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Meloni? Lontana dal fascismo. Draghi non andrà al Colle. Parla Valditara

L’ex senatore di Alleanza Nazionale dopo le inchieste che coinvolgono Fratelli d’Italia e il risultato deludente alle urne. “Al centrodestra serve classe dirigente e la Lega deve tornare ai fondamentali delle origini”. Draghi al Quirinale? “Un tacchino (i parlamentari) non si apparecchia il pranzo di Natale”

Giorgia Meloni ha detto in un’intervista che, nel suo partito, “non c’è posto per le nostalgie del fascismo”. Di più: “I nostalgici sono utili idioti della sinistra”, dice la leader di Fratelli d’Italia. Come a voler scacciare una volta per tutte i pregiudizi e le chiacchiere che coinvolgono il suo partito. Fra inchieste, agguati più o meno a orologeria e la necessità di dover fare i conti con un’identità oscura che, periodicamente, torna il centrodestra attualmente vive uno dei momenti di maggiore confusione. E, dalle urne, ne è uscito con le ossa rotte. Un aspetto però, va chiarito prima di tutti gli altri: “Giorgia Meloni non è affatto fascista, né nostalgica”. Il suggello arriva da Giuseppe Valditara, docente e giurista, ex senatore di Alleanza Nazionale, di cui è stato il responsabile Scuola e Università.

Valditara, il centrodestra maggioritario a livello nazionale, perde sui territori. Che succede?

Al centrodestra serve la capacità di intercettare il voto dei liberal-conservatori, dei moderati. Cioè di coloro che non sono andati a votare alle amministrative.

Giuseppe Valditara

Ribaltiamo il punto di vista. Sala a Milano per il centrosinistra ha ottenuto un risultato formidabile.

Sala ha preso la stessa percentuale di voti di Albertini del 2001, solo che allora votò l’82 per cento, oggi il 47. Lui ha preso appena 277mila voti, Albertini 499mila, quasi il doppio. Questo è indice di come in realtà sia mancato l’elettorato moderato. Dunque non è una vittoria del Pd. O meglio, il Pd ha vinto perché il centrodestra per una certa parte ha deciso di non recarsi alle urne.

Che fare per recuperare questo elettorato?

Non basta la politica urlata. Ci vogliono proposte serie, intelligenti e soprattutto una classe dirigente.

Lo si dice spesso, della classe dirigente.

È fondamentale avere una classe dirigente composta di persone competenti e che rendano il centrodestra in grado di esprimere una politica di qualità. Come era per la Dc, come era per il Psi. Una classe dirigente non la si costruisce partendo dagli “attacchini” e dai militanti della prima ora. Componenti fondamentali, intendiamoci. Ma per governare serve altro.

Cosa ne pensa dell’inchiesta verso Fratelli d’Italia?

È sicuramente strumentale, congegnata a orologeria, non merita una risposta.

Dunque non ci sono fascisti in Fratelli d’Italia?

Se ci sono si tratta di una componente assolutamente minoritaria e isolata. Giorgia Meloni, a cui mi lega una conoscenza pluridecennale, è una persona lontanissima dal fascismo e che non ha nessuna nostalgia del passato.

Però Fratelli d’Italia deve fare un salto in avanti.

FdI si trova di fronte alla necessità di fare una scelta. O sceglie la strada che Giorgia Meloni ha lucidamente intuito quando è stata eletta presidente dei conservatori europei, dunque la strada liberal-conservatrice. Quella dei Churchill, dei Reagan, in qualche modo anche del gollismo, che legittimerebbe una sua candidatura alla presidenza del Consiglio. Oppure si fa interprete di una posizione nazionalsovranista che la apparenta con Le Pen e Orban, rischiando una certa marginalizzazione internazionale.

La Lega è in crisi di leadership?

Nonostante il risultato elettorale indubbiamente deludente, la leadership di Matteo Salvini non è assolutamente in discussione. Ci sono tuttavia due linee nel Carroccio. La linea di Giorgetti e Zaia, attenta ai territori, alle esigenze di un nord produttivo, che ricorda la Csu bavarese. Poi, quella di Salvini, più nazionalsovranista che talvolta si sovrappone a quella di Meloni. A mio giudizio la Lega dovrebbe recuperare una parte della sua antica identità, insistendo su un liberal-federalismo di carattere nazionale. Un partito liberale, autenticamente federalista fortemente attento alle esigenze dei territori. Magari recuperando gli insegnamenti di Gianfranco Miglio di cui curiosamente nessuno ha ricordato i 20 anni dalla morte.

Salvini starà al governo?

Sì, sono tanti gli interessi che spingono in questa direzione. Non vedo in questo momento, al di là di qualche contrapposizione, grossi problemi. Continuerà ad essere come un tempo il Psi, di lotta e di governo.

Draghi al Quirinale, è una prospettiva realizzabile?

Lo escluderei, un tacchino – i parlamentari – non si apparecchia mai il pranzo di Natale.

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