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G2G, semestre Ue e asse strategico. L’industria della Difesa secondo Nicola Latorre

Dagli strumenti messi in campo dal governo, in primis il cosiddetto G2G, per favorire l’export della Difesa, fino al Pnrr e alla strategia per rendere l’Agenzia industrie difesa un asset imprescindibile per il sistema-Italia. Conversazione con Nicola Latorre, direttore generale dell’Aid

Dagli strumenti messi in campo dal governo, in primis il cosiddetto G2G, per favorire l’export della Difesa, fino al Pnrr e alla strategia per rendere l’Agenzia industrie difesa un asset imprescindibile per il sistema-Italia. Ne abbiamo parlato con Nicola Latorre, direttore generale dell’Aid. L’Italia torna al centro dell’interesse internazionale, tuttavia bisogna insistere sul semestre francese Ue per spingere sull’acceleratore della difesa comune. Un settore a sempre maggiore vocazione globale che beneficerà anche del ruolo protagonista assunto dall’Italia sul piano internazionale.

Le aziende italiane del comparto Difesa stanno ottenendo numerosi successi all’estero. Ne sono esempi la recente vendita dei TH-73A per la Marina Usa o i vari accordi G2G stretti dall’Italia con Austria e Slovenia. Le aziende italiane guardano sempre più all’estero, è un trend in evoluzione?

Le aziende italiane della Difesa non possono che avere una prevalente attività di relazioni con i Paesi esteri, e in questo hanno visto aumentare il supporto dato loro dal governo anche in virtù di una riconquistata credibilità e autorevolezza sullo scenario internazionale dovuta alla rinnovata iniziativa globale del nostro Paese. L’importante elemento di novità rispetto al passato è la realizzazione dei primi due accordi “government to government”, i cosiddetti “G2G”, il primo sottoscritto con la Slovenia e il secondo, in fase di definizione con l’Austria. In questi due passaggi, vale la pena sottolineare il ruolo importante svolto dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, nel dare impulso allo strumento G2G. Lo strumento in sé, poi, ha ancora una serie di limiti, derivati da un non completo percorso legislativo.

La mia opinione è che occorre ancora limare e perfezionare gli strumenti di cui ci stiamo dotando, ma lo strumento G2G c’è e va utilizzato. In questo senso, un altro segnale dell’attenzione rivolta dal ministro Guerini al comparto industriale viene dall’emanazione della Direttiva per la politica industriale per la Difesa, che ha fissato le coordinate entro le quali sviluppare questo tipo di attività sia sul mercato interno sia sul mercato estero. Grazie a questi strumenti si affida un ruolo decisivo al governo del Paese, che diventa un elemento di garanzia e di coordinamento all’interno di una strategia industriale nazionale. Da questo punto di vista, un forte impulso in questo senso è arrivato anche dall’attività del nuovo Segretario generale della difesa, generale Luciano Portolano, che sta perseguendo con particolare tenacia questi obiettivi.

Proprio per favorire l’export sono richiesti nuovi strumenti da parte del sistema-Italia, quali sono le prossime mosse?

Intanto dotarsi sempre di più di questi nuovi strumenti e soprattutto fare un bilancio, dopo l’avvio dei primi due accordi G2G, per verificare se gli elementi normativi di riferimento sono adatti o se si renderà necessario perfezionarli ulteriormente. Entrambi gli accordi hanno rappresentato un passaggio molto importante, sia dal punto di vista della sostanza dei due accordi, sia per la rilevanza che impegni di questo tipo hanno nelle attività produttive effettuate dalle nostre aziende.

Insieme, il riaffermato prestigio del nostro Paese, il ruolo attivo del governo sul piano internazionale e l’impulso dato dal ministero della Difesa alla politica industriale e nella messa in funzione dello strumento G2G, tutti questi elementi ci consentono adesso di avere più possibilità di prendere l’iniziativa sul mercato estero. Non dimentichiamoci, infatti, che il mercato della Difesa ha sostanzialmente due riferimenti fondamentali: il primo è, naturalmente, l’ammodernamento e l’adeguamento delle nostre Forze armate nazionali. Il secondo è il rapporto con gli altri Paesi e il mercato internazionale della Difesa e sicurezza.

Lo sguardo all’estero delle aziende italiane si intreccia con l’avvio, l’anno prossimo, del semestre di presidenza dell’Ue francese. Come anticipato sarà focalizzato sulla Difesa comune. Per l’Italia sarà una contingenza da non sottovalutare?

Non solo non è un passaggio da sottovalutare ma è un momento da valorizzare e perseguire, per l’Italia e per l’intero continente europeo. Quello che sta accadendo nello scenario geopolitico rende sempre più essenziale la necessità di poter dotarsi del progetto della Difesa comune europea, lanciato da troppo tempo e rispetto al quale ancora si viaggia con una lentezza che non è più adeguata a quella che è la sfida che abbiamo di fronte. Come europei abbiamo la necessità di dare impulso a questo progetto sia per la ragione oggettiva di dover difendere il nostro continente sia per la possibilità per l’Europa di avere un ruolo nel grande gioco che sta ridefinendo le gerarchie globali.

