Intervista allo stratega americano: il missile supersonico cinese un’arma potente ma inutilizzabile, difficile colpire bersagli in movimento. Da Huawei agli aerei, la tecnologia cinese fa acqua da tutte le parti, negli Usa invece è la Silicon Valley che rischia di affogare. Taiwan? Se Xi invade, Biden bombarda
Un’ “arma letale” che fa il giro del mondo, più veloce del suono. Per l’intelligence Usa è un colpo duro: la Cina ha testato un missile ipersonico in grado di portare armi convenzionali o atomiche, e gli ha fatto circumnavigare il globo terrestre. A lanciare l’allarme con un rapporto riservato è il Financial Times. Il test risale ad agosto e ha colto impreparati gli 007 americani. Per Edward Luttwak, politologo e stratega militare con un passato al Pentagono e alla Casa Bianca, l’allarmismo è ingiustificato. “Sono altre le cose di cui Joe Biden dovrebbe preoccuparsi”.
Luttwak, falso allarme?
Siamo in una stagione di allarmismo tecnologico. I missili ipersonici esistono da decenni. Hanno un vantaggio: vanno molto veloci. E uno svantaggio: sono talmente veloci che è difficilissimo puntare un obiettivo in movimento. Puoi usarli per colpire un target fisso, ma ci sono altri venti modi per farlo.
Quindi non dovrebbero preoccupare?
Non devono sorprendere, la tecnologia ipersonica ha pro e contro, è difficile da manovrare. Era collaudata già negli anni ’60, la stessa ex Urss ha sviluppato i Mig25 all’inizio degli anni ’80. La gara di velocità non funziona sempre. E infatti negli anni è stata abbandonata: l’F-15 aveva una velocità 2,4 volte superiore al suono, l’F-16 solo 1.6. Sa qual è il vero problema?
Ce lo dica lei.
Che i media occidentali subiscono tutti il fascino del mito cinese. Peccato che la realtà sia un’altra. I cinesi in campo militare sono sempre stati sconfitti, fin dai tempi dell’invasione mongola. Per loro fortuna hanno in Occidente un coro di persone che canta le lodi della grande strategia militare di Sun-Tsu e diffonde isterismo. Dovuto a questa percezione distorta del mondo diviso fra dittature, sempre efficienti e perfette, e democrazie, confuse e casiniste.
Però gli allarmi ci sono. Una settimana fa l’ex capo programmatore del Pentagono, Nicholas Chaillan, ha detto che la Cina sorpasserà gli Stati Uniti nell’Intelligenza artificiale.
Esatto, sorpasserà. Chaillan, che dal Pentagono è stato buttato fuori, ha detto che la Cina rischia di sorpassare gli Stati Uniti fra 15-20 anni “se non ci muoviamo”. Tradotto: la Cina è 15-20 anni indietro. Gli allarmi che dovrebbero preoccupare la Casa Bianca sono altri.
Cioè?
Il primo: sull’Intelligenza artificiale la Silicon Valley ormai rincorre affannata le Silicon Hills di Austin, Texas, e nel campo della biologia ha ceduto il primato a Boston. Il secondo: in nome di una stupida idea di uguaglianza e diversità, è in corso una demolizione delle strutture educative, a New York e non solo stanno chiudendo le scuole per talenti speciali. Con questo autolesionismo tecnologico finiranno per superarci anche i bulgari.
Insomma, gli Stati Uniti rischiano o no il sorpasso-tech cinese?
Qualsiasi nazione avanzata deve sempre guardarsi le spalle da chi la sta inseguendo. Ma i cinesi non hanno alcuna possibilità di prendere gli Stati Uniti.
Però ci sono campi in cui le aziende cinesi eccellono, come Huawei nel 5G.
Questo è quel che vuole raccontare Huawei. Tre anni fa a Davos ha lanciato il sistema su chip Kirin 980 presentandolo come il futuro, e preannunciando la sconfitta delle concorrenti Samsung e Apple. Ma hanno omesso un dettaglio.
I chip non erano cinesi.
Esatto. Erano dell’inglese Arm e della taiwanese Tsmc. Infatti Trump ha alzato un dito e il secondo dopo Huawei non aveva più i chip. Povero Xi: gli avevano assicurato il sorpasso ma era una balla. E ha scoperto che il migliore chip cinese risale a 20 anni fa.
Sul piano militare il gap si sta restringendo?
Anche qui sarei cauto. La tecnologia militare cinese sconta un enorme handicap: non è fatta da aziende private, che contano su geni come Jack Ma, ma dalla burocrazia. Anche un bambino sa che buona parte dei nuovi jet e droni cinesi sono di fabbricazione russa o rubati. I cinesi sono bravi in tutto, meno che nella strategia.
A proposito di strategia. Aukus, il patto sui sottomarini nucleari fra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, spaventa Pechino?
Non scherziamo. È stato un pasticcio organizzato da funzionari della Casa Bianca che volevano vendere sottomarini. Gli australiani hanno le loro colpe. Avevano i Collins svedesi, li hanno modificati, peggiorandoli. Poi hanno ordinato i Barracuda francesi, che sono ottimi, e hanno chiesto di togliere la tecnologia nucleare: costi triplicati.
Ora quelli anglosassoni. Perché il programma non è un problema per i cinesi?
Perché resterà sulla carta. Prima che un Paese costruisca da solo 8 di quei sottomarini ci vogliono decenni. Prima che lo facciano tre Paesi insieme saremo tutti morti. Per ogni cacciavite dovranno chiedere permessi tra Londra, Sidney e Los Angeles. I cinesi possono dormire tranquilli.
Chiudiamo su Taiwan. Il rischio di un’invasione cinese è concreto?
Il vero rischio è che Xi in questo momento è nei guai, e quindi potrebbe essere tentato da un’avventura militare. Ha raccontato balle al popolo cinese, promettendo un’egemonia tecnologica che non è mai arrivata. Oggi si ritrova Tang Ping, il movimento di massa dei giovani “sdraiati”. Il governo dice loro di lavorare 9 ore al giorno per sei giorni per fare la “grande Cina”, loro per tutta risposta se ne stanno a casa, e lavorano il minimo per sfamarsi.
Gli Stati Uniti risponderebbero a un attacco?
Sì, in modo feroce. Il ritiro da Kabul è stata una scelta saggia e coerente di Biden, che si è trovato ad affrontare un fuoco di critiche. Il clima di tensione favorisce reazioni dure del governo, lo sanno i poveri haitiani che hanno attraversato il confine Sud. Se i cinesi invadono Taiwan, si ritroveranno ricoperti da un tappeto di bombe.