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Sembra Bergamo ma è Città del Capo. Putin studia Omicron

Un laboratorio mobile, un team di fisici e medici, gli autocarri militari. A Città del Capo, capitale del Sud Africa ed epicentro mondiale della variante Omicron, Putin mette in campo un’operazione sul filo tra intelligence e ricerca, già vista a Bergamo

From Russia with love. La Russia si mette sulle tracce della variante Omicron. Un’operazione sul filo tra ricerca e intelligence è in corso in questi giorni a Cape Town, Sud-Africa, l’epicentro della nuova variante di Covid-19 che tiene il mondo col fiato sospeso.

Tutto è partito da una telefonata giovedì 9 dicembre tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo sudafricano, Cyril Ramaphosa. Putin, si legge in una nota del Cremlino, ha promesso di inviare “il più presto possibile” un gruppo di “virologi, ricercatori e medici russi”, insieme a “un laboratorio sanitario ed epidemiologico e altre attrezzature mediche”.

È stato di parola: nella notte di venerdì 10 un Ilyushin IL-76 del Ministero per le emergenze russo è decollato da Volgograd alla volta della capitale sudafricana. A bordo un team di epidemiologi e fisici del ministero della Salute, una task force del ministero delle Emergenze e “un laboratorio mobile” del Rospotrebnadzor, la struttura sanitaria civile che vigila sulla salute dei cittadini russi, riporta l’agenzia di Stato Tass. La stessa aggiunge che il volo è stato preparato “su ordine del presidente russo Vladimir Putin”.

Lo scenario non è nuovo. Un anno e mezzo fa, nell’aprile del 2020, un team simile era atterrato all’aeroporto di Pratica di Mare per dirigersi a Bergamo, allora la città più duramente colpita dalla prima ondata del virus in Italia. L’operazione “dalla Russia con amore” era durata alcune settimane ed era stata coordinata dai due vertici del Rospotrebnadzor, Natalia Yurievna Pshenichnaya, vicedirettrice dell’Istituto centrale di ricerche epidemiologiche, e Aleksandr Vladimirovich Semenov, dell’Istituto Pasteur di San Pietroburgo, entrambi scienziati di fama internazionale.

Assieme a loro il generale Sergej Kikot, a capo del corpo di guerra chimica-batteriologica della Difesa russa. Una missione apparentemente con scopi umanitari ma in realtà con l’obiettivo primario di raccogliere informazioni di intelligenze sul comportamento del virus nel bergamasco, come aveva spiegato allora uno speciale de La Stampa.

In Sud Africa in questi giorni si assiste a un dejavu. Gli stessi autocarri Kamaz che nella primavera sfilavano lungo la Pontina fra gli occhi attoniti dei viaggiatori oggi sono a Cape Town. Uno di loro trasporta un laboratorio mobile, in tutto simile a quello allestito nella base aerea di Orio al Serio, in provincia di Bergamo.

Non un laboratorio qualsiasi: il centro multifunzionale di diagnostica mobile, aveva notato Repubblica, è uno dei più avanzati laboratori al mondo, costruito sotto la supervisione del tenente colonnello Vyacheslav Kulish. Farà base nella capitale sudafricana per tutto il tempo necessario per raccogliere dati sulla variante Omicron.

La squadra di ingegneri e fisici russi – su cui per il momento rimane il più assoluto riserbo – lavorerà a stretto contatto con il team di ricercatori nella sequenza genomica guidato dal professor Koleka Mlisana, il consigliere nominato dal presidente Ramaphosa per coordinare le ricerche con gli altri Paesi Brics (il gruppo che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa).

Da Mosca segue le operazioni il Centro Gamaleya, l’istituto di ricerca che ha collaborato allo sviluppo del vaccino russo Sputnik V. La variante Omicron è già stata isolata, ha annunciato giovedì scorso il direttore del centro Alexander Gintsburg. E mancano solo due settimane alla pubblicazione di un rapporto con le “conclusioni finali” su Omicron. Parola di Kirill Dmitriev, direttore del Fondo di investimenti diretti russi (Rdif) – il fondo che ha finanziato all’estero, anche in Italia, la nascita di laboratori per Sputnik V. Entro febbraio prossimo sarà disponibile una versione di Sputnik adattata a Omicron, ha detto il capo del fondo russo in un’intervista a Izvestia.

È una corsa contro il tempo, di cui non sfuggono le implicazioni (geo)politiche. Come spiegato su Formiche.net dal professor Igor Pellicciari dell’Università di Urbino, un anno fa, con l’annuncio del primo vaccino anti-Covid al mondo, i russi “hanno fatto tesoro della importante esperienza di intelligence sanitaria” sul campo a Bergamo. La stessa operazione si ripete ora con la variante più temuta. Un’ “Opa” su Omicron dove il confine tra politica, ricerca e intelligence è molto sottile.


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