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Perché i Talebani proteggono le moschee sciite

Difendere le moschee per raccontare ai propri cittadini e al mondo che l’Afghanistan può essere sicuro. I Talebani cercano spazi contro lo Stato islamico

Le autorità talebane si sono impegnate a rafforzare la sicurezza nelle moschee sciite mentre centinaia di persone si sono riunite sabato per seppellire le vittime del secondo attacco suicida dello Stato Islamico contro i fedeli in una settimana.

Il gruppo sunnita Hardline Islamic State ha rivendicato l’attacco alla moschea di Fatima a Kandahar, che ha visto un gruppo di attentatori suicidi farsi strada nella moschea prima di farsi esplodere tra i fedeli durante la preghiera del venerdì.

I morti sono stati 41, con 70 feriti, ma il bilancio potrebbe aumentare ulteriormente. Il capo della polizia di Kandahar ha detto che saranno assegnate unità per proteggere le moschee, che finora sono state sorvegliate da forze volontarie locali con un permesso speciale di portare armi.

L’attacco alla moschea Fatima, la più grande moschea sciita di Kandahar, nota anche come moschea Imam Bargah, è arrivato una settimana dopo uno simile a una moschea nella città settentrionale di Kunduz, che ha ucciso ben 80 persone.

Le moschee sciite, così come gli obiettivi associati alla minoranza etnica hazara (il più grande gruppo sciita in Afghanistan), sono una costante. Lo Stato islamico li individua come target per creare un’atmosfera divisiva: vuol dimostrare non solo che i Talebani non sono in grado di garantire la sicurezza nel Paese, ma ancora peggio instillare il dubbio che questa incapacità sia selettiva. Ossia i Talebani, sunniti, sarebbero meno interessati a proteggere gli sciiti.

Dalla presa del potere, lo Stato Islamico ha condotto dozzine di operazioni, da attacchi su piccola scala, contro obiettivi talebani, a operazioni su larga scala come l’attentato suicida di venerdì, uccidendo decine di civili. Le condizioni all’interno dell’Afghanistan sono estremamente delicate. L’insicurezza e la crisi economica stanno creando molto malcontento tra i cittadini e i nuovi governanti afghani non sono in grado di far fronte a nessuno dei due problemi.

Tra l’altro, i Talebani stessi sono vittime di incoerenze e ipocrisie nel trattare la questione terrorismo. Gli stessi portavoce che adesso condannano come barbarico l’attentato a Kandahar, per esempio nel 2018 rivendicavano un attacco a Kabul in cui rimasero uccise un centinaio di persone.

La questione che riguarda la gestione della sicurezza è di primario interesse per tutti gli attori internazionali interessati all’Afghanistan. Per potenze come Russia e Cina, per i Paesi del Golfo e della regione Centro-Asiatica, per l’Europa e per gli Stati Uniti sebbene toccati da più lontano: il problema della rosa del potere talebano a Kabul è l’instabilità securitaria che si porta dietro a cascata tutta una serie di problematiche da quelle economiche a quelle di tenuta sociale.

Lo Stato islamico, principale nemico interno dei Talebani, è capace a crescere all’interno di questi contesti caotici e sa esasperare le fragilità dei sistemi in cui si inserisce. Per questa ragione aumenta l’intensità degli attacchi che organizza. I Talebani a loro volta cercano di comunicarsi affidabili, annunciando queste attività di sicurezza interna.



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