, ma non la soluzione a un problema decisamente sistemico, ormai: il contagio dell’intero comparto immobiliare cinese.

IL CONTAGIO SI DIFFONDE

Evergrande non è il solo bubbone nel mattone cinese. Un altro gruppo, Fantasia, ha annunciato infatti di non essere stato in grado di ripagare un bond in scadenza per 205,7 milioni di dollari. Un’altra società immobiliare, Sinic Holdings, è finita poi sotto i riflettori di S&P, secondo cui “la capacità di servizio del debito è quasi esaurita”. Anche questo gruppo ha già saltato il pagamento di alcune cedole. E comunque i problemi sono ben più grossi.

Anche prima che la crisi del debito di Evergrande esplodesse, il settore immobiliare del Paese e le sue società stavano lottando per guadagnare abbastanza per pagare gli interessi sul loro debito. Alla fine di giugno, il rapporto di copertura degli interessi aggregato di 21 grandi promotori immobiliari cinesi quotati a Hong Kong è sceso a 0,94, il peggior risultato da almeno un decennio, secondo i calcoli di Reuters sui dati Refinitiv. Il rapporto – tra gli interessi passivi di una società e l’utile al lordo di interessi e imposte – era di 1,47 alla fine dello scorso anno.

LEHMAN? ANCHE NO

Intanto, per gli amanti del vintage, gli economisti tornano a respingere un parallelismo tra Lehman Brothers ed Evergrande. Come quelli di Oxford Economics, secondo i quali “sebbene il potenziale crollo della società immobiliare sia importante, non segnala un momento Lehman che potrebbe innescare turbolenze finanziarie globali. È probabile che i suoi effetti principali siano contenuti all’interno della Cina, con eventuali ricadute globali più probabili che si diffondano attraverso l’economia reale rispetto ai canali finanziari”. Amen.



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