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Il prestanome di Maduro estradato negli Usa. E ora?

Dopo mesi di negoziazioni, le autorità di Capo Verde hanno autorizzato l’estradizione di Alex Saab negli Stati Uniti. L’imprenditore, con pied-à-terre a Roma, è accusato di corruzione e riciclaggio di denaro. Dovrà presentarsi a breve davanti al tribunale della Florida

Alle quattro del pomeriggio di ieri, un aereo è partito da Capo Verde verso la Florida, Stati Uniti. A bordo c’era Alex Saab, imprenditore colombiano accusato di narcotraffico, corruzione, riciclaggio di denaro e di essere prestanome di Nicolas Maduro.

Saab è stato indicato dal sito di giornalismo d’inchiesta Armando.info come il principale responsabile della corruzione del programma di alimenti sussidiati del governo venezuelano. Era in stato di arresto dal 12 giugno del 2020, e richiesto dalle autorità americane. Ora dovrà presentarsi davanti ad un Tribunale in Florida per rispondere alle accuse.

Il Dipartimento del Tesoro americano aveva sanzionato Saab accusandolo di aver guidato una rete di corruzione che gestiva il programma di aiuti alimentari. Per l’ex segretario del Tesoro americano, Steven Mnuchin, “Saab è stato coinvolto con infiltrati di Maduro per dirigere una rete di corruzione a grande scala, che ha sfruttato in maniera vergognosa la popolazione affamata del Venezuela […] Utilizzano gli alimenti come forma di controllo sociale, per compensare partiti politici e penalizzare gli oppositori, al contempo che prendono centinaia di milioni di dollari in una serie di frodi”.

L’INDIZIO CHE PORTA A ROMA

Come raccontato da Formiche.net, i legami di Saab con il governo socialista del Venezuela risalgono al 2009, quando Hugo Chávez era al potere. Tutto era cominciato con un appalto per la costruzione di 25.000 case in Venezuela per un prezzo rialzato quattro volte rispetto al reale. Più recentemente il sospetto è che Saab sia coinvolto con il commercio di petrolio, aiutando Maduro ad acquistare benzina e altre sostanze chimiche necessarie per la raffinazione di greggio proveniente dall’Iran, in cambio di oro per evadere le sanzioni imposte dagli Usa.

Il Dipartimento del Tesoro ha segnalato 13 compagnie di Saab, soci e persone coinvolte nella trama di corruzione negli Emirati Arabi Uniti, Hong Kong, Panama, Colombia e anche gli Stati Uniti.

Ma nella trama c’è anche l’Italia. Camilla Fabri, moglie di Saab, è stata accusata di frode fiscale l’anno scorso, abitava tra Roma e Milano. Commessa con uno stipendio di 1800 euro al mese, è finita nel mirino del fisco perché aveva intestato a suo nome un appartamento di 5 milioni di euro a via Condotti. È indagata per un giro di riciclaggio internazionale che inizia nel Venezuela di Maduro.

I soldi investiti in Italia arrivavano dal Regno Unito grazie alle disposizioni di Kinlock Investment, una compagnia diretta dal fidanzato della sorella di Fabri, Lorenzo Antonelli, con un deposito di garanzia di una compagnia di Dubai.

LA FINE DEL DIALOGO

In seguito all’estradizione di Saab, il regime venezuelano ha deciso di non partecipare alla nuova sessione di dialogo con le opposizioni, prevista per oggi a Città del Messico. Per il governo di Maduro, l’imprenditore colombiano è stato sottoposto per 491 giorni a una prigionia arbitraria, definita un “sequestro”, e a “torture” delle autorità di Capo Verde. “In virtù di questa gravissima azione, la nostra delegazione annuncia che sospende la sua partecipazione al tavolo del dialogo – ha detto Jorge Rodriguez, capo delegazione del regime venezuelano nelle negoziazioni con l’opposizione -. Di conseguenza, non parteciperemo alla sessione che doveva iniziare domenica in Messico”.

Juan Guaido, leader dell’opposizione venezuelana, ha condannato la sospensione del dialogo da parte del regime: “Con l’irresponsabile sospensione della loro presenza in Messico stanno ancora una volta spostando l’attenzione che merita il Paese, che oggi soffre con il 76,6% di povertà estrema […] Le soluzioni di cui il Venezuela ha bisogno sono urgenti e nessun interesse dovrebbe venire prima dell’emergenza. Noi ci impegniamo a continuare a insistere sulla necessità di raggiungere un accordo globale per risolvere la crisi”.



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