Skip to main content

Chi vuole muri, chi l’accordo. I migranti spaccano l’Europa

Per proteggere le frontiere esterne dell’Ue, 12 Stati membri hanno chiesto di finanziare nuovi strumenti, compresi recinzioni e muri. Alla lettera, hanno risposto i ministri dell’Interno del Med5 (Italia, Spagna, Malta, Grecia, Cipro) con un’altra lettera chiedendo un’accelerazione sulla cooperazione con i Paesi terzi su migranti, rimpatri e sulla gestione delle frontiere esterne, in parallelo al negoziato sul Patto sull’asilo

Aumentano i muri, soprattutto quelli che si stanno costruendo davanti alla necessità di un accordo europeo per la gestione dei flussi migratori che dopo il ritorno dei talebani in Afghanistan ha rilanciato anche la rotta asiatica verso i Balcani come una delle più a rischio oltre a quelle del Mediterraneo. È cominciata una guerra di posizione tra quei Paesi europei che vogliono costruire muri per fermare i profughi e quelli (compresa l’Italia) che sollecitano accordi con i Paesi di origine e di transito dei migranti.

Per proteggere le frontiere esterne dell’Unione europea 12 Stati membri hanno chiesto di finanziare nuovi strumenti, compresi recinzioni e muri. La lettera inviata alla Commissione europea e alla presidenza di turno del Consiglio europeo è firmata dai ministri dell’Interno di Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Repubblica Slovacca. Chiedono “nuovi strumenti che permettano di evitare, piuttosto che affrontare in seguito, le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite, che alla fine influiscono negativamente sulla fiducia nella capacità di agire con decisione quando necessario”. Allo stesso tempo, “queste soluzioni europee dovrebbero mirare a salvaguardare il sistema comune di asilo riducendo i fattori di attrazione”.

È una mossa in vista del Consiglio europeo della fine di ottobre nel quale si discuterà anche di flussi migratori. È chiaro che i muri non saranno finanziati, ma è un segnale di irrigidimento di fronte alle intenzioni dei Paesi di primo approdo, come Italia e Spagna. Anche la Grecia lo è e il governo di Atene già nei mesi scorsi aveva completato una recinzione ai confini con la Turchia. Proprio un greco, il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas, qualche settimana fa disse che un accordo europeo sarà possibile solo dopo le elezioni presidenziali francesi di aprile, cioè tra un anno considerando tempi tecnici. Un auspicio, più che una previsione, perché forse è il problema più difficile da risolvere per Mario Draghi.

Alla lettera dei 12 Paesi che chiedono muri hanno risposto i ministri dell’Interno del Med5 (Italia, Spagna, Malta, Grecia, Cipro) con un’altra lettera chiedendo un’accelerazione sulla cooperazione con i Paesi terzi su migranti, rimpatri e sulla gestione delle frontiere esterne, in parallelo al negoziato sul Patto sull’asilo. Nella lettera, che è del 5 ottobre ed è stata resa nota oggi in occasione della riunione dei ministri dell’Interno dell’Ue, si sollecitano “ulteriori sforzi in collaborazione con i Paesi di origine e transito su questioni di interesse comune”, con “progressi tangibili nei finanziamenti” e una “maggiore concretezza e certezza sul percorso” in tempi brevi, in termini di “giorni o settimane”.

Accordi strategici con i Paesi del Nord Africa sono stati sollecitati nuovamente anche dal ministro Luciana Lamorgese. In una nota al termine della riunione a Lussemburgo ha detto che, “sulla base dei dati forniti in apertura di riunione dalle agenzie Frontex, Easo ed Europol, è emerso l’aumento generalizzato della pressione migratoria su tutte le rotte terrestri e marittime, con incrementi percentuali più consistenti su quella che attraversa il Mediterraneo centrale come era stato evidenziato anche nella lettera inviata alla Commissione dai Paesi Med5 dopo il recente vertice di Malaga”. Per questo, secondo il ministro, “l’Unione europea deve colmare il ritardo fin qui accumulato sviluppando, in tempi rapidi e con azioni concrete, gli impegni assunti sul fronte dei partenariati strategici con i principali Paesi del Nord Africa, a partire da Libia e Tunisia”. È dunque “fondamentale rendere rapidamente operativo il nuovo Strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale dell’Unione europea che costituisce un modello fondamentale di collaborazione con i Paesi terzi per allentare la pressione migratoria verso gli Stati membri più esposti”.

Secondo gli ultimi dati, si concretizza solo un quinto dei circa 500mila provvedimenti di espulsione emanati ogni anno in Europa, eppure la Svezia sembra prendere le distanze da un tema che riguarderebbe solo il fronte Sud: secondo il ministro alla Giustizia e immigrazione, Morgan Johansson, non ci sono norme che impediscano di costruire muri e quindi sta ai governi decidere. Dal canto suo, il ministro greco alla Migrazione, Notis Mitarachi, ha sollecitato una soluzione europea anche per i profughi afghani. Draghi ha più volte parlato del dovere di affrontare l’emergenza umanitaria in Afghanistan e il Consiglio dei ministri del 7 ottobre ha deciso di incrementare di 3mila posti il Sistema di accoglienza e protezione proprio per far fronte all’accoglienza di profughi da quel Paese.

L’insistenza dei Paesi dell’Europa meridionale sull’Africa va anche nell’interesse degli altri Stati membri. Nei prossimi mesi l’irrigidimento delle posizioni sarà il vero muro da abbattere.



×

Iscriviti alla newsletter