Washington invia una nave da guerra tra Cina e Taiwan per dimostrare la libertà di navigazione in acque su cui Pechino rivendica il proprio controllo
Una nave da guerra degli Stati Uniti ha navigato di nuovo attraverso lo Stretto di Taiwan oggi, martedì 23 novembre. Per il Pentagono sono attività di routine, inquadrate con la necessità di proteggere la libertà di navigazione all’interno di quel lineamento talassocratico cruciale per il mantenimento dell’indipendenza formale dell’Isola – centro di dinamiche commerciali e industriali, economiche e finanziarie, nonché politiche. Ragioni per cui la Cina è estremamente irritata, in quanto l’annessione di Taipei al mainland è considerata un progetto strategico da Pechino, e ritiene che con queste attività Washington stia cercando di pressare le tensioni regionali.
La Marina degli Stati Uniti ha comunicato che il “Milius”, un cacciatorpediniere lanciamissili guidati Classe Arleigh Burke, ha condotto un “transito di routine nello Stretto di Taiwan” passando lungo le acque internazionali, e in conformità con il diritto internazionale. “Il transito della nave attraverso lo stretto di Taiwan dimostra l’impegno degli Stati Uniti per un Indo-Pacifico libero e aperto. L’esercito degli Stati Uniti vola, naviga e opera ovunque il diritto internazionale lo permetta”, ha aggiunto lo statement del Pentagono, seguendo la linea comunicativa con cui vengono accompagnate queste attività. Non c’è stata per ora una risposta immediata da parte della Cina.
Il mese scorso, l’esercito cinese ha pesantemente criticato gli Stati Uniti e il Canada per aver inviato ciascuno una nave da guerra attraverso lo stretto di Taiwan, dicendo che stavano minacciando la pace e la stabilità nella regione. La Cina rivendica il controllo di Taiwan – mentre la Repubblica di Cina è governata democraticamente – come proprio territorio, e per questo considera i transiti come violazioni; e allo stesso tempo usa gli spazi aerei e marittimi taiwanesi per compiere manovre militari cercando di dimostrare la propria supremazia.
Sebbene gli Stati Uniti, come altri Paesi, non abbiano relazioni diplomatiche e politiche formali con Taiwan, la questione che riguarda il destino dell’Isola è la più sensibile e importante tra quelle che riguardano le due potenze. Pechino non può cedere in questa che è una controversia storica e ideologica. Arretrare significherebbe accettare una limitazione sulle proprie ambizioni globali; limitazione per altro imposta da quella che per il Partito/Stato è individuata come una questione interna da risolvere. Dall’altra parte Washington percepisce l’urgenza e l’importanza di difendere la dimensione democratica di Taipei, tant’è che la invita al Summit delle Democrazie — facendo infuriare la Cina.