Il tetto di 240mila euro l’anno agli stipendi dei dirigenti pubblici si sposta per la prima volta verso l’alto, a otto anni dalla fissazione della soglia. Ma i tempi non saranno immediati
A otto anni dalla sua fissazione, il tetto di 240mila euro l’anno agli stipendi dei dirigenti pubblici si sposta per la prima volta verso l’alto. E non sarà più inciso sulla pietra. Questa una delle novità contenute nel maxi-emendamento del governo alla approvata al Senato e ora all’esame della Camera, inserita in un comma dell’articolo 17-bis, che disciplina l’accesso al Fondo indennizzo risparmiatori coinvolti nei crac bancari.
Il limite retributivo, si legge, potrà essere ritoccato al rialzo nei limiti di una percentuale fissata dall’Istat, che equivarrà a quella degli adeguamenti annuali degli stipendi riconosciuti ai dirigenti di Polizia e forze armate e ai docenti universitari, che a propria volta è tarata sugli “incrementi medi conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati”.
Come ha scritto il Sole 24 Ore, questa sorta di adeguamento di lusso è prevista da una norma che ronzava da oltre due mesi intorno alla manovra e ai vari decreti di fine anno e che è riuscita a salire in extremis nel maxiemendamento alla legge di bilancio approvato dal Senato nella notte dell’antivigilia di Natale e ora all’esame della Camera per quella che può essere solo una ratifica finale.
A fissare la percentuale degli aumenti sarà l’Istat, nel movimento finale di un meccanismo a catena: la percentuale indicata dall’Istituto di statistica è quella degli adeguamenti annuali degli stipendi riconosciuti ai dirigenti di Polizia e Forze armate e ai docenti universitari, e dipende a sua volta dagli incrementi medi conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati.
Sempre secondo il quotidiano di via Monte Rosa, i tempi sono però lunghi. L’effetto dei rinnovi contrattuali arriverà infatti nelle buste paga dei dipendenti nel 2022, e si rifletterà quindi nell’adeguamento del limite per il 2023, in un calcolo che guarderà agli incrementi effettivi tenendo conto anche della (piccola) quota già liquidata in questi anni sotto forma di indennità di vacanza contrattuale. Gli effetti della norma, insomma, guardano lontano.
In questo modo, i dipendenti che toccano il limite potranno vedersi aumentare lo stipendio nella stessa percentuale del resto del personale del proprio comparto: gli interessati sono i vertici amministrativi dei grandi ministeri, delle magistrature e delle autorità indipendenti, ma non la maggior parte dei dirigenti.