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Tra Biden e Xi c’è un oceano (democratico). Il commento di Stefanini

La scommessa democratica di Joe Biden non è scontata. L’arco Indo-pacifico comprende Paesi occidentali e asiatici i cui sistemi – democratici – sono più disomogenei tra loro che non quelli dell’arco atlantico. Ma la prova asiatica sarà decisiva. Il commento dell’ambasciatore Stefano Stefanini

L’ideologia entra nelle competizioni geopolitiche dai tempi di Sparta e Atene. Ogni sistema vuol provare di essere superiore all’altro. La Cina di Xi Jinping non ne fa mistero; dopo lo scoppio della pandemia ha accentuato i toni, forse per far dimenti- care Wuhan.

Pechino punta su un cocktail di efficienza senza smagliature, consenso guidato e controllo politico col dichiarato obiettivo di diventare la prima potenza mondiale entro il 2049, quando celebrerà il centenario della Cina comunista.

Dall’altro versante del Pacifico l’amministrazione Biden risponde facendo leva sul collante che l’occidente usò con successo nella Guerra fredda con l’Unione Sovietica: la democrazia. Il guanto della sfida è gettato. La democrazia è denominatore comune dei formati multilaterali di contenimento di Pechino – il Quad (Dialogo di sicurezza quadrilaterale: Usa, Australia, Giappone,
India) e il più recente Aukus (Australia, Regno Unito, Usa) – e di altri compagni di viaggio come Corea del Sud, Nuova Zelanda e molti Paesi Asean.

L’India è la caotica ma ferocemente tenace democrazia di 1400 milioni di persone. La discriminante fra Cina e Taiwan è proprio la democrazia. Si può non riconoscere l’indipendenza di Taiwan in omaggio alla “One China policy” ma tener duro sul diritto di Taipei di mantenere un sistema diverso da quello di Pechino, promessa da marinaio fatta a Hong Kong.

Joe Biden non si culla nell’idealismo. La competizione tra Washington e Pechino si gioca sull’economia, sulla tecnologia e, in primis, sulla deterrenza militare. Aukus è un patto di sicurezza che offre all’Australia sommergibili a propulsione nucleare, che gli americani si sono sempre tenuti stretti. Questo dà la misura della preoccupazione americana sul fatto che la Cina possa usare la forza contro Taiwan. Timore che Pechino, tra dichiarazioni e sorvoli, non fa nulla per eliminare. Aukus risponde principalmente alla logica del si vis pacem para bellum, altro lascito della Guerra fredda e della Nato.

Analogamente il Quad è imperniato sulla sicurezza dell’indo-pacifico con a bordo l’India, grande rivale regiona- le della Cina e potenza nucleare. Nella rete strategica tessuta da Washington nell’Indo-pacifico rientrano inoltre il Trattato di mutua cooperazione e sicurezza col Giappone, l’alleanza Anzus con Australia
e Nuova Zelanda e la presenza militare americana nella penisola coreana. Tutti sono antecedenti il confronto Usa-Cina e, adesso, hanno valenza di contenimento nei confronti di Pechino.

Nel Pacifico manca una Nato. Non si improvvisa. Gli Stati Uniti sono costretti a ripiegare su un’architettura spezzettata ma di ampia gittata – da Delhi a Tokyo – per tenere a bada le pulsioni espansionistiche della Cina.
La deterrenza militare è il versante hard power. Le molte complessità del confronto sino-americano richiedono anche una forte dose di soft power, specie in un mondo globalizzato. A differenza dell’Urss, la Cina non può essere segregata. Le interdi- pendenze reciproche con gli Stati Uniti – commerciali, industriali, finanziarie – sono fitte; dai cambiamenti climatici, come si è visto a Glasgow, non c’è via d’uscita senza una collaborazione tra Cina e Usa.

La competizione Usa-Cina si gioca all’ombra di una combinazione tra contenimento, deterrenza, interdipendenza e collaborazione che rende e renderà difficile tenere un fronte unito. Occorre mettere in risalto quello che differenzia dalla Cina la rete di Paesi e alleanze intessuta da Washington. La democrazia è il cemento ideologico sul quale Biden intende lavorare, in antitesi col predecessore che non se ne curava molto. Donald Trump non aveva remore alle buone relazioni con gli autocrati, chiedere a Kim Jong-un. Anzi non aveva nascosto una punta d’invidia per la presidenza a vita che Xi Jinping si stava preparando.

La scommessa di Joe Biden non è scontata. L’arco Indo-pacifico comprende Paesi occidentali e asiatici i cui sistemi – democratici – sono più disomogenei tra loro che non quelli dell’arco atlantico. Non c’è un Trattato di Washington che sancisca il co- mune patrimonio valoriale.

La democrazia stessa è sotto attacco dal di dentro, anche negli Stati Uniti, vedi l’infausto 6 gennaio scorso. Ma non è stato sempre così? Chi avrebbe scommesso sulla democrazia nell’Europa del 1936 o del 1941? Parliamo di ottant’anni fa, non del Medioevo. Oggi noi europei dobbiamo augurarci che la stessa scommessa abbia successo in Asia.

 

(Articolo pubblicato sul numero di dicembre della rivista Formiche)


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