Intervista all’economista, ex senatore e docente a Sciences Po di Parigi. Il governo ha scelto la linea generica quando poteva fornire una cornice più dettagliata, ora la vera riforma andrà costruita in Parlamento. Sul catasto è stato fatto un pasticcio, servivano interventi più profondi
Troppo presto per dire se la delega fiscale approvata dal governo sia portatrice di quelle riforme attese da anni dalle imprese italiane. Il provvedimento uscito da Palazzo Chigi, direzione Parlamento, è solo l’impalcatura di qualcosa che va ancora plasmato. E ci vorranno mesi, forse anni. Dunque, i partiti si mettano l’anima in pace.
Una cosa è certa, dice a Formiche.net l’economista membro del Gruppo dei 20 Paolo Guerrieri, che dopo una lunga carriera all’Università di Roma La Sapienza e un mandato come senatore, insegna ora a Sciences Po di Parigi ed all’Università di San Diego in California: sul catasto il governo ha pasticciato molto.
Sulla legge delega se ne sono dette tante. In molti, per esempio, si aspettavano più coraggio. Impressioni?
La legge delega è una cornice, nulla di più. Una cornice che può essere molto dettagliata, con una richiesta al parlamento di deleghe precise o viceversa blanda, generale. Ma la sostanza non cambia, è solo una base su cui costruire qualcosa di più grande. Il problema è che il governo ha scelto la seconda opzione, una grande scatola con dentro una serie di principi, dove c’è tutto e niente.
Non è un buon inizio, allora…
Forse. I tempi sono lunghi, si parla di 18 mesi e molti provvedimenti arriveranno con la nuova legislatura. Alla fine credo che si volesse proprio questo. Se dobbiamo esprimere una valutazione, la risposta è che bisognerà attendere i decreti.
E pensare che il Paese avrebbe bisogno di una serie di misure pro-crescita, ma subito.
La crescita è il problema numero uno per questo non possiamo fare a meno di avere un fisco per la crescita e tarato sul Pil.
Che cosa non va nel fisco di oggi?
Primo, il carico fiscale è quasi tutto sbilanciato sui fattori chiave della nostra economia, produttività, lavoro, capitale. Questo è un primo problema. Poi c’è una fortissima penalizzazione sul ceto medio, penso all’Irpef. Infine c’è una incredibile stratificazione fiscale, con provvedimenti che si sono sovrapposti nel tempo dando vita alla ben conosciuta giungla.
C’è poi un problema di risorse. La coperta è corta…
Sì, questo lo ha detto anche il ministro Daniele Franco. Abbiamo pochissimi fondi a disposizione. Allora quando parliamo di riforma fiscale dobbiamo stare attenti agli abbagli, perché parliamo di una cosa grossa, costosa. Sì, c’è la lotta all’evasione, ma spesso sappiamo come va a finire…
Se le dico catasto?
Un pasticcio, grande, se mi permette.
Perché?
Un punto controverso, c’è chi vuole una riforma e forse ha ragione. Il catasto italiano è vetusto, risale agli anni ’30 del secolo scorso. I valori di oggi non hanno riferimenti con l’economia reale, con il mercato, sono irrazionali. Tutte le organizzazioni mondiali ci chiedono la riforma, ma noi non la abbiamo ancora fatta.
Ammetterà che in questo momento toccare gli estimi catastali potrebbe essere impopolare. O no?
Sì, non c’è dubbio che una vera revisione comporterebbe un aumento dei valori immobiliari, proprio perché quelli attuali sono obsoleti, antiquati. Pochissimi immobili potrebbero diminuire il loro valore. Un modo per affrontare la questione sarebbe l’adeguamento delle imposte di registro. Però la sensazione è che si proceda con interventi poco strutturali, limitati, i cui benefici, peraltro, potranno aversi solo dal 2026. Insomma, una non soluzione, non vedo una vera riforma.