La “fisarmonica” resta ancora una lente utile per capire i rapporti tra partiti e Presidente della Repubblica. Dal modo in cui sarà eletto il prossimo inquilino del Quirinale si avrà un’idea dei (veri) poteri del Colle nella dialettica parlamentare. Il commento di Gianfranco Pasquino, accademico dei Lincei
Le vicissitudini della “fisarmonica” come chiave per interpretare modalità e discrezionalità di azione dei Presidenti della Repubblica italiana mi hanno dato alcune soddisfazioni, ma hanno anche sollevato non poche preoccupazioni.
Le soddisfazioni derivano dall’ampia circolazione della metafora. Le preoccupazioni discendono non tanto dalla sua attribuzione quanto dalla mancata comprensione e dalla davvero triste constatazione che tutti, e sono molti, coloro che la citano non hanno avuto la voglia di risalire alla fonte. Approfitto della cortesia di Formiche.net per procedere ad alcune puntualizzazioni.
La prima, in un certo senso, discriminante è che la fisarmonica non ha nulla a che vedere, come sembra pensare Gian Marco Sperelli, con l’elezione del Presidente della Repubblica. Ai lettori piacerebbe sapere perché, dopo avere affermato che la teoria è “intrigante”, si affretti ad aggiungere che la “teoria [che non è tale] della funzione ‘a fisarmonica’ [è] forse poco credibile”. Meglio, dunque, precisare quel che dovremmo conoscere per procedere ad una valutazione convincente. Dopo anni di circolazione orale della metafora, ho deciso, consultatomi con Giuliano Amato, di risalire alle fonti.
Cito da quanto ho scritto di recente nel mio Minima politica. Sei lezioni di democrazia (UTET 2020, pp. 69-70): “La buona notizia, per tutti, è che ho rinvenuto la prima evocazione della metafora. Premesso che, avendone discusso proprio con un perplesso e incuriosito Amato, l’attribuzione originaria è certa.
Sono lieto di dichiarare convintamente di averla ascoltata per la prima volta in una sua esposizione, intervento, relazione, conferenza, che, però, nessuno di noi due è finora riuscito a collocare con precisione nel tempo e nello spazio. Tuttavia, sono in grado di segnalare con quasi assoluta precisione quando per la prima volta misi per iscritto la metafora, attribuendola a lui.
Lo feci in una recensione-discussione del libro di Paolo Guzzanti, Cossiga, uomo solo, Milano, Mondadori 1991, pubblicata proprio con il titolo La fisarmonica del Presidente, in “La Rivista dei Libri”, marzo 1992, con numerosi riferimenti ad altri articoli sul Presidente. Credo opportuno citare per esteso: ‘secondo Amato, già fin d’ora la Costituzione italiana garantisce al Presidente della Repubblica poteri ‘a fisarmonica’. Se il Presidente è autorevole, se la sua personalità è forte, se il suo prestigio è grande, se la sua popolarità è diffusa …. allora egli potrà allargare la fisarmonica dei suoi poteri fino alla sua massima estensione. Altrimenti … con l’elezione parlamentare, quindi contrattata fra i partiti … la fisarmonica dei poteri presidenziali rimarrà prevalentemente chiusa, tranne negli eventi di crisi, oppure subirà forzature, come con Gronchi e con Segni, con Saragat e persino con il popolarissimo, ma non per questo sempre ‘costituzionalissimo’, Pertini”.
È poi passata molta acqua anche sotto i ponti non del solo Tevere e hanno fatto la loro comparsa ‘nuovi’ Presidenti in una situazione politica da molti punti vista molto diversa soprattutto a causa del crollo dei partiti di massa e dell’intero sistema dei partiti.
Vent’anni dopo ho fatto concreto ricorso alla metafora della fisarmonica analizzando i comportamenti di tre Presidenti: Scalfaro, Ciampi e Napolitano (Italian Presidents and their Accordion, in “Parliamentary Affairs”, 2012, n. 4, pp. 845-860) mettendo in evidenza e sottolineando che quando i partiti sono solidi e compatti hanno il potere di impedire al Presidente di suonare la fisarmonica dei suoi numerosi e incisivi poteri.
Iniziata tra il 1992 e il 1994 una transizione, a mio parere tuttora incompiuta, caratterizzata dal declino e dalla sostanziale e perdurante debolezza delle strutture partitiche, quei tre Presidenti (ai quali potremmo già aggiungere Sergio Mattarella) hanno goduto di enorme discrezionalità nell’uso dei loro poteri costituzionali. Ho altresì azzardato che Scalfaro e Napolitano, entrambi i più convintamente “parlamentaristi” durante tutta la loro lunghissima vita politica, sono stati incoraggiati, costretti, facilitati dalle circostanze a suonare la fisarmonica dei loro poteri in chiave definibile addirittura come semi-presidenziale. Aggiungerei che lo hanno fatto con molto gusto
Non ho nessuna intenzione di trasformarmi in astrologo e di fare la mia previsione su chi verrà eletto Presidente. Credo, invece, che per ciascuna delle candidature finora emerse sia possibile, grazie ad un uso accorto dei criteri che definiscono la fisarmonica Amato-Pasquino, prevedere quanto spazio di autonomia decisionale quel particolare Presidente avrà, se e come intenderà usarlo, con quale impatto sui partiti e con quali conseguenze su governo e Parlamento e sul sistema politico. Mi pare significativo. Da tenere in grande conto per esprimersi fin d’ora sulle candidature in scena.