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Usa, cosa (non) cambia con il nuovo documento della Difesa

Il Pentagono presenta la nuova (vecchia) postura statunitense. Conferme su Medio Oriente, Africa, Europa, nonostante si parli da tanto di un alleggerimento di ruolo e presenze. Attenzione all’Indo Pacifico come secondo le attese, perché prima linea di contenimento cinese

Gli Stati Uniti hanno rilasciato l’atteso documento sulla Global Posture, una review su ciò che Washington intende fare nel mondo, visioni e posizionamenti. “Gli Stati Uniti guideranno con la diplomazia in primo luogo, rivitalizzeranno la nostra impareggiabile rete di alleati e partner e faranno scelte intelligenti e disciplinate per quanto riguarda la nostra difesa nazionale e l’uso responsabile dei nostri militari”, ha detto Mara Karlin, sottosegretaria facente funzioni con delega alle Policy del Pentagono mentre presentava in conferenza stampa la revisione – che è basata sulla Strategia di sicurezza nazionale provvisoria pensata dal presidente Joe Biden e resa pubblica all’inizio di quest’anno.

“All’interno di questa guida, la revisione della postura globale valuta le forze e l’impronta d’oltremare del dipartimento della Difesa”, ha spiegato Karlin: “Il risultato principale della revisione è il ritorno alla normalità nel determinare la postura militare nel mondo e nel legarla all’allineamento strategico dell’America”. Dentro c’è tutto: processi decisionali, priorità strategiche, compromessi globali, la prontezza e la modernizzazione delle forze armate, il coordinamento tra le agenzie e il coordinamento degli alleati e dei partner alla pianificazione e alle decisioni sulla postura statunitense.

L’Indo Pacifico

Non è una sorpresa che l’Indo-Pacifico sia la regione prioritaria per la revisione, data l’attenzione sulla Cina come sfida per gli interessi statunitensi sulla scena globale. La revisione dirige la cooperazione supplementare con gli alleati e i partner per avanzare iniziative che contribuiscono alla stabilità regionale e scoraggiano quella che il Pentagono definisce “l’aggressione militare cinese”. Nella presentazione di documenti così importanti (per quanto generali) ogni singola parola ha un peso: la conferenza stampa di Karlin è stata preparata per attribuire messaggi e significati a tutto ciò che ha detto.

Le iniziative pensate da Washington per l’Indo Pacifico includono la ricerca di un maggiore accesso regionale per le attività di partenariato militare, migliorando le infrastrutture a Guam e quelle in Australia, e dando priorità alla costruzione di postazioni militari nelle isole del Pacifico; includono anche nuovi schieramenti di aerei a rotazione e lo stazionamento di uno squadrone di elicotteri d’attacco e di un quartier generale di divisione d’artiglieria in Corea del Sud.

L’Europa

In Europa, la revisione cerca di rafforzare il deterrente di combattimento degli Stati Uniti contro la Russia, e consentire alle forze della Nato di operare in modo più efficace. Il Pentagono intende revocare il limite al persone in servizio attivo in Germania, che la precedente amministrazione aveva imposto a 25mila, e ha annunciato la decisione di basare permanentemente una task force multidominio e il theater fires command – per un totale di 500 persone dell’esercito americano – a Wiesbaden, in Germania. La Difesa statunitense manterrà anche i sette siti precedentemente designati per il ritorno in Germania e in Belgio nell’ambito del piano di consolidamento delle infrastrutture europee. La revisione ha identificato ulteriori capacità che “miglioreranno la posizione di deterrenza degli Stati Uniti in Europa, e queste saranno discusse con gli alleati nel prossimo futuro”, ha annunciato Karlin.

Medio Oriente e Africa

In Medio Oriente ci sono già stati alcuni cambiamenti nella postura, tra cui la riallocazione di alcune risorse marittime e sistemi di difesa missilistica in Europa e nell’Indo-Pacifico. In Iraq e Siria, la revisione indica che la postura del Pentagono continuerà a sostenere la campagna sconfitta dello Stato Islamico e a costruire la capacità delle forze partner. “Guardando avanti, la revisione della postura globale dirige il dipartimento a condurre un’analisi supplementare sui requisiti della postura duratura in Medio Oriente”, ha detto Karlin.

“Come ha notato il segretario [Lloyd] Austin abbiamo responsabilità globali e dobbiamo garantire la prontezza e la modernizzazione delle nostre forze. Queste considerazioni ci richiedono di apportare continui cambiamenti alla nostra postura in Medio Oriente, ma abbiamo sempre la capacità di schierare rapidamente le forze nella regione in base all’ambiente della minaccia”.

Nel considerare le forze in Africa invece, l’analisi dalla revisione supporta diverse revisioni inter-agenzie in corso per garantire che il Pentagono abbia una postura appropriata per monitorare le minacce dalle organizzazioni estremiste violente regionali, sostenere le attività diplomatiche americane e consentire agli alleati e ai partner di lavorare con reciprocità.

Analisi e valutazioni 

Quanto annunciato riflette in gran parte continuità con le ultime due amministrazioni precedenti. Non raccomanda grandi cambiamenti all’impronta dell’esercito americano all’estero. Per esempio, nonostante si parli molto del ridurre ulteriormente la presenza dell’esercito statunitense in Medio Oriente, la revisione sembra concludere che il numero e la posizione delle forze in quella regione chiave resterà appropriato. D’altronde, le forze statunitensi sono state gradualmente ridotte in quell’area al punto che ulteriori riduzioni metterebbero a rischio la capacità dell’America di sostenere gli alleati chiave e difendere gli interessi degli Stati Uniti.

La revisione è invece più leggera nella sua valutazione della regione indopacifica, per quanto questa dovrebbe essere il centro dell’interessamento statunitense – regione trasformata in un teatro di confronto geopolitico che passa molto dalla dominazione marittima. Mentre la revisione chiede una “cooperazione aggiuntiva” con gli alleati nella regione, non raccomanda la ricerca di ulteriori basi e stazionamenti di forze nella regione, come fa notare in un commento a caldo James Carafano, vice presidente della Heritage Foundation. In definitiva, l’amministrazione Biden convalida lo status quo e non modifica sostanzialmente postura e impronta in Europa, Medio Oriente e Africa.

In linea di massima, il documento può essere preso come un segno di sollievo dai partner e dagli alleati americani, che temevano un ritiro generale dal teatro globale – contemporaneamente, l’amministrazione Biden non accelera l’azione su Iran, Russia e Cina.



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