In una nota di chiarimenti, su pressing della Consob, il fondo americano ribadisce la natura amichevole dell’offerta sul gruppo telefonico. Nessuno strappo con il cda e poca fretta sulla due diligence. Vivendi rimane alla finestra mentre la Borsa ha già detto la sua
Nessuna pirateria, niente barbari alla porta, come il nome del libro che racconta le gesta dei buy-out anni ’80 che hanno reso Kkr famoso nel mondo. Il fondo americano vuole sì Tim, ma senza strappi né scippi. Attraverso un’offerta, 50 centesimi ad azione, che possa rappresentare la giusta valorizzazione del gruppo telefonico. Dopo una settimana di silenzio, contraddistinta però dalla ripresa del titolo in Borsa, oggi a 45 centesimi ad azione dunque ancora al di sotto del prezzo fissato da Kkr, anche sulle voci di un’Opa ma senza due diligence, il fondo a stelle e strisce è tornato a ribadire la sua posizione (qui l’intervista all’economista Carlo Alberto Carnevale-Maffè), cercando di rassicurare mercato e governo italiano.
Missione per il momento quasi riuscita come dimostra l’assenza di strappi del titolo in Borsa, mantenutosi a valle delle dichiarazioni di Kkr in territorio positivo. Il messaggio, arrivato all’alba italiana a mezzo nota, è questo: non c’è nessuna fretta di chiudere l’affare, nessuna pressione sui vertici del gruppo, nessuna rapina. Ma una cosa è certa, il prezzo offerto è congruo. E comunque la due diligence può aspettare. L’approccio di Kkr “è di natura amichevole e in tal senso intendiamo confrontarci quanto prima con il consiglio di amministrazione di Tim per ottenere il supporto all’offerta da parte del consiglio stesso”, ha scritto il fondo in una nota, chiesta nei giorni scorsi dalla Consob.
Il parere del board è il punto di caduta dell’intera operazione con cui rilevare il 100% dell’ex Telecom e “sarà una condizione volontaria al perfezionamento dell’offerta”. Resta da capire se e quando si aprirà la data room per Kkr, che ha messo le mani avanti, visto che era stata la stessa Consob a chiedere una deadline al fondo. “Si attende di essere in grado di prendere una decisione sull’offerta” su Tim “e sulla relativa comunicazione ai sensi dell’art. 102 del Tuf a seguito del completamento di una due diligence di conferma delle proprie analisi che non dovrebbe superare le quattro settimane dal momento in cui sarà consentito il pieno accesso alla documentazione rilevante”.
Il capitolo più delicato è comunque il prezzo delle azioni Tim. Anche qui Kkr ha giocato la carta della rassicurazione, sottolineando che l’offerta “prevede un prezzo indicativo in contanti pari a 0,505 euro per azione ordinaria e per azione di risparmio. Tale prezzo rappresenta un premio del 62% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni ordinarie di Tim e del 54% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni di risparmio al 3 novembre (giorno precedente le voci di mercato in relazione a una possibile operazione su Tim)”.
E poi “l’offerta prevede la possibilità per tutti gli azionisti di Tim, in modo non discriminatorio, di decidere se accettare o meno un significativo valore in denaro che sarebbe immediatamente disponibile a prescindere da tempi e costi dei programmi di sviluppo della rete in fibra ottica e di dispiegamento della rete 5G e dalla necessità per l’azienda di adattarsi agli sviluppi del mercato italiano delle telecomunicazioni, soggetto a crescenti pressioni competitive”.
Precisazioni che arrivano nel momento in cui le carte sono in mano a Vivendi, azionista al 23,7% di Tim. Il socio francese, come noto, ha chiesto a Kkr di alzare la posta, anche alla luce del fatto che al momento dell’ingresso in Tim, la media company di Vincent Bollorè pagò le azioni quasi 1 euro. Ma per il momento, non c’è aria di fuoco di sbarramento, anche perché Vivendi ha formalmente aperto allo scorporo della rete (la parte che sale dalla strada alle case, oggi dentro Fibercop, già partecipata da Kkr) per la creazione di una società a trazione pubblica, con Cdp o Open Fiber socio di riferimento. Operazione che va comunque inquadrata in un momento successivo alla conclusione dell’operazione Tim-Kkr per la vendita del gruppo telefonico.
Sul fronte dei manager, venerdì è in programma un board che potrebbe affidare a Pietro Labriola, già direttore generale dopo l’uscita di scena di Luigi Gubitosi, tre settimane fa, le deleghe dello stesso Gubitosi, oggi in mano al presidente Salvatore Rossi, nominandolo nuovo ceo del gruppo. Due giorni fa invece è stata annunciata l’uscita di un’altra prima linea, Simone Cantagallo, da gennaio 2019 a capo della Comunicazione istituzionale. L’interim è stato affidato a Enrica Danese, responsabile Sustainability Projects&Digital Communication. L’addio di Cantagallo fa seguito ad altre uscite, quella di Carlo Nardello, Business Development & Transformation Officer, del cto Nicola Grassi e di Luciano Sale, direttore Human Resources, Organization & Real Estate.