Oggi la sicurezza dei cittadini europei dipende sempre di più dalla capacità dell’Europa di presidiare la sicurezza continentale, anche valorizzando e rilanciando il ruolo della Nato. Il progetto della difesa europea, infatti, è la condizione anche per rafforzare e adeguare il ruolo che ha oggi spetta alla Nato. Non vedono una contraddizione tra questi due aspetti. Naturalmente, tutto questo richiede anche una strategia di politica industriale nel settore della Difesa che è contempli la dimensione europea quale fondamentale cornice strategica entro cui collocarsi.

Da questo punto di vista il nostro Paese, anche approfittando della riconquistata credibilità internazionale, deve assolutamente essere in grado di supportare la costruzione di alleanze industriali con interlocutori fondamentali come Francia e Germania. Partendo da qui il progetto di Difesa comune può assumere una reale consistenza e soprattutto superare quegli egoismi nazionali che, sui temi della Difesa, oggi sono un lusso che non ci si può permettere.

Qual è l’impatto del Pnrr sul settore della Difesa, e come si potrebbe investire per avere un effetto moltiplicatore che duri e sia efficace negli anni?

Sebbene il Pnrr non abbia un impatto diretto sul settore della Difesa, individuando quali asset strategici la transizione ecologica, la digitalizzazione, il rinnovamento della Pubblica amministrazione e la santità, questo impatta indirettamente con il comparto, perché tutta una serie di iniziative avranno una ricaduta anche in termini di sicurezza. Per fare degli esempi concreti, uno dei capitoli attuali delle politiche di Difesa riguarda la sicurezza sanitaria e dunque questa esigenza si può incontrare con il pacchetto di contenuti del Pnrr che riguardano la salute del Paese.

Per esempio, la sanità militare può assolvere sempre di più un importante servizio all’Italia, non soltanto in termini di supporto logistico, come abbiamo visto in questi mesi. Possiamo dire con grande tranquillità che senza le nostre Forze armate sarebbe stato molto difficile sostenere la battaglia contro il Covid, sia per la funzione straordinaria che è stata assolta nel supporto alla campagna vaccinale, sia per il ruolo svolto dal commissario straordinario, il generale Francesco Figliuolo. Però possiamo e dobbiamo fare di più, e quindi intercettare alcune linee del Pnrr che indirettamente impattano le politiche di Difesa. Aggiungo anche che, questa volta, forse per la prima volta negli ultimi anni, abbiamo una abbiamo una legge di bilancio che non ha trascurato le politiche di Difesa, grazie alla particolare attenzione rivolta a questo tema dal ministro della Difesa e dal presidente del Consiglio.

L’agenzia che dirige ha lanciato ad aprile un piano di rinnovamento strategico. Di cosa si tratta e a che punto siamo?

Noi abbiamo rilanciato l’Agenzia con l’obiettivo di fare diventare i nostri stabilimenti uno degli asset strategici dell’intero sistema di Difesa nazionale. Da questo punto di vista abbiamo registrato un netto aumento della sensibilizzazione di tutte le nostre Forze armate verso le attività dell’Agenzia, che in alcune realtà non era conosciuta appieno. Inoltre, abbiamo consolidato quelle attività funzionali a rendere autonome le nostre Forze armate rispetto ad alcuni elementi fondamentali, necessari per garantirne il funzionamento.

Abbiamo avviato un processo di innovazione di alcuni asset industriali, soprattutto nel settore della digitalizzazione. In particolare, abbiamo puntato sulla valorizzazione dell’unico stabilimento farmaceutico di Stato, lo Stabilimento chimico-farmaceutico di Firenze: attraverso una serie di accordi con l’Aifa, l’ultimo dei quali sottoscritto di recente tra il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il ministro della Difesa, lo stabilimento e L’Agenzia si apriranno ad una intensa collaborazione con i centri di ricerca per proporci quale terminarle produttivo al rispetto al lavoro condotto da queste realtà. Questo è già accaduto, per esempio, con la Fondazione Toscana Life Sciences, che sta svolgendo una ricerca sugli anticorpi monoclonali e sui vaccini.

Stiamo anche consolidando anche il nostro rapporto con alcune università, come con i progetti di ricerca delle università di Siena, di Padova e di Bologna e aprire i confini d’interlocuzione dell’Agenzia e del sistema-Difesa. Infine, ci stiamo proponendo anche quale strumento per gestire al meglio la dismissione, la risistemazione e il revamping dei sistemi d’arma. L’obiettivo fondamentale, ripeto è quello di fare di questa Agenzia uno degli asset strategici del sistema-Difesa italiano, con l’intento di utilizzare le sue capacità per rafforzare il ruolo geopolitico del nostro Paese in particolare nell’aria principale interesse strategico del Mediterraneo allargato.

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