La Nasa annuncia lo spostamento della missione Artemis per portare “il prossimo uomo e la prima donna” sulla Luna al 2025. Tra le cause del rinvio, il ritardo accumulato a causa della controversia legale tra Jeff Bezos e Elon Musk sul contratto per il modulo di allunaggio
Slitta al 2025 il lancio di Artemis, il programma guidato dalla Nasa per portare “il prossimo uomo e la prima donna” sulla Luna, a causa della lunga controversia legale tra Blue Origin di Jeff Bezos e Space X di Elon Musk. A confermarlo è stato l’amministratore dell’agenzia spaziale statunitense, Bill Nelson, durante la conferenza stampa organizzata martedì proprio per fornire gli ultimi aggiornamenti di Artemis. Il pomo della discordia tra i due miliardari spaziali, che è già costato alla Nasa sette mesi di blocco imposti dal giudice, è stato il contratto per il sistema di allunaggio dell’equipaggio umano Human landing system (Hls).
IL CONTRATTO PER IL LANDER
Al centro della contesa tra Bezos e Musk, l’indicazione data dal Senato Usa di selezionare due aziende per il modulo Hls. Tuttavia, per lo scopo la camera alta degli Stati Unti aveva aggiunto al budget a disposizione “solo” cento milioni di dollari, cifra giudicata insufficiente dalla Nasa e che ha portato alla decisione dell’azienda di basarsi sulla sola SpaceX. Nonostante il giudice abbia riconosciuto valide le motivazioni dell’agenzia spaziale, questo incidente in fase di pianificazione è costato i sette mesi di ritardo sulla tabella di marcia e il rinvio delle missioni.
I RISCHI DELLA SPACE ECONOMY
La querelle spaziale ha fatto emergere un problema potenzialmente sistemico del protagonismo dei privati nell’esplorazione spaziale: se da un lato la visione imprenditoriale delle nuove compagnie private ha impresso un’importante accelerazione allo sviluppo tecnologico, dall’altro la competizione senza esclusione di colpi (compresi quelli legali) rischia di portare a ulteriori rallentamenti e pause improvvise. Il comparto spaziale, fino ad oggi dominato dalle grandi agenzie governative, dovrà sempre più fare i conti con la logica del libero mercato portata dai privati, fatta di grandi opportunità ma anche di rischi.
LE ALTRE MISSIONI
Ad essere rimandata non è solo Artemis 3, la missione che materialmente porterà l’equipaggio terrestre sulla superficie lunare, ma anche le operazioni preliminari necessarie all’importante obiettivo. Artemis 1, la missione di collaudo del lanciatore e del veicolo spaziale per l’equipaggio, è stata spostata già due volte, dal 2020 fino alla data attuale di febbraio 2022. Annunciato anche lo spostamento a maggio 2022 di Artemis 2, la prima con a bordo gli astronauti per una rivoluzione intorno al satellite, mentre il termine del 2025 riguarda l’allunaggio vero e proprio, l’ambizioso obiettivo finale dell’intero programma.
LE ALTRE CAUSE DEL RINVIO
Dietro alla decisione di spostare di un anno la missione Artemis ci sono anche altre valutazioni oltre alla gara tra Musk e Bezos. Prima fra tutte, la pandemia ha impattato pesantemente sia i lavori avviati che sulle risorse messe a disposizione, dirottate per l’emergenza su altri capitoli. Inoltre, la tabella di marcia impostata dall’allora presidente Donald Trump è sempre stata giudicata come fin troppo ambiziosa. La data del 2024 seguiva probabilmente considerazioni strategiche, prima fra tutte la competizione con la Cina, e politiche.
POLITICA A STELLE E STRISCE
Non è da escludere che la decisione di porre come obiettivo il ritorno sulla Luna entro il 2024, coincidente con l’ultimo anno di mandato del presidente eletto nel 2020, fosse stata selezionata da Trump nella speranza di una rielezione. La conferma da parte del vincitore Joe Biden avrebbe seguito la stessa logica. Ora, con il rinvio al 2025, al centro della questione potrebbe subentrare la vice presidente degli Stati Uniti, Kamala Harris. Il suo ruolo la pone, infatti, a capo del National space council, l’ufficio esecutivo dell’amministrazione Usa incaricato di supervisionare la politica spaziale di Washington, la cui prima seduta dell’era Biden si dovrebbe tenere il prossimo 1 dicembre. In veste di alto responsabile dello spazio Usa, e grande favorita come candidata democratica alle prossime elezioni, potrebbe essere proprio Harris a potersi intestare il ritorno dell’umanità sul nostro satellite